Algeria: un mercato lapideo in espansione con forti opportunità per la tecnologia italiana

Accade spesso che le relazioni diplomatiche abbiano una valenza di routine ma il recente incontro che l’Ambasciatore italiano ad Algeri, Pasquale Ferrara, ha avuto con il Ministro dell’Industria e delle Risorse Minerarie, Youcef Yousfi, si inquadra in una logica strategica che ne trascende il pur rilevante contenuto commerciale. Infatti, il Ministro, consapevole dell’importanza che la valorizzazione delle risorse primarie riveste per una razionale politica di sviluppo, ha auspicato un forte coinvolgimento del capitale e del “know-how” italiano nelle iniziative verticalizzatrici, a cominciare da quelle del comparto lapideo, e l’Ambasciatore ha assicurato un’adeguata collaborazione di parte italiana, a cominciare dal momento informativo.

L’Algeria, al pari degli altri Paesi francofoni dell’Africa mediterranea, è ricca di risorse, ma finora con attività locali proporzionalmente modeste, a cominciare dall’export di marmo e pietra, che anche nel 2017 – al pari degli esercizi precedenti – è stato quasi inesistente (meno di duemila tonnellate). Ciò, diversamente dall’import che ha superato le 400 mila tonnellate, composte per circa due quinti da grezzi e per la quota a saldo da prodotti finiti, ragguagliandosi all’otto per mille dell’interscambio mondiale del settore. La rilevanza strategica degli acquisti di blocchi e lastre grezze, sebbene ancora minoritaria, è confermata dal buon livello dell’import di tecnologie per la trasformazione (segheria e laboratorio) che sempre nel 2017 ha superato le 22 mila tonnellate – per un valore pari ad oltre 16 milioni di dollari – un terzo delle quali di provenienza italiana.

La ripartizione dell’import lapideo algerino è notevolmente concentrata. Infatti, oltre nove decimi degli approvvigionamenti grezzi risultano provenienti da tre soli Paesi dell’Unione Europea (nell’ordine: Grecia, Italia e Portogallo), mentre la quasi totalità degli acquisti di prodotto finito è giunta da quattro Paesi extra-europei (nell’ordine: Cina, India, Turchia, Egitto). Questa diversa articolazione delle provenienze la dice lunga sulle preferenze consolidate degli importatori algerini: qualità, contiguità e comodità di collaudo per il grezzo, e prezzo competitivo per il prodotto finito.

In questo senso, non sembra agevole modificare apprezzabilmente nel breve termine una struttura degli acquisti ormai affermata, oltre che mediamente in ascesa, anche se la promozione italiana potrebbe utilmente giovarsi di un più incisivo messaggio a carattere qualitativo. Migliori sembrano le prospettive per la tecnologia, sia in un’ottica di valorizzazione più sistematica delle riserve alla vista e della loro trasformazione locale, sia in quella di lavorazione dei grezzi importati: un campo in cui l’Italia può dire autorevolmente la sua, anche oltre il livello già soddisfacente del proprio “share” (riveniente in buona prevalenza dal macchinario di terza trasformazione).

In definitiva, anche con l’Algeria si possono aprire prospettive di sviluppo aventi un interesse certamente reciproco. In questo senso, le intese di carattere diplomatico costituiscono un presupposto importante, ma nello stesso tempo hanno bisogno di un approccio meno episodico da parte del momento imprenditoriale, sia nell’ottica del marketing, sia in quella di una cooperazione attenta alle effettive esigenze tecniche e strategiche della committenza.