Il settore lapideo in Indonesia

Fra le realtà emergenti del terzo mondo, con particolare riguardo a quelle del Sud Est asiatico, l’Indonesia appartiene certamente a quelle contraddistinte dalle maggiori potenzialità di sviluppo, se non altro per l’ampiezza delle sue dimensioni geografiche e strategiche: con quasi due milioni di kmq. e 235 milioni di abitanti, si tratta del quarto Paese in cifra assoluta per quanto attiene alla componente demografica, distribuita su circa 18 mila isole, e cresciuta di circa venti milioni nel giro di un decennio. Una realtà che possiede in Giakarta, dove vivono oltre 13 milioni di persone, uno dei maggiori aggregati urbani a livello planetario.

Negli ultimi anni, il prodotto interno lordo ha fatto registrare una forte accelerazione, portandosi intorno ai mille miliardi di dollari in cifra assoluta, ed oltre gli 11 mila nel ragguaglio pro-capite: cosa che, pur evidenziando l’esistenza di un forte divario negativo nei confronti dei maggiori Paesi sviluppati, testimonia che i processi di crescita offrono occasioni importanti anche dal punto di vista dell’interscambio.

Il comparto lapideo non fa eccezione: non a caso, nel 2017 l’importazione indonesiana dei lapidei di pregio ha superato i due milioni di quintali, equamente suddivisi tra grezzi e lavorati, ragguagliandosi allo 0,5 per cento del flusso quantitativo mondiale: cifra significativa ma notevolmente inferiore alle potenzialità, se non altro alla luce della condizione demografica di cui si diceva, e degli effetti indotti sulla vivace attività edilizia. Per quanto concerne le singole provenienze, è quasi pleonastico sottolineare che la maggioranza assoluta dei volumi acquisiti risulta di provenienza cinese, con quote ragguardevoli, nelle posizioni immediatamente successive, spedite dall’India e dall’Italia: quest’ultima, quindi, capace di mantenere un ruolo importante nelle forniture di nicchia, ad alto valore aggiunto.

Dal canto suo, l’export lapideo dall’Indonesia si è attestato intorno al milione di quintali, pari alla metà dell’import: in questo caso, con una discreta prevalenza del prodotto finito e con destinazioni largamente prevalenti, nell’ordine, a Stati Uniti, Australia e Corea del Sud, mentre risultano complementari, se non anche marginali, quelle dirette in Cina ed Europa.

Nel campo delle tecnologie di lavorazione della pietra, l’Indonesia dipende quasi esclusivamente dagli approvvigionamenti esteri, con un flusso di acquisti che, sempre nel 2017, ha interessato un giro d’affari nell’ordine dei 21,4 milioni di dollari, provenienti per oltre il 50 per cento dall’Italia, che ha confermato la sua tradizionale leadership anche su questo mercato, mentre la cifra a saldo è stata coperta in larga maggioranza dalla Cina. Nuove opportunità di penetrazione commerciale sono state offerte anche dalla nuova fiera internazionale “Stone Indonesia” di Giakarta, ma la preferenza per il “know-how” italiano, in riconoscimento dei tradizionali requisiti di qualità, rendimenti e sicurezza, viene da lontano, e si caratterizza per una lunga serie di successi.

In tutta sintesi, pur nell’ambito di un mercato orientato prevalentemente al consumo interno, l’Italia riesce a conservare posizioni di tutto rispetto nelle forniture di marmi e pietre, sia grezzi che lavorati, e soprattutto, una condizione di significativo primato in quelle di macchine ed impianti. Ciò risulta tanto più apprezzabile in un mondo che si distingue per una crescente selettività, ma nello stesso tempo, per rinnovate e motivate attenzioni nei confronti della qualità.