L’ardesia del Brasile

La nomenclatura settoriale definisce l’ardesia come una varietà di scisti argillosi destinata ad un ampio ventaglio di applicazioni decorative e strutturali, che vanno dai pavimenti e rivestimenti alla copertura dei tetti, a parte talune applicazioni particolari come i piani da biliardo o le lavagne. In tempi ormai lontani la produzione italiana era maggioritaria, in specie per quanto riguarda gli utilizzi di livello, ma col passare degli anni la concorrenza è diventata sempre più agguerrita, a cominciare da quella spagnola per le tipologie correnti, e da quella brasiliana per i materiali di maggior pregio (senza dire della Cina e dell’India, dove le riserve sono molto ampie, anche se non ancora valorizzate pienamente).

 

La storia dell’ardesia coltivata nel Minas Gerais, dove si concentra l’estrazione brasiliana, è lunga e suggestiva, e mette in luce che l’attività risalirebbe addirittura al decimo secolo, ad opera delle popolazioni precolombiane, sia per lavori strutturali, con particolare riguardo alle opere difensive, sia per la realizzazione di oggetti. Tuttavia, lo sviluppo industriale del settore si è concentrato soprattutto nell’ultimo quarantennio, vale a dire dagli anni ottanta in poi, quando il Brasile, grazie alla forte crescita degli investimenti ed alla valorizzazione delle proprie risorse, ma anche all’incremento della domanda internazionale, è diventato il secondo esportatore mondiale di ardesia, dopo la Spagna.

 

Attualmente, la produzione si colloca nell’ordine del mezzo milione di tonnellate in ragione annua, provenienti prioritariamente dal comprensorio di Papagaio, che non a caso è stato definito “provincia dell’ardesia” ed esprime la maggioranza assoluta del volume estratto. L’attività di cava genera, a sua volta, un indotto importante: per dirne una, sono centinaia le imprese che operano nel solo ambito di valorizzazione degli scarti e delle iniziative distributrici collegate. Vale la pena di rammentare che secondo stime locali le riserve disponibili sarebbero in grado di garantire la continuità del lavoro per 15 mila anni, agli attuali livelli produttivi: in poche parole, si tratta di una risorsa praticamente inesauribile.

 

La struttura di cava, e soprattutto quella di trasformazione, come spesso accade nel comparto lapideo, sono molto parcellizzate: nel primo caso, con parecchie decine di imprese operative, e nel secondo, con diverse centinaia. Il materiale si presenta in tonalità diverse, dal grigio al verde, fino al nero ed al lilla, con destinazioni largamente prevalenti ai manufatti per l’edilizia, compreso l’arredo urbano, e viene molto apprezzato per i suoi caratteri tecnologici di resistenza e di durata, senza trascurare l’elevata economia di manutenzione.

 

L’esame comparativo con altri tipi di ardesia pone in evidenza come quella brasiliana sia più dura, e quindi più resistente della media: tra le cause del fenomeno, in base alle conoscenze scientifiche disponibili nel Minas (notevolmente sviluppate) si deve annoverare il fatto che le pressioni sugli strati dei giacimenti vengono esercitate verticalmente e non lateralmente. Del resto, la normativa tecnologica statunitense ha posto il materiale di Papagaio in classe 1, con aspettative di durata nel tempo di almeno tre quarti di secolo per quanto si riferisce agli impieghi esterni, ovviamente di maggiore impegno. Si tratta di ragioni oggettive, che sono alla base del buon successo sul mercato internazionale, sempre più selettivo anche nella domanda di ardesia (assieme ad una buona competitività economica).

 

Non a caso, negli ultimi cinque lustri il prodotto ardesiaco brasiliano ha visto il suo export balzare dalle 10 mila tonnellate del 1995 alle oltre 100 mila del 2018, con un valore pari ad oltre 41 milioni di dollari, ed una quota dell’interscambio mondiale specifico che è pervenuta al dieci per cento. Sono risultati che consentono di guardare al futuro con fiducia, a prescindere dalle ricorrenti difficoltà congiunturali, grazie ad un livello imprenditoriale di qualità, caratterizzato dalla capacità di investire e di mettere a disposizione del mercato materiali competitivi, in grado di soddisfare la clientela qualificata.

Graniti e pietre del Brasile: dalle origini coloniali al nuovo millennio

La valorizzazione delle pietre brasiliane come prodotti strutturali per l’edilizia ebbe inizio nell’epoca coloniale, grazie all’opera congiunta dei missionari e dei militari, ed alla duplice esigenza di costruire, da una parte, luoghi di ricovero e di culto, e dall’altra, vere e proprie fortezze in grado di supportare l’espansione verso le grandi estensioni territoriali del’occidente e del settentrione. Ciò, con uno sguardo di particolare attenzione ai sistemi fluviali, cominciando da quelli dell’Amazzonia, la cui rete navigabile comprensiva dei tanti affluenti si colloca nell’ordine di 20 mila chilometri.

All’inizio, talune fortezze vennero costruite utilizzando pietre d’importazione provenienti dal Portogallo, alcune delle quali insistono tuttora nella foresta tropicale, come quella del celebre “Presepio” nel Mato Grosso, munita di improbabili ed obsoleti cannoni (1). In genere, l’uso lapideo nell’architettura militare con lavorazioni a massello od a spacco di cava fu prevalente su quello religioso, almeno sino a quando le esigenze di una difesa non disgiunta dalla conquista e dall’occupazione di nuove terre rimasero inderogabili. D’altra parte, la difficoltà e l’onerosità dei trasporti dal Vecchio Continente conferirono un rapido impulso alla sostituzione del prodotto europeo con quelli indigeni.

Per lungo tempo, l’impiego della pietra rimase limitato alle opere strutturali, con rare eccezioni decorative, perché le condizioni tecniche non consentivano un’evoluzione in senso paleoindustriale come quella ellenica, iberica od italiana, in cui la cultura della pietra poteva vantare una storia plurimillenaria. In Brasile, il salto qualitativo e quantitativo fu rapidamente compiuto dopo l’unità nazionale ed il sofferto riconoscimento della sua indipendenza da parte portoghese (1825), grazie all’immigrazione dall’Europa, ed in primo luogo proprio dall’Italia, quasi a suggellare sin dall’inizio un rapporto preferenziale che avrebbe caratterizzato la congiuntura lapidea sino al nuovo millennio.

Non a caso, risale alla seconda metà dell’Ottocento l’inizio della trasformazione industriale delle pietre locali, grazie al primo telaio importato dagli emigranti veneti, che avrebbe fatto scuola per giungere agli attuali 1500. Poi, fece seguito una lunga fase non meno importante di acquisti del manufatto italiano, segnatamente calcareo, di provenienza prevalente dal comprensorio apuano (2), mentre la valorizzazione sistematica del prodotto domestico avrebbe avuto massimo impulso dai decenni centrali del Novecento in avanti, con l’applicazione del diamante alle attività trasformatrici, ed infine, con quella del controllo numerico, che avrebbero permesso anche al granito di avviare un processo di espansione decisamente impetuoso, con riguardo particolare a quello ascritto nell’ultimo trentennio (3).

Oggi, il Brasile lapideo è la quinta potenza mondiale in campo produttivo e distributivo, con punti di forza di particolare impatto nel mercato interno e soprattutto nell’ambito dell’export, dove è primatista assoluto per quanto riguarda le spedizioni negli Stati Uniti, primo emporio mondiale (4). Dall’epoca coloniale ha fatto passi che non è azzardato definire giganteschi: tra l’altro, grazie all’apporto decisivo della tecnologia italiana, che fornisce tuttora la maggioranza assoluta delle macchine e degli impianti per la produzione e la trasformazione della pietra: ecco una sinergia di forte tradizione, decisamente consolidata, e certamente idonea a perseguire obiettivi di ulteriore sviluppo.

Carlo Montani

Annotazioni

(1) – Massimo Jacopi, Brasile: una Nazione verso il futuro, Edizioni Italo Svevo, Trieste 2010, pagg. 120. Tra le fortezze di maggiore rilevanza architettonica e strategica si ricorda anche quella di Manaus fondata nel 1669. L’occupazione completa dell’Amazzonia e del grande Nord avrebbe avuto termine soltanto nel secolo XVIII.

