Etiopia: sviluppo lapideo per un paese in crescita

Con quasi cento milioni di abitanti, l’Etiopia è uno Stato che si va affermando nello scacchiere africano come una realtà di notevole interesse, attestato da un forte incremento del PIL (intorno agli otto punti), ma condizionato da un sistema economico che ancor oggi è prevalentemente agro-pastorale.
In campo lapideo, pur esprimendo un interscambio di marmi e pietre tuttora limitato, al pari di quanto accade per quelli contigui, l’Etiopia è un Paese che da diversi anni sta manifestando una forte propensione all’acquisto di tecnologie settoriali, giunto ad oltre 30 milioni di dollari nel quadriennio compreso fra il 2013 ed il 2016. In particolare, il 2015 ha visto il massimo storico dell’import etiope di tecnologie, per un valore nell’ordine degli 11 milioni, provenienti dall’Italia nella misura del 68,7 per cento; quanto al 2016, si è registrata una flessione, tutto sommato fisiologica, con acquisti per 6,3 milioni, ed un apporto italiano del 40 per cento, a fronte di una concorrenza cinese momentaneamente prioritaria.
I dati di medio periodo, peraltro, dimostrano che l’Italia ha saputo affermare decisamente la propria qualità, e nello stesso tempo, il proprio “know-how”. Infatti, se è vero che nel 2013 l’Etiopia aveva acquistato macchine ed impianti del lapideo per 5,6 milioni di dollari, e nel 2014 per 7,8 milioni, è ugualmente vero che gli “shares” italiani di questi due anni erano stati rispettivamente del 3,4 e del 2,3 per cento, evidenziando posizioni marginali. Nel biennio successivo, invece, c’è stato un vero e proprio salto di qualità, con una penetrazione italiana quasi travolgente, a suffragio di una promozione incisiva, ma soprattutto, di una valutazione oggettiva delle prestazioni tecnologiche ottimali da parte delle imprese etiopi.
L’analisi disaggregata evidenzia una propensione maggioritaria all’import delle macchine di levigatura, lucidatura e trattamento delle superfici, con oltre metà del valore acquistato, mentre le tecnologie di segheria e di taglio, pur avendo espresso un volume d’affari apprezzabile, risultano in subordine, al pari dell’impiantistica complementare. Ciò significa che la struttura produttiva etiope è ormai sviluppata, anche alla luce degli investimenti nel momento primario già affettuati in passato.
La mancanza di un flusso rilevante dell’export lapideo, di cui si diceva (ed anche dell’import) significa che le destinazioni del prodotto finito riguardano soprattutto il mercato interno, a fronte di una produzione estrattiva che, in base ai più recenti dati di fonte IGDA, si ragguaglia a 450 mila tonnellate in ragione annua, e quindi, ad una potenzialità di lavorato (nel riferimento convenzionale al manufatto avente spessore di cm. 2) pari ad alcuni milioni di metri quadrati, cui corrisponde un consumo teorico di mezzo metro per abitante, largamente inferiore a quelli europei, ma pur sempre doppio rispetto alla media mondiale. Sono dati che dimostrano l’importanza di questo mercato anche in un’ottica di prospettiva, con particolare riferimento alle potenzialità di sviluppo dell’export, sinora condizionate dalle difficili condizioni infrastrutturali, in primis dei trasporti.
L’Etiopia, in effetti, possiede riserve accertate di significativa consistenza, e talvolta, di buona tradizione (come emerge dal fatto che siano stati oggetto di specifico interesse già da tempi remoti e di valutazione positiva anche da parte dello Scamozzi), che evidenziano l’idoneità di questo Paese a tradurre in fatti concreti le vecchie raccomandazioni di fonte internazionale circa l’opportunità di promuovere politiche di sviluppo del lapideo. Ecco un caso emblematico di possibile cooperazione fra l’investimento di capitale estero e l’intrapresa locale, non senza il supporto di auspicabili interventi pubblici finalizzati ad implementare il livello socio-economico del Paese.