Marmi e pietre d’Italia: Patrimonio storico ed opportunità di crescita

Foto Ennevi

Sia pure in una strategia difensiva, il comparto lapideo italiano è sempre sulla cresta dell’onda: ciò, nonostante il regresso della produzione e dell’export in atto da tempo, ed il progressivo abbassamento della quota di mercato mondiale. Del resto, tale congiuntura non riguarda soltanto marmi e pietre, ma si estende all’intero sistema Paese, considerato nel suo complesso.
La forza reattiva del settore, dovuta alla professionalità, alla tecnologia ed alla tradizione, consente all’Italia di conservare importanti nicchie di mercato, con particolare riguardo ai materiali tipici, alle zone estrattive e trasformatrici più avanzate, ed alle capacità d’investimento delle aziende leader, che peraltro costituiscono una quota molto ristretta del totale, la cui maggioranza è costituita da piccole imprese con dimensioni spesso artigianali.
In buona sostanza, la strategia generale sembra essere quella di una tutela dell’esistente, a caratura generalmente conservatrice. Nonostante le promesse politiche di lungo periodo, gli impegni associativi, le istanze sindacali ed i riconoscimenti della committenza qualificata, è mancato un disegno promozionale organico, e molte risorse del comparto sono rimaste prive di valorizzazione, andando ad accrescere la lunga serie delle occasioni perdute.
Marmi e pietre d’Italia esprimono riserve diffuse su tutto il territorio nazionale, con almeno duemila punti di cava, compresi quelli in cui l’attività estrattiva, un tempo di qualche rilievo, è tristemente chiusa, ma in cui è sempre in grado di riprendere: da questo punto di vista, il comparto possiede un grado piuttosto alto di elasticità, che è precluso ad altri settori industriali, anche contigui. La letteratura tecnica attesta l’assunto in modo esaustivo: per citare soltanto le fonti essenziali, basti ricordare la grande opera di Paul Dumon sui materiali (Givors, 1973) ed il “Manuale dei Marmi Pietre e Graniti” in tre volumi (Milano, 1983).
Si tratta di opere che conservano piena attualità e costituiscono un memento alla volontà politica, ed a quella imprenditoriale, nel senso che dimostrano l’esistenza di tante opportunità, al momento “in sonno” a causa delle difficoltà di mercato, ma non certo dell’idoneità tecnologica e cromatica dei materiali, a supportare iniziative di sviluppo, sia pure a livello comprensoriale o regionale. Con una disoccupazione alle stelle, soprattutto nell’ambito giovanile, marmi e pietre offrono occasioni da valutare attentamente nelle sedi competenti; ad esempio, anche nelle zone recentemente terremotate di Marche, Umbria, Abruzzi e Lazio, che posseggono riserve accertate oggetto di attività storiche spesso apprezzabili.
Dal canto suo, anche la nomenclatura esprime riferimenti lapidei a dir poco affascinanti. Stante l’impossibilità di citare almeno duemila materiali, oltre alla necessità di non fare torti a chicchessia, e fermo restando che le riserve in parola appartengono a tutte le Regioni, comprese quelle di minore incidenza nel panorama settoriale produttivo e distributivo, piace ricordare, a titolo di esempio, almeno l’Unghia di Venere (Montalcino), che “ha trovato impiego d’eccezione, per effetti architettonici e cromatici esaltati dalla trasparenza, nella Basilica di Sant’Antimo” (Manuale dei Marmi Pietre e Graniti, vol. II, pag. 75), in agro di Csatelnuovo dell’Abate (Siena).
E’ inutile aggiungere che le riserve dalle potenzialità specifiche non riguardano soltanto il marmo, ma anche gli altri lapidei: sempre a titolo esemplificativo, si ricordino l’Alabastro di Latronico (Potenza) od il Granito dell’Isola del Giglio che, come rammenta la medesima fonte, ebbe “applicazioni d’eccezione come quelle nella Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme ed in quella di San Crisostomo in Trastevere”.

Sia chiaro: questi spunti di riflessione non intendono costituire una divagazione culturale, sia pure suggestiva, ma vogliono esprimere un orientamento circa opportunità future, con riguardo prioritario a quelle collegate ad una ripresa del mercato interno tanto più auspicabile alla luce del nuovo vento protezionista che ha preso a spirare con forte impeto, a cominciare da quello su mercati importanti, se non addirittura decisivi per l’export lapideo italiano, come gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna.
Esiste una correlazione importante fra il patrimonio storico e le opportunità di crescita che in ogni caso è bene mettere a fuoco: le nuove difficoltà del mercato globale implicano un nuovo bisogno di programmazione intelligente, lontana dalle dannose suggestioni della demagogia e della passerella politica, ma rivolta – secondo ragione e convenienza – allo sviluppo del bene comune.