(2) – A metà del Novecento, il Brasile importava non oltre 10 mila tonnellate di manufatti lapidei, quasi esclusivamente italiani, provenienti in larga maggioranza da Carrara, mentre la sua produzione domestica, limitata al marmo bianco ed a pochi colorati (il granito era sempre oggetto di soli impieghi strutturali senza alto valore aggiunto) si limitava a novemila tonnellate (Enrico Walser, Les marbres de la Région Apuane, Gaunguin & Laubscher, Montreux 1956, pagg. 129-130).

(3) – Carlo Montani / Giulio Conti, Industria lapidea mondiale: Rapporto 1990, Società Editrice Apuana, Carrara 1990, pagg. 110. In questa prima edizione del “World Stone Report” la produzione lapidea del Brasile era ragguagliata ad un milione di tonnellate nette, pari al 3,3 per cento di quella mondiale (Ibid., pag. 44) mentre l’esportazione, costituita soprattutto da materiali silicei grezzi, ammontava a circa 400 mila tonnellate (Ibid., pagg. 90-91). Detti consuntivi trovavano conferma nelle cifre relative al 1988 fornite da Silvana Napoli, Settore lapideo: industria italiana e commercio internazionale, IMM Carrara 1990, pag. 29, dove la produzione estrattiva del Brasile era indicata in 970 mila tonnellate, a fronte di un export pari al 45 per cento. Il confronto coi livelli attuali, compresi quelli di trasformazione e di consumo interno, attesta che nel volgere di un quarto di secolo si è compiuto uno sviluppo esponenziale, notevolmente superiore a quello complessivo del mondo lapideo.

(4) – Carlo Montani, Marmo e pietre nel mondo: XXIX Rapporto lapideo mondiale / World Stone Report, Casa di Edizioni Aldus, Carrara 2018. La produzione brasiliana di materiali lapidei di pregio relativa al 2017 si è collocata nell’ordine degli 8,3 milioni di tonnellate (tav. 10) con un export netto pari ad oltre 2,3 milioni di tonnellate (tav. 36) costituite in buona prevalenza da prodotti finiti ad alto valore aggiunto.

Ardesia del Brasile: una nicchia leader

La nomenclatura settoriale definisce l’ardesia come una varietà di scisti argillosi destinata ad un ampio ventaglio di applicazioni decorative e strutturali, che vanno dai pavimenti e rivestimenti alla copertura dei tetti, a parte talune applicazioni particolari come i piani da biliardo o le lavagne. Un tempo, l’Italia aveva una produzione eccellente, in specie per quanto riguarda gli utilizzi di livello, ma col passare degli anni la concorrenza è diventata sempre più ampia, a cominciare da quella spagnola per le tipologie correnti, e da quella brasiliana per i materiali di maggior pregio; senza dire della Cina e dell’India, dove le riserve sono certamente vaste, anche se non ancora valorizzate in modo organico.
La storia dell’ardesia coltivata nello Stato di Minas Gerais, dove si concentra la quasi totalità dell’estrazione brasiliana, è lunga e suggestiva, e mette in luce che l’attività risalirebbe addirittura al decimo secolo, ad opera delle popolazioni precolombiane, sia per lavori strutturali, con particolare riguardo alle opere difensive, sia per la realizzazione di oggetti. Tuttavia, lo sviluppo industriale del settore si è concentrato soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, quando il Brasile, grazie alla forte crescita degli investimenti ed alla valorizzazione delle proprie risorse, ma anche all’incremento della domanda internazionale, è diventato il secondo esportatore mondiale dopo la Spagna.
Attualmente, la produzione estrattiva alimenta un export inferiore soltanto a quello del granito, ed è stimata in mezzo milione di tonnellate annue, provenienti prioritariamente dal comprensorio di Papagaio, che non a caso è stato definito “provincia dell’ardesia” ed esprime una larga maggioranza del volume complessivo. L’attività di cava genera, a sua volta, un indotto importante: ad esempio, sono diverse centinaia le imprese che operano nel solo ambito di valorizzazione degli scarti e delle iniziative distributrici collegate. Vale la pena di rammentare che, secondo valutazioni locali, le riserve disponibili sarebbero in grado di garantire la continuità del lavoro per 15 mila anni (agli attuali livelli produttivi).
La struttura di cava, e soprattutto quella di trasformazione, come spesso accade nel comparto lapideo, sono piuttosto parcellizzate: nel primo caso, con parecchie decine di imprese operative, e nel secondo, con diverse centinaia. Il materiale si presenta in tonalità diverse, dal grigio al verde, fino al nero ed al lilla, con destinazioni largamente prevalenti ai manufatti per l’edilizia, compreso l’arredo urbano, e viene molto apprezzato per i suoi caratteri tecnologici di resistenza e di durata senza trascurare l’elevata economia di manutenzione.
L’esame comparativo con altri tipi di ardesia pone in evidenza come quella brasiliana sia più dura e compatta della media: tra le cause del fenomeno, in base alle conoscenze scientifiche disponibili nel Minas, oggettivamente sviluppate, si deve annoverare il fatto che le pressioni sugli strati dei giacimenti si esercitano verticalmente anziché lateralmente. Del resto, la normativa tecnologica statunitense ha posto il materiale di Papagaio in “classe prima” con aspettative di durata nel tempo di almeno tre quarti di secolo, per quanto riguarda gli impieghi esterni in condizioni normali. Si tratta di ragioni alla base del crescente successo sul mercato internazionale, sempre più selettivo anche nella domanda di ardesia; ciò, senza trascurare una buona offerta economica.
Nonostante il rallentamento settoriale di breve periodo, l’export brasiliano di ardesia ha fatto progressi che restano di notevole rilievo ventennale, con spedizioni che superano di quasi otto volte quelle del 1995, quando si attestarono intorno a 10 mila tonnellate. In ogni caso, i parametri tecnologici ed il ventaglio delle disponibilità cromatiche consentono di guardare al futuro nella consapevolezza di una competitività consolidata che, difficoltà congiunturali a parte, si caratterizza per investimenti adeguati e per un’idoneità agli impieghi domestici ed esteri, certamente in grado di soddisfare la clientela più qualificata.

Vitória Stone Fair | Marmomacc Latin America closes with good prospects for 2016

Vitoria Stone 2016Facing an economy in recession and a currency devaluation never seen in Brazil, many entrepreneurs had to slow down in 2015. Exceeding expectations on the local market and knowing how to deal with the international market, the stone sector had to reinvent itself. The exchange rate differences introduced an important component and proof that everything was fine at the 41st edition of Vitória Stone Fair | Marmomacc Latin America, in Espírito Santo, in February.

For the dimensional stones segment, Vitória Stone Fair acts as a market thermometer. One of the first fairs which happens in the world with negotiations and projects. “The results are very positive. In fact, every year, the number of visitors increases during the event. This year we received buyers from new markets, such as Trinidad Tobago, that participated for the first time in Vitória Stone Fair. Besides the presence of international delegations, there was also a significant presence of the local market. “Even during the next few weeks, many customers still visit the companies”, says the President of Sindirochas (Stone Association from Espírito Santo), Tales Machado.

For Cecilia Milanez, director of Milanez & Milaneze, organizer of the event in partnership with VeronaFiere, in this period of economic recession, the results of the 41st edition of the fair exceeded industry expectations. “The show surprised visitors and buyers seeking new materials, equipment and technology innovation. We had a large number of international and national visitors. These results reinforce the importance of an international fair in Brazil. Today we can say that the event is a showcase of Brazilian dimensional stones”, she says.

The Superintendent of the Brazilian Center of Dimensional Stones Exporters (Centrorochas), Olivia Tirello, explains that producers are still investing because “in Vitória Stone Fair a lot of companies came to us asking to require to the Government to reduce the import taxes on the purchase of certain equipment and we have the perception that companies are still growing”, she said.

For an industry that in 2015 generated R$ 1.2 billion in the state of Espirito Santo, 25,000 direct jobs and 100 thousand indirect jobs, the Brazilian real underwent depreciation against the US dollar favored business especially because US represents 1/3 of the Brazilian market. The biggest exporter of polished slabs is Brazil, specifically the state of Espirito Santo, responsible for 95% of exports.

Aiming at the foreign market, Vitória Stone Fair has received for the first time foreign missions through the Buyer´s Program organized by Milanez & Milaneze especially from Iran, Australia, Canada and Poland. Together totaled more than 100 international buyers invited by the event, proving that the stone market is reaching new countries. “Sindirochas met international delegations seeking partnerships and new connections to strengthen the Brazilian stone sector in the global market“, said Tales Machado.

Jose Antonio Guidoni, President of the Guidoni Group also bet on the success of the stone sector in 2016. “The stone sector will continue to generate jobs. The Guidoni Group, for example, is opening two new companies which will produce over 250 containers monthly. We also bought a factory in Spain where we produce 200 containers monthly and we will do 22 more extractions within the next 12 months“, said Guidoni.

Business grow automatically and proof of this are the technology presented at Vitória Stone Fair | Marmomacc Latin America 2016. MDIC (Ministry of Development) approved lower taxes in technological processes of extraction and fabrication.
Seminars

During the 41st edition of Vitória Stone Fair, the largest fair of dimensional stones of the Americas, national and international experts talked about exporting solutions to the United States, architectural projects and experiences on the use of natural stone in Germany and Europe.

“Innovation in Architecture and Design” was the theme of the seminar with the renowned architects Luiz Eduardo Indio da Costa and Guto Indio da Costa. They presented the current projects in the city of Rio de Janeiro and the facilities for the Olympics, as well as the work they have done on Copacabana beach in Rio de Janeiro.

The CEO of DNV (Deutscher Naturwerkstein-Verband), the German Association of Natural Stone, Reiner Krug, also presented a seminar speaking about “Sustainable Construction: Building with Natural Stone”, emphasizing the applicability of the stones in German market and how it could be sustainable saving energy. In addition, cases presented as one of the first commercial buildings in Europe to receive the LEED certification from the US Green Building Council, from United States.

Innovation and technology

For the first time in Vitória Stone Fair, the Swedish Sandvik, with over 60 years of experience in Brazil, presented a hydraulic drill for stone drilling, for quartering dimensional stones, as well as provide auxiliary services in the quarry. The DC 120 represents a new way regarding the application of a drill and attending the need for development of the stone sector. With the DC 120 it is possible with only one operator doing twice the work of a pneumatic drill.

What made us participate for the first time in Vitória Stone Fair was the growth of the dimensional stones segment. The main quarries trust in the hydraulic system to increase production, quality and it is more economic“, explained the Sales Engineer Lucas Lessa Melillo. The success in sales during Vitória Stone Fair | Marmomacc Latin America ensures the participation of Sandvik in Cachoeiro Stone Fair, which will also be held in the state of Espirito Santo between 23-26 August.

Al via Vitória Stone Fair-Marmomacc Latina America

vitoria stone fairNei primi nove mesi del 2015, le importazioni italiane di marmi e graniti brasiliani hanno raggiunto i 69,5 milioni di euro, in aumento del 38,4% rispetto alla stesso periodo del 2014. Il Brasile, invece, si conferma il secondo acquirente mondiale di macchine e tecnologie made in Italy destinate alla
lavorazione della pietra, con 69,1 milioni di euro di ordinativi da gennaio a settembre 2015 (+46,2%). Lo rilevano i dati dell’Osservatorio Marmomacc e di Confindustria Marmomacchine.
Un asse commerciale tra il marmo tricolore e quello verdeoro rafforzato dalla trasferta oltreoceano di 27 aziende italiane, presenti come espositori alla 41ª edizione di Vitória Stone Fair-Marmomacc Latina America, al via ieri. L’evento, in programma fino al 19 febbraio a Vitória, in Brasile, costituisce la più importante manifestazione di settore del Sud America con oltre 420 espositori, dei quali il 30% esteri da 12 nazioni, con i principali produttori mondiali quali Italia, Turchia, India, Portogallo e Cina.
Per quattro giorni, tutta la filiera marmo-lapidea è rappresentata con più di 35mila metri quadrati espositivi netti. La fiera, infatti, è vetrina per una selezione delle 1.200 tipologie di pietre ornamentali brasiliane, sempre più protagoniste dei progetti delle archistar internazionali, come quello dell’Unicredit Tower di Milano che impiega 16mila metri quadrati di granito Verde Savana. Negli stand anche i fornitori di macchinari da cava e trasformazione che si rivolgono alle aziende di estrazione e stone-processing.
Ad organizzare la rassegna nello stato brasiliano dell’Espírito Santo, è la Fiera di Verona, attraverso la controllata Veronafiere do Brasil. «Dal 2012 abbiamo scelto di presidiare questa regione che concentra il 90%
degli investimenti nazionali nel settore del marmo – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – Il Brasile, tra le prime cinque industrie lapidee al mondo, è strategico nella costituzione di una
rete internazionale di eventi dedicati al business della pietra in cui, con Marmomacc, siamo leader assoluti».
Alla parte espositiva, Vitória Stone Fair-Marmomacc Latina America affianca un programma di incontri b2b con buyer internazionali da Polonia, Germania, Australia, Stati Uniti, Canada, Messico, Irlanda e Turchia.
Spazio poi alla formazione con convegni e workshop per architetti, ingegneri e designer sull’export e la promozione del prodotto negli Stati Uniti, le ultime applicazioni della pietra nell’architettura e nel design, le innovazioni tecnologiche e la sostenibilità ambientale legate all’utilizzo del marmo.
Ospiti di questa edizione, infine, due studi di architettura – Walker Zanger e Tithof Tile&Marble – tra i vincitori dei Pinnacle Award 2015, il premio istituito dal Marble Institute of America.

Dossier Brasile 2015

dossierbrasileLa seconda edizione di questo “Dossier
Brasile” vede la luce quando la crisi economica
mondiale iniziata nel 2008 manifesta taluni segnali di reviviscenza, che si possono
percepire nel rallentamento dello sviluppo
economico mondiale, nel rischio di
“default” in alcune economie nazionali, nei
perduranti conflitti armati in diverse parti
del mondo, ed in una crescita dei flussi migratori,
davvero senza precedenti.
È una realtà dura che esige dai leader
mondiali maggiori doti di lucidità per non
compromettere lo sviluppo e la pace; è
una sfida che appare ardua, anche perché
si pone ad un livello superiore rispetto alle
capacità di affrontarla.
D’altra parte, è una realtà che esige dai
settori produttivi capacità creativa, percezione
dei cambiamenti e sforzi incessanti
per conseguire un aumento della produttività
e della competitività, onde garantire la
tenuta e l’espansione dei mercati.
Questa è la sfida che ABIROCHAS affronta
in Brasile, attraverso un’azione politicostrategica
con l’obiettivo prioritario di contribuire
all’ottimizzazione tecnico-commerciale,
e quindi all’espansione del settore su
basi moderne e competitive.
Negli ultimi anni, l’industria brasiliana delle
pietre ornamentali è riuscita con successo
a superare la condizione di prevalente
distributrice della sola materia-prima,
conquistando la posizione di quinta esportatrice
mondiale, di leader occidentale del
settore e di principale fornitrice del mercato
statunitense, con un giro d’affari di 1,3
miliardi di dollari in ragione annua, quattro
quinti dei quali provengono dai materiali
con valore aggiunto.
Potrebbe sembrare che il comparto abbia
raggiunto la piena maturità, ma un’analisi
attenta delle risorse e delle prospettive
permette di constatare che l’obiettivo dello
sviluppo è sempre attuale e che le opportunità
di crescita sono molto ampie.

Esistono ancora parecchie sfide da superare,
come la conquista di nuovi mercati e
l’accesso a nuove frontiere tecnologiche ed
industriali. Quale apporto alla strategia
di crescita abbiamo avviato la cosiddetta
“terza fase di esportazione”, che intende
potenziare ed ottimizzare l’offerta di un

prodotto finito con valore aggiunto molto
elevato: ciò, alla stregua di ulteriori investimenti,
anche dimensionali, il cui livello
di rischio richiede nuovi avanzamenti nello
sviluppo tecnologico, nell’organizzazione e
nella gestione delle imprese.
La strategia descritta si inquadra nello
“Studio per la Competitività settoriale” in
fase finale di elaborazione da parte di ABIROCHAS,
con l’obiettivo di potenziare l’uso
della pietra brasiliana nell’edilizia mondiale,
che a sua volta è conforme al “Programma Nazionale di Esportazione” predisposto
dal Ministero per lo Sviluppo, Industria e
Commercio Estero. Ciò, nell’ambito di un
più ampio, indispensabile appoggio istituzionale,
in cui si distingue Apex-Brasil
(Agenzia Brasiliana di Promozione delle
Esportazioni e degli Investimenti), grazie ad
un contributo di successo al potenziamento
internazionale dell’economia federale attraverso
la crescita del valore aggiunto.
Buona lettura, con un voto di fiducia per il
futuro!

Reinaldo Dantas Sampaio
Presidente di Abirochas

Brasile: Leader della pietra

Cava Giallo Veneziano (Red Graniti / Brasile)

Cava Giallo Veneziano (Red Graniti / Brasile)

1.- Considerazioni generali

L’economia mondiale è un sistema di relazioni che sono diventate sempre più intense con l’avvento della globalizzazione, coinvolgendo tutti i Paesi in misura ineludibile. Ciò vale per ogni Stato, ed in primo luogo, per i maggiori protagonisti di uno sviluppo il cui tasso è variabile in funzione dei parametri naturali e della volontà politica, ma generalmente compatibile con l’impulso alla crescita, tipico di ogni insediamento umano.

In Brasile, quarto Paese mondiale per numero di abitanti, e quinto per superficie (1), l’assunto è del tutto evidente, innanzi tutto in una crescita mediamente superiore a quella del mondo, e nelle potenzialità di espansione simboleggiate dal fatto che, per densità demografica, risulta superato da quasi duecento Paesi (2), grazie alla presenza di vastissime regioni tuttora in attesa di una compiuta valorizzazione.

Da questo punto di vista, il contributo del comparto estrattivo e dei settori di trasformazione dei prodotti di miniera e di cava ha un ruolo di sicura rilevanza strategica. Ad esempio, nel 2013, che è stato un anno difficile per l’economia brasiliana, il contributo alla bilancia commerciale fornito dall’industria lapidea è stato assai significativo, con un valore dell’export in forte progresso, diversamente da quanto è accaduto per quello complessivo del sistema Paese.

C’è di più. Il Brasile è il solo grande protagonista del mondo lapideo in grado di accrescere tangibilmente produzione, trasformazione, interscambio e consumi, che appartenga al sistema occidentale, mentre tutti gli altri Paesi “top” (Cina, India, Turchia, Iran) fanno parte di quello asiatico, ormai talmente sviluppato da poter esprimere una “leadership” che si riassume nella maggioranza assoluta delle relative cifre globali. In questo senso, si può dire che quella brasiliana sia una felice eccezione, motivata da ragioni strategiche tanto più importanti, perché in grado di assumere un carattere di modello ad uso altrui.

L’importanza e la diffusione delle risorse, sebbene ancora valorizzate in modo geograficamente disomogeneo, è una condizione di base, che ha trovato utile e determinante completamento nella capacità politica di comprendere il ruolo strategico del comparto lapideo, e prima ancora, nella forte disponibilità imprenditoriale ad investire, ed a gestire il rischio quale fattore di successo, in quanto coniugabile con una gestione coraggiosa ma oculata. Ne costituisce testimonianza probante l’apporto della tecnologia moderna ai processi di estrazione, e soprattutto di trasformazione, che trova un dato di particolare rilievo nell’import di macchine settoriali, ai massimi livelli del mondo, con riguardo prioritario alle provenienze dall’Italia, Paese leader nel campo della ricerca.

In questa ottica, parlare del Brasile lapideo alla stregua di un notevole modello di sviluppo non è un’affermazione azzardata. Al contrario, è un assunto tanto più pertinente, in quanto fondato su spunti di cooperazione interassociativa capaci di estendersi alla distribuzione ed alla formazione professionale, senza trascurare gli aspetti promozionali, ivi comprese le sinergie fra capitale e lavoro, che in molti casi sono in grado di fare la differenza, anche a livello aziendale. In ultima analisi, è la fotografia di una propensione che vale la pena di approfondire nelle motivazioni essenziali, perché idonea a contribuire alle strategie di sviluppo e di comune progresso, sostanzialmente dovunque.

2.- Dai pionieri della colonizzazione ai vertici mondiali

La valorizzazione delle pietre brasiliane ebbe inizio in epoca coloniale, grazie all’opera congiunta dei missionari e dei militari, ed alla duplice esigenza di costruire, da una parte, luoghi di culto e di ricovero, e dall’altra, vere e proprie fortezze in grado di supportare l’espansione verso le grandi estensioni territoriali del’occidente e del settentrione. Ciò, con riguardo prioritario ai sistemi fluviali, e cominciare da quelli dell’Amazzonia, la cui rete navigabile comprensiva degli affluenti si colloca nell’ordine di 20 mila chilometri.

All’inizio, talune fortezze vennero costruite utilizzando pietre d’importazione provenienti dal Portogallo, alcune delle quali insistono tuttora nella foresta tropicale, come quella del “Presepio” in Mato Grosso, munita di improbabili ed obsoleti cannoni (3). In effetti, l’uso lapideo nell’architettura militare con lavorazioni a massello od a spacco di cava fu prevalente su quello religioso, sino a quando le esigenze di una difesa non disgiunta dalla conquista e dall’occupazione di nuove terre rimasero inderogabili. D’altra parte, la difficoltà e l’onerosità dei trasporti dal Vecchio Continente conferirono un rapido impulso alla sostituzione del prodotto europeo con quelli indigeni.

Per lungo tempo, l’impiego della pietra rimase limitato alle opere strutturali, con rare eccezioni decorative, perché le condizioni tecniche non consentivano un’evoluzione in senso paleoindustriale come quella ellenica, iberica od italiana, in cui la cultura della pietra poteva vantare una storia plurimillenaria. In Brasile, il salto qualitativo e quantitativo fu rapidamente compiuto dopo l’unità nazionale ed il sofferto riconoscimento della sua indipendenza da parte portoghese (1825), grazie all’immigrazione dall’Europa ed in primo luogo proprio dall’Italia, quasi a suggellare sin dall’inizio un rapporto preferenziale che avrebbe caratterizzato la congiuntura lapidea sino all’avvento del nuovo millennio.

Appartiene alla seconda metà dell’Ottocento la prima trasformazione industriale delle pietre locali, grazie al primo telaio importato dagli emigranti veneti, che avrebbe fatto scuola per giungere agli attuali 1200 (comprensivi di circa 200 segatrici a filo diamantato). Poi, fece seguito una lunga fase non meno importante di acquisti del manufatto italiano, segnatamente calcareo, di provenienza in larga misura apuana (4), mentre la valorizzazione sistematica del prodotto domestico avrebbe avuto massimo impulso dai decenni centrali del Novecento in avanti, con l’applicazione del diamante alle attività trasformatrici, ed infine, con quella del controllo numerico, che avrebbero permesso anche al granito di avviare un processo di espansione decisamente impetuoso, con riguardo particolare a quello ascritto nell’ultimo venticinquennio (5).

La produzione estrattiva del 2013, secondo dati di fonte imprenditoriale, ha raggiunto un nuovo massimo storico, pari a 10 milioni e mezzo di tonnellate, un decimo delle quali sono destinate ad usi strutturali (tav. 1), mentre la potenzialità trasformatrice ammonta a circa 80 milioni di metri quadrati, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2, con impiego maggioritario sul mercato domestico. Giova aggiungere che questa produzione, pur essendo concentrata per tre quarti negli Stati maggiormente propensi a valorizzare la propria riserva lapidea, è diffusa su tutto il territorio federale, e costituisce un’importante opportunità di sviluppo strategico (6).

Considerazioni analoghe valgono per la suddivisione merceologica delle risorse estratte e lavorate, in cui la quota del granito resta largamente prioritaria, con quote di rilievo, talvolta crescente, espresse dagli altri lapidei di pregio, ed in primo luogo da quarziti, ardesia, marmo, travertino ed arenaria: un ventaglio esaustivo, in grado di corrispondere alle esigenze di una domanda domestica ed internazionale moderna e tecnologicamente avanzata.

3.- Struttura industriale

Le dimensioni strategiche del comparto lapideo brasiliano sono suffragate da una serie di cifre tali da sottolinearne il ruolo propulsivo, conforme agli auspici che già dal 1976 vennero proposti in sede ONU con una raccomandazione diretta ai Governi interessati, affinché considerassero l’idoneità di marmi, graniti e pietre ad avviare processi di espansione organizzata (7), ed assumessero iniziative finanziarie e promozionali conseguentemente opportune.

Oggi, il Brasile dispone di risorse oggetto di attività estrattiva e trasformatrice per un complesso di 1.200 varietà merceologiche e di circa 1.500 punti cava, con un’occupazione di ventimila unità lavorative ed un rapporto di 520 tonnellate per addetto, da considerarsi mediamente competitivo, tenuto conto della natura in prevalenza silicea dei materiali prodotti. Il ventaglio occupazionale si completa con 35 mila addetti alle attività di segheria e finitura; 60 mila lavoratori delle piccole aziende e dell’artigianato; ed infine, con i diecimila del momento tecnologico e dei servizi. Si tratta di un patrimonio professionale importante, pari al doppio di quello italiano, nei cui confronti sussiste un residuo “gap” di produttività, che sottolinea l’esistenza di ulteriori spazi di formazione ed espansione.

Le aziende brasiliane operanti nel settore ammontano a circa diecimila, con larga prevalenza di quelle artigianali, mentre il ciclo integrale è limitato ad alcune centinaia. Dal canto loro, gli esportatori abituali si ragguagliano a 400 unità, con un’incidenza sul totale che risulta pari a pochi punti percentuali e sembra sottolineare la permanenza di una distribuzione estera governata da vincoli sostanzialmente oligopolistici, diversamente da quanto accade per il mercato interno, tuttora maggioritario dal punto di vista del quantitativo collocato in opera.

Nel campo estrattivo, ed in misura minore anche in quello tecnologico, l’espansione del Brasile è stata conseguita con l’apporto di collaborazioni estere, ed in primo luogo con quello di alcuni significativi investimenti italiani. Da questo punto di vista, si deve sottolineare come il modello della cooperazione privata abbia funzionato egregiamente, ed in misura senz’altro superiore alla media, anche alla luce della disponibilità locale ad avvalersi del “know-how” altrui.

Il ventaglio produttivo, come si diceva, è rimasto favorevole al granito, che nel 2013, pur avendo progressivamente ridimensionato il proprio “share”, ha espresso la metà del volume estratto nelle cave brasiliane, orientando in modo proporzionale anche le strutture di lavorazione e trasformazione dove nel breve periodo si è potuta rilevare una contrazione sia pure limitata dei telai tradizionali, a fronte di una crescita più che proporzionale delle segatrici a filo diamantato, in linea con la propensione ad investire di cui si diceva in premessa, e con quella ad evitare il ristagno di produttività derivante, soprattutto in altri Paesi, dal rinvio nelle sostituzioni di impianti ormai completamente ammortizzati.

Resta da aggiungere che, fatta eccezione per una quota dell’export grezzo, pari a meno di 1,5 milioni di tonnellate, la stragrande maggioranza dei materiali prodotti dalle cave del Brasile viene trasformata in una struttura industriale capace di segare e lavorare oltre quattro quinti delle disponibilità. Per un Paese che, fino a non molti anni or sono, sembrava avere puntato decisamente sull’esportazione dei blocchi, si tratta di una referenza importante, perché attesta in modo palese la volontà di crescita presente nel sistema ed il suo impegno di successo nella politica qualitativa richiesta dal mercato domestico, non meno che da quelli esteri.

4.- Interscambio

L’esportazione si è confermata anche nel 2013 quale punto di forza prioritario del comparto lapideo brasiliano, con un volume quantitativo che ha raggiunto 2,7 milioni di tonnellate, mentre il valore corrispondente è pervenuto a quasi 1,3 milioni di dollari, con aumenti sull’anno precedente che si sono ragguagliati rispettivamente al 21,9 ed al 21,6 per cento, mentre il prezzo medio è rimasto sostanzialmente invariato, nell’ordine di 476 dollari per tonnellata (tav. 2).

Il mix dell’esportazione quantitativa ha visto un recupero significativo del grezzo, che è tornato ad esprimere la maggioranza assoluta delle spedizioni oltre confine, ma nello stesso tempo, un’ulteriore avanzata del manufatto in sede di fatturato: non a caso, il prodotto finito ha costituito il 77,8 per cento del volume d’affari, contro il 76,8 del 2012. La quota largamente prevalente dell’export di lavorati è stata espressa da quelli ad alto valore aggiunto (cod. 68.02), con proventi per 938 milioni di dollari, ed un prezzo medio di 44,77 dollari per metro quadrato equivalente (allo spessore convenzionale di cm. 2), in calo di soli 26 centesimi rispetto all’anno precedente. Più significativo, invece, è stato il decremento della quotazione grezza, pari a sei punti percentuali.

In buona sostanza, l’apporto finanziario del lavorato è in ulteriore crescita, tanto da sfiorare i quattro quinti della fatturazione brasiliana all’export, e da ragguagliarsi sul piano quantitativo a circa 25 milioni di metri quadrati equivalenti, a cui corrispondono, per dare un primo riferimento all’importanza dell’indotto, non meno di 80 mila trasporti per le destinazioni finali, o più generalmente, per i porti d’imbarco.

Il panorama dell’interscambio lapideo brasiliano si completa con un import parimenti crescente, che nel 2013 è pervenuto a 108 mila tonnellate, cui hanno corrisposto uscite per 72 milioni di dollari, in aumenti rispettivi del 9,6 e del 18,8 per cento (tav. 3). Gli addendi maggiori sono costituiti da una quota rilevante di marmo e travertino grezzo, pari al 24 per cento del volume acquistato, motivata dalla naturale opportunità di integrare la risorsa calcarea nazionale con esclusive di altra provenienza; e soprattutto, da un notevole apporto di lavorati ad alto valore aggiunto, pari a tre quarti del totale in arrivo, il cui prezzo medio è stato di 37,78 dollari per metro quadrato equivalente, contro i 34,67 dell’anno precedente, con una crescita del nove per cento.

Va posto in evidenza che i lavorati d’importazione sono pervenuti al milione e mezzo di metri quadrati equivalenti, pari al 2,5 per cento del consumo domestico: una quota sostanzialmente fisiologica, anche in rapporto a quanto accade in altri Paesi produttori leader, ma pur sempre tale da essere tenuta in considerazione, se non altro per il differenziale fra il suo prezzo medio e quello dell’esportazione corrispondente, pari al 16,4 per cento in favore dei manufatti di provenienza estera.

L’export, in ogni caso, resta prevalente sull’import nella misura di 1:25, cosa che sottolinea la sua capacità trainante, confermata dall’analisi di lungo periodo e dal fatto che nel 2013 siano stati conseguiti i nuovi massimi storici, se non altro nelle due tipologie determinanti, vale a dire i silicei grezzi ed i lavorati speciali (tav. 4), mentre è proseguita la tendenza riflessiva dell’ardesia, il cui volume esportato si è ridotto al 45 per cento di quello del 2007, anche se il prezzo medio, pari a 25,40 dollari per metro quadrato equivalente, è rimasto quasi invariato.

A proposito di quotazioni, si deve sottolineare che la loro stazionarietà nel lungo periodo, in specie per i lavorati ad alto valore aggiunto, deve essere considerata un fattore di successo, perché concomitante con un’espansione quantitativa superiore a quella dei maggiori concorrenti occidentali, senza dire dell’ottimizzazione qualitativa riveniente da una moderna politica di investimenti produttivi e di servizio alla clientela.

5.- Mercati prioritari

La congiuntura positiva che sta caratterizzando l’export lapideo dal Brasile non è un fenomeno lineare, classificabile come un trend in costante ascesa. Al contrario, non sono mancati periodi di ristagno o di regresso, il cui superamento attesta, peraltro, l’esistenza di un apprezzabile grado di reattività capace di mettere a frutto i fattori di successo merceologico e professionale di cui si è detto, e di raccogliere gli spunti di specifico interesse proposti dalla domanda estera.

Nei silicei grezzi, il nuovo massimo conseguito nel 2013 ha permesso di elidere gli effetti della crisi mondiale che aveva raggiunto il punto di massima incidenza nel 2009, con un volume d’affari inferiore alla metà di quello attuale (tav. 5). Vale la pena di soggiungere che il fatturato dello stesso 2013 si è giovato della domanda cinese nella misura di due terzi, e che un contributo importante è derivato, nelle posizioni di rincalzo, dalle sole vendite in Italia ed a Taiwan: in pratica, i primi tre importatori del grezzo siliceo brasiliano hanno assorbito i nove decimi delle spedizioni, lasciando quote marginali agli altri acquirenti.

Un andamento storicamente similare è quello che distingue i lavorati ad alto valore aggiunto, dove il punto di svolta inferiore, sempre nel 2009, è stata la base di partenza per una crescita che in un solo quadriennio ha consentito un progresso del 92,7 per cento, con un raddoppio difficilmente iterabile nel mondo lapideo sviluppato (tav. 6). In questo caso, la concentrazione delle vendite è stata ancora più evidente di quella del grezzo: infatti, oltre quattro quinti dei flussi in uscita sono stati appannaggio di un solo Paese: gli Stati Uniti (tav. 7). Non basta, perché i primi sei mercati acquirenti appartengono al continente americano, diventato una sorta di macroregione commerciale dove la preferenza per i manufatti del Brasile trae motivazioni naturali dalla contiguità geografica, ma prima ancora, dall’apprezzamento per la qualità del prodotto e per la funzionalità del servizio. La presenza di un solo cliente fondamentale implica un rischio, ben dimostrato dal ribaltamento della crisi statunitense sull’export dei lavorati brasiliani, cui ha sopperito in misura significativa la pressione dell’offerta sul mercato interno, a condizioni naturalmente incentivanti per la committenza.

La domanda internazionale del manufatto lapideo rimane relativamente elastica, nonostante la crescente diffusione dell’assunto riguardante il carattere strategico del settore, ma proprio per questo ribadisce la necessità di azioni promozionali a tutto campo, come quelle che i produttori brasiliani hanno impostato sui maggiori empori mondiali, e non soltanto su quello statunitense (8).

Il mercato estero dell’ardesia è più variegato rispetto a quello del granito, con una distribuzione differenziata che tuttavia non è riuscita a prevenire gli effetti a lungo termine del regresso iniziato sempre nel 2009, ed esteso alla maggior parte delle destinazioni, con qualche importante eccezione: in primo luogo del Cile, ma anche della Francia, e per volumi minori, della Colombia (tav. 8). Probabilmente, il prodotto ardesiaco (in cui il Brasile è secondo soltanto alla Spagna) trova qualche condizionamento in impieghi meno duttili per ovvie ragioni cromatiche e tecnologiche, ma la consapevolezza di quanto siano necessarie adeguate azioni anticicliche lascia presumere che anche in questo caso la svolta possa essere perseguita con successo.

Resta da dire dell’importazione di lavorati che, come è stato evidenziato in precedenza, consente di integrare il ventaglio delle disponibilità locali con materiali, segnatamente calcarei, di particolare interesse per l’edilizia domestica: non a caso, le maggiori provenienze hanno avuto riguardo, anche nel 2013, a manufatti provenienti da Spagna, Italia e Grecia (tav. 9). Si tratta di Paesi dell’Europa mediterranea accomunati in una congiuntura settoriale tuttora critica, e nella conseguente disponibilità a praticare condizioni competitive, tali da prevalere su offerte comunque selettive come quelle della Cina e dell’India.

6.- Ruolo della tecnologia

Senza l’apporto determinante della tecnologia e degli investimenti industriali in macchine ed impianti, sia a livello innovativo che sostitutivo, il progresso del Brasile lapideo non avrebbe potuto conseguire indici superiori alla media. Ciò, con riguardo prioritario alle importazioni, che nel 2013 hanno raggiunto un nuovo massimo, pari a circa 150 milioni di dollari (tav. 10), tanto da quintuplicare il consuntivo del 2007; da incrementare del 47 per cento quello del 2012; e da evidenziare l’esistenza di un vero e proprio “trend” ascendente, su cui la crisi del 2009 ha avuto un effetto marginale.

L’apporto principale agli acquisti di tecnologia estera proviene dall’Italia, il cui volume d’affari del 2013 è stato pari ad oltre 93 milioni di dollari: vi hanno corrisposto cespiti per oltre 55 mila quintali (tav. 11), con un’incidenza di circa due terzi (tav. 12), ad ulteriore conferma di un rapporto di cooperazione che viene da lontano e ribadisce il particolare apprezzamento dell’industria lapidea brasiliana per i caratteri di qualità, rendimenti e sicurezza offerti dalle macchine italiane: in effetti, la loro incidenza sul totale delle importazioni da parte dei maggiori Paesi lapidei raggiunge il massimo livello proprio in Brasile.

La concorrenza più forte è quella cinese, ma nonostante la competitività del suo prezzo medio per unità di prodotto non è riuscita ad acquisire una quota di mercato superiore al 15 per cento, mentre le posizioni degli altri fornitori restano complessivamente marginali. La quotazione media dell’import brasiliano, dopo un forte balzo compiuto nel 2008, si è attestata intorno ai 1.500 dollari per quintale, con un vantaggio a favore dell’Italia che nel 2013 si è ragguagliato a 14 punti percentuali, mentre il prezzo della tecnologia cinese risulta inferiore a quello medio per oltre la metà, pur avendo evidenziato una buona propensione alla crescita (tav. 13). Resta da dire di quello tedesco, notevolmente più alto, ma nello stesso tempo caratterizzato da una massima variabilità, indotta dal basso livello quantitativo dell’interscambio di riferimento.

Il successo della tecnologia estera trova una motivazione supplementare nel volume contenuto delle produzioni locali, che non sono in grado di corrispondere pienamente alle esigenze di una domanda in rapida crescita. Nondimeno, il loro ruolo è significativo, come attesta la presenza di un discreto volume di export che si aggiunge alle vendite sul mercato interno, e che trova destinazioni largamente prevalenti sui mercati latino-americani, con qualche maggiore continuità per la Bolivia, ma con forti tassi di volatilità (tav. 14): nel 2013, massimo acquirente della tecnologia brasiliana è risultato il Venezuela, che negli anni precedenti non aveva effettuato acquisti.

Rapporti non dissimili da quelli rilevati per l’impiantistica sussistono nell’interscambio di beni strumentali per l’industria lapidea, e segnatamente di abrasivi ed utensili diamantati, dove le importazioni del 2013 hanno raggiunto un valore quasi uguale a quello delle macchine, con crescite storiche parimenti significative e con provenienze italiane ancora una volta largamente prioritarie, in largo vantaggio su quelle in arrivo dalla Cina e dalla Germania (tav. 15). Ciò, a fronte di un export a sua volta più che apprezzabile, il cui valore risulta pari al 28 per cento di quello del corrispondente import; e con destinazioni riferite in larghissima maggioranza ai Paesi dell’America latina, con riguardo prioritario a Cile, Argentina, Ecuador e Bolivia (tav. 16), quasi a sottolineare la presenza attiva di strutture trasformatrici capaci di mutuare dal modello brasiliano spunti utili ad impostare politiche di una prima valorizzazione delle loro pietre.

In definitiva, il ruolo della tecnologia, anzi tutto d’importazione, trova conferma della sua importanza determinante per lo sviluppo lapideo del Brasile sia nelle cifre storiche, sia in quelle attuali, ma nello stesso tempo sottolinea l’esistenza di una propensione ad investire anche in questo campo, con maggiori attenzioni per i beni strumentali: nella fattispecie, al pari di quanto avviene in estrazione e trasformazione, con l’apporto di “know-how” estero, in primo luogo italiano.

7.- Materiali concorrenti

Al pari di quanto accade nel resto del mondo, la concorrenza è sviluppata anche in Brasile, dove partecipa allo sviluppo dell’edilizia domestica e dell’interscambio con ruoli economicamente significativi. Quella di maggiore impatto, anche se limitata soprattutto agli impieghi in pavimenti e rivestimenti interni, mentre l’impiego lapideo può contare su un ventaglio tradizionalmente più ampio di applicazioni, è la ceramica, come dimostra il suo volume d’affari all’importazione, che nel 2013 ha raggiunto i 580 milioni di dollari, superando di oltre cinque volte il valore lapideo corrispondente, e facendo registrare un aumento del 3,7 per cento rispetto all’anno precedente (tav. 17). Ciò, senza dire che in termini quantitativi il divario è ancora più netto, dato che il prezzo medio della ceramica è largamente inferiore a quello del granito e delle altre pietre di pregio.

Il 70 per cento degli acquisti è di provenienza cinese, grazie ad una politica competitiva sul piano strettamente economico, che lascia poco spazio agli altri produttori, tra cui si distingue ancora una volta l’Italia, in crescita più che proporzionale, ma con una quota di mercato limitata a quattro punti percentuali.

La produzione brasiliana di ceramica, a sua volta, può contare su strutture importanti al servizio del mercato locale e degli altri Paesi latino-americani, con un fatturato estero che nel 2013 è pervenuto a quasi 400 milioni di dollari, pari a circa un quarto di quello lapideo ma non meno ragguardevole per il divario di prezzo medio analogo a quello dell’import. A parte gli Stati Uniti, che assorbono il 14 per cento del valore esportato (tav. 18), le destinazioni più importanti riguardano i Paesi contigui, quali Paraguay, Argentina ed Uruguay, a conferma di un ovvio rapporto preferenziale con il mondo latino-americano nell’interscambio di materiali che puntano in primo luogo sulla concorrenzialità economica.

Meno significativa in cifre assolute, ma degna di attenzione in chiave di prospettive, è la dinamica delle pietre artificiali, che nel 2013 hanno visto un import brasiliano pari a 162 milioni di tonnellate, superiore di circa il 50 per cento a quello di marmi, graniti e travertini (tav. 19). Il valore corrispondente è stato pari a 76 milioni di dollari, cosa che permette di stimare, in termini aritmeticamente omogenei, la media per unità di prodotto nell’ordine dei 25 dollari al metro quadrato: una quotazione non trascurabile nell’ottica della concorrenza, e tanto più significativa in quanto lo spessore delle pietre artificiali, grazie alla tecnologia avanzata, tende naturalmente al sottile.

Tali importazioni vedono prevalere la Spagna, seguita dalla Cina, il cui prezzo unitario è sorprendentemente superiore, mentre il ruolo degli altri Paesi è soltanto integrativo. Va soggiunto, peraltro, che si tratta di un comparto relativamente nuovo dal punto di vista dell’interscambio, perché il prezzo contenuto rastrema le dimensioni del mercato: in questo senso, deve essere letto il dato riguardante l’export brasiliano dei materiali in parola, obiettivamente limitato (tav. 20), con destinazioni circoscritte, ancora una volta, ai Paesi latino-americani, ed un prezzo medio quasi uguale a quello delle importazioni.

In tutta sintesi, il settore lapideo del Brasile deve confrontarsi con una concorrenza a tutto campo, in cui i maggiori protagonisti della globalizzazione appartengono al mondo asiatico; ma nello stesso tempo, con materiali alternativi in grado di interferire attivamente in una quota importante del consumo di settore. E’ una buona ragione in più per valutarne l’impatto anche alla luce delle loro prestazioni tecnologiche e per orientare la promozione, come si sta facendo in Brasile, in una logica di servizio alla committenza, sia nell’ambito del consumo finale, sia in quello della progettazione.

8.- Benchmark

Il rallentamento dell’esportazione totale dal Brasile, verificatosi nell’ultimo biennio, ha contribuito a riallineare la quota lapidea, riportandola non lontano dai livelli del 2002, anche se il massimo storico del 2006 è ancora relativamente lontano. Infatti, lo “share” del 2013 è stato pari al 5,3 per mille, contro il 4,4 dell’anno precedente, ed il 3,9 del 2011, che aveva segnato il minimo. L’indice di variazione nel periodo lungo è tuttora inferiore a quello delle esportazioni generali, ma il divario si è ristretto a cinque punti (tav. 21).

Sta di fatto che il 2013 ha visto un nuovo primato dell’export lapideo brasiliano in valore, pervenuto a 1.285 milioni di dollari, ed un ulteriore progresso dopo la forte contrazione del 2009, che del resto era stata omogenea a quella delle vendite totali all’estero, in calo di 24 punti, al pari di quella del granito e delle altre pietre. Ciò significa che la reattività del comparto è stata nettamente superiore a quella del sistema economico generale, ascrivendo quattro incrementi consecutivi dopo la crisi, e mettendo a segno un ottimo aumento complessivo del 77,5 per cento, mentre quello dell’intera esportazione brasiliana si è fermato al 58,2 per cento. E’ facile dedurne che la politica anticiclica del lapideo ha dato buoni risultati, traendone ulteriori argomenti a favore della sua iterazione.

Il contributo dei vari mercati esteri al riallineamento dell’export brasiliano in misura conforme all’importanza delle riserve ed alla dinamica della domanda è naturalmente differenziato, secondo i Paesi di destinazione. Da questo punto di vista, la priorità degli Stati Uniti, la cui incidenza del 2013 è stata pari al 3,1 per cento dell’intero export brasiliano, assume un rilievo icastico, ragguagliandosi al sestuplo della media (tav. 22). La stessa Italia, che segue in seconda posizione con una quota dell’1,2 per cento, più significativa in quantità essendo riferita soprattutto a grezzi, non è in grado di competere per la “leadership” che resta largamente statunitense. Ciò vale a più forte ragione per gli altri Paesi, nel cui ambito soltanto il Messico riesce a superare lo “share” del mezzo punto.

Del resto, le cifre assolute parlano chiaro: aggregando le tre voci principali dell’export lapideo brasiliano (silicei grezzi, lavorati speciali, ardesia), è facile constatare come il mercato nordamericano abbia acquistato merci per oltre 770 milioni di dollari, che corrispondono al 61 per cento del totale; in seconda posizione, ma a grande distanza, segue la Cina, con circa 184 milioni, pari al 14,5 per cento.

L’impressione che si ricava dal quadro globale dell’export lapideo brasiliano è quella di una permanente sperequazione rispetto alle potenzialità di parecchi mercati, e di una concentrazione delle vendite (manufatti verso gli Stati Uniti; grezzi verso Cina e Italia) che obbedisce alla logica, tanto più avvertita nell’odierna congiuntura, di dover rastremare i costi distributivi. Nondimeno, le quote pressoché infinitesimali dell’export lapideo verso mercati quali Argentina, Olanda e Giappone, che dopo Cina e Stati Uniti sono i maggiori importatori globali di merci brasiliane, sottolineano la presenza di potenzialità che parrebbe congruo valorizzare nell’ottica di uno sviluppo organico, ed in linea generale, di un presumibile quanto diffuso apprezzamento.

Un’altra considerazione imprescindibile riguarda il ruolo che il lapideo, nonostante limiti strategici non dissimili da quelli che in altri Paesi settorialmente avanzati hanno finito per diventare vere e proprie strozzature (si pensi alla rigidità di taluni vincoli ambientali, ai problemi del ricambio professionale od alle carenze infrastrutturali che incidono negativamente sul sistema dei trasporti), è riuscito ad acquisire nelle azioni di sviluppo del Brasile: da un lato, con una quota dell’export settoriale su quello generale che si colloca ai massimi livelli mondiali, e dall’altro, con una politica degli investimenti capace di promuovere in maniera omogenea il momento estrattivo e quello di trasformazione (cosa obiettivamente non facile come attestano talune esperienze altrui). In Brasile, la rilevanza strategica della pietra si è tradotta in fatti concreti, destinati a diventare un utile paradigma di riferimento.

9.- Consumo domestico

L’esportazione lapidea dal Brasile, comprensiva della quota grezza riferita a lavorati, si colloca intorno ai 40 milioni di metri quadrati equivalenti, nel ragguaglio allo spessore convenzionale di cm. 2: ciò significa che una quota maggioritaria della produzione trova sbocco sul mercato interno, capace di assorbire, come da consuntivo per il 2013, oltre 60 milioni di metri, cui si debbono aggiungere non meno di 18 milioni destinati ad impieghi strutturali, la cui traduzione in misure teoriche di superficie non è agevole.

Quello del mercato domestico è stato un progresso storicamente lineare, che ha fatto quintuplicare il livello del 2001, non senza dare luogo ad un incremento proporzionale dei consumi unitari, giunti a 325 metri quadrati per 100 (tav. 23): un risultato senza dubbio straordinario, sebbene tuttora lontano dai livelli d’impiego ascritti nei Paesi settorialmente più maturi, con riguardo prioritario a quelli europei (Italia, Belgio, Grecia, Spagna) ed a qualche realtà asiatica a forte valenza trasformatrice (Taiwan).

La crescita del consumo domestico in misura omogenea a quella dell’export è un fenomeno fisiologico, tanto più in un Paese come il Brasile che, come si diceva in premessa, si colloca al quarto posto nel mondo quanto a numero di abitanti, e quel che più conta, con una propensione alla crescita demografica più alta della media. Del resto, accade dovunque che le produzioni dei materiali di prima scelta idonei all’esportazione inducano un incremento proporzionale dell’offerta sui mercati interni, in un’ottica di sostanziale democratizzazione del consumo indotta dalla disponibilità di sottomisure, di manufatti “a correre” e di colori meno accesi, ma sempre nell’ovvia salvaguardia di una qualità tecnologica ineccepibile, richiesta in via prioritaria da ogni committente.

Il ruolo del mercato interno è concettualmente subordinato a quello dell’esportazione, ma costituisce un importante volano di sicurezza che nel caso del Brasile ha trovato conferma nel fatto che la crisi del 2009 non fu tale da agire negativamente sul mercato domestico, pur dando luogo ad un rallentamento del tasso di sviluppo.

In cifra assoluta, il consumo attuale del Brasile si colloca al quarto posto nel mondo, preceduto soltanto da quelli della Cina e dell’India, peraltro largamente inferiori nel ragguaglio pro-capite; e da quello degli Stati Uniti. In apparenza, potrebbe sembrare una proiezione omogenea del livello demografico, ma l’analisi storica attesta il contrario, perché nel 2001 il Brasile occupava il dodicesimo posto nell’analoga graduatoria mondiale. Ciò significa che, in poco più di un decennio, la sua capacità di sviluppo è stata particolarmente accentuata, anche in questo parametro determinante, grazie agli investimenti produttivi, e nello stesso tempo a quelli promozionali, che non hanno trascurato l’importanza del mercato interno.

Le prospettive di ulteriore sviluppo sono confortate dalla programmazione di grandi lavori, di cui quelli connessi ad importanti eventi sportivi come il mondiale di calcio o l’Olimpiade sono soltanto un esempio, peraltro assai importante sul piano psicologico, anche per l’ampio indotto che sono in grado di promuovere.

In conclusione, i 60 milioni di oggi (tav. 24) non costituiscono un punto d’arrivo ma debbono considerarsi la base di partenza per un ulteriore ampliamento dello sviluppo, che potrà essere tanto più significativo nella misura in cui venga supportato da ulteriori investimenti produttivi e da una volontà politica idonea a perseverare al meglio nella politica di valorizzazione della pietra, e di permanente riconoscimento del suo ruolo strategico.
10.- Conclusione

Il caso del Brasile lapideo può considerarsi, dal punto di vista dell’economia industriale, la conferma di un assunto filosofico ricorrente nella storia del pensiero: quello secondo cui “la linea del possibile si sposta grandemente con l’audacia e la forza inventrice della volontà che veramente vuole” (9). Infatti, l’espansione produttiva e trasformatrice è stata impetuosa, come dimostrano i grandi numeri storici, grazie alla capacità di utilizzare al meglio le straordinarie risorse naturali, mutuata da un innato spirito pionieristico in cui la capacità di affrontare il rischio è fattore indispensabile.

Questo spirito autenticamente imprenditoriale ha consentito, fra l’altro, di porre al centro delle strategie di crescita una costante attenzione per lo sviluppo della produttività, e conseguentemente della competitività, in guisa da rendere il consumo interno più accessibile a tutti, e di confrontarsi in modo positivo con la concorrenza sul grande mercato globale. Non a caso, nel 2013, mentre il prezzo medio dell’export brasiliano di lavorati è rimasto quasi invariato, riducendosi di una quota frizionale, quello di molti concorrenti che vanno per la maggiore è cresciuto più o meno significativamente, come nei casi di Cina, Turchia, Spagna, Portogallo, e via dicendo. E’ logico inferirne che i coefficienti di preferenza possano variare in misura inversamente proporzionale, a tutto vantaggio del Brasile.

La straordinaria dimensione di questo Paese, che ne fa un vero e proprio continente, lungi dal costituire una strozzatura infrastrutturale, è diventata strumento di sviluppo, tanto più che le risorse sono diffuse in buona parte del territorio. La pietra del Brasile, in buona sostanza, è in grado di assumere, a più forte ragione, il ruolo strategico riconosciuto nelle sedi internazionali al “materiale più antico” e di potenziare il suo effetto trainante: se non altro, come si metteva in chiaro a conclusione del Rapporto precedente (10), in aderenza al suo simbolico significato di pace.
Annotazioni

(1) – Secondo valutazioni di fonte ONU, la popolazione brasiliana ha superato i 200 milioni di abitanti proprio alla metà del 2013, confermandosi al quarto posto nel mondo, dopo la Cina e l’India, ed a breve distanza dall’Indonesia. Quanto all’estensione, giova rammentare che quella del Brasile, con oltre 8,5 milioni di chilometri quadrati, è preceduta soltanto da Russia, Canada, Cina e Stati Uniti.

(2) – Al momento, la densità media del Brasile si ragguaglia a 23,5 abitanti per chilometro quadrato, concentrati in larga maggioranza nei grandi aggregati urbani, primi fra tutti quelli di San Paolo e di Rio de Janeiro. In molti Stati, peraltro, la densità risulta notevolmente inferiore al predetto rapporto, che pure colloca il Brasile nelle retrovie della rispettiva graduatoria mondiale, e sottintende la presenza di oggettive potenzialità di crescita.

(3) – Massimo Jacopi, Brasile: una Nazione verso il futuro, Edizioni Italo Svevo, Trieste 2010, pagg. 120. Tra le fortezze di maggiore rilevanza architettonica e strategica si ricordano anche quelle di Belem e di Manaus; quest’ultima, fondata nel lontano 1669. Nondimeno, l’occupazione completa dell’Amazzonia e del grande Nord avrebbe avuto termine, fatta eccezione per alcune sacche residue, soltanto nel secolo XVIII.

(4) – A metà del Novecento, il Brasile importava non oltre 10 mila tonnellate di manufatti lapidei, quasi esclusivamente italiani, provenienti in stragrande maggioranza da Carrara, mentre la sua produzione domestica, limitata al marmo bianco ed a pochi colorati (il granito era oggetto di impieghi strutturali senza ampio valore aggiunto) si limitava a novemila tonnellate (Enrico Walser, Les marbres de la Région Apuane, Gaunguin & Laubscher, Montreux 1956, pagg. 129-130).

(5) – Carlo Montani e Giulio Conti, Industria lapidea mondiale: Rapporto 1990, Società Editrice Apuana, Carrara 1990, pagg. 110. In questa prima edizione del “World Stone Report” la produzione lapidea del Brasile si ragguagliava ad un milione di tonnellate nette, pari al 3,3 per cento di quella mondiale (Ibid., pag. 44) mentre l’esportazione, costituita in larga maggioranza da materiali silicei grezzi, ammontava a circa 400 mila tonnellate (Ibid., pagg. 90-91). Detti consuntivi trovano conferma nelle cifre relative al 1988 fornite da Silvana Napoli, Settore lapideo: industria italiana e commercio internazionale, IMM Carrara 1990, pag. 29, dove la produzione estrattiva del Brasile viene indicata in 970 mila tonnellate, a fronte di un export pari al 45 per cento. Il confronto coi livelli attuali, compresi quelli di trasformazione e di consumo interno, attesta che nel breve volgere del quarto di secolo si è compiuto uno sviluppo esponenziale, notevolmente superