Carrara Marmotec 2016: spunti di riflessione per consuntivi in chiaroscuro

marmotecSpente le luci della ribalta sull’ultima fiera apuana del marmo e della tecnica, che ha celebrato i 36 anni di vita con la dichiarata volontà di dare inizio ad un percorso innovativo, adeguato alle nuove esigenze del mercato globale, conviene fare qualche riflessione obiettiva, e quindi fuori dal coro; in ogni caso, nella sicura consapevolezza che quello di Carrara resta un riferimento imprescindibile nel mondo lapideo.

La fiera del 2016 si è distinta, innanzi tutto, per il livello delle manifestazioni collaterali, di significativo spessore culturale. Basti citare il convegno sulla sostenibilità e quello sulla legalità, confortati da ampio ed attento concorso del mondo lapideo; la presentazione del tradizionale studio di mercato IMM, con particolare riguardo all’export italiano; ed il ricordo di Giulio Conti, indimenticabile fondatore della rassegna carrarese, cui è stata dedicata la Marmoteca nel corso di una sobria e sentita cerimonia.

Da questo punto di vista, si è confermata una competitività che d’altra parte continua ad appartenere all’Italia, culla tradizionale del marmo e della sua cultura. Non altrettanto può dirsi per i parametri preposti alla misurazione di efficacia delle fiere, vale a dire per cifre di espositori, visitatori e superficie impegnata, anche se il massimo quotidiano d’informazione economica, in un recente servizio, aveva già messo a fuoco la crisi commerciale di tutto il momento fieristico, con particolare riguardo alle iniziative medio – piccole, e con la sola eccezione di un ristrettissimo ventaglio di quelle maggiori.

Del resto, il management della fiera, sin dall’inaugurazione, si è dichiarato consapevole della situazione strutturale e congiunturale, esprimendo l’intendimento di prescindere dalle competizioni, a favore di una più convinta e matura promozione del prodotto locale, sia lapideo che tecnologico. Ciò, muovendo dal presupposto che il Bianco di Carrara è un materiale esclusivo ed universalmente apprezzato: assunto lodevole e condividibile sul piano della tradizione, ma non altrettanto sul piano distributivo, perché quelli similari sono estratti e lavorati in tanti altri Paesi, quali Grecia, Turchia, Macedonia, Romania, Bulgaria, India, Stati Uniti, e via dicendo.
La necessità della promozione ne trae motivi di ulteriore urgenza, ma non si può dire che la fiera sia in grado di sopperire con le sue sole forze a croniche carenze istituzionali, per non dire della vecchia ritrosia di non poche aziende sempre preoccupate, oggi come ieri, per il rischio sia pure anacronistico di “tirare la volata alla concorrenza”. In effetti, nel mondo globale quelle più avanzate e più attente all’evoluzione della congiuntura confermano una spiccata propensione ad iniziative autonome, che ridimensionano a priori il pur lodevole tentativo di dare vita ad incontri bilaterali potenzialmente utili ma difficilmente risolutivi, come hanno dimostrato parecchie iniziative altrui, più o meno dovunque.

Non meno importanti sono gli auspici di verticalizzazione, ben oltre i limiti di trasformazione minoritaria del grezzo locale, oggi presenti nel territorio apuano. D’altro canto, bisogna ammettere che ciò presume investimenti adeguati, ed un accesso al credito agevolato che fa parte del libro dei sogni, anche a prescindere dal fatto che due terzi delle 200 mila banche presenti nel mondo si trovino in Asia: il continente in cui si concentra, non a caso, un’analoga incidenza dell’attività lapidea.

Resta il fatto che marmi e pietre costituiscono una delle poche risorse tipiche da valorizzare in una logica di sviluppo, ma perché alla fase degli auspici possa seguire quella dei fatti, occorre una volontà politica che finora è stata alquanto latitante. Servono, quanto meno per difendere gli attuali livelli produttivi ed occupazionali, interventi di base come la legge quadro auspicata nel convegno sulla legalità; una formazione professionale idonea a perseguire sicurezza e rivalutazione del mestiere; e naturalmente, un adeguato impulso agli investimenti, ivi compresi quelli promozionali, ma pur sempre subordinati alla fase produttiva.

La fiera ha un ruolo propositivo importante, come si è visto a Carrara per talune novità tecniche, anche nell’ambito del trattamento e del recupero dei materiali, ma non può avere funzioni taumaturgiche, né tanto meno recitare la parte di Don Chisciotte, poco simpatica e molto patetica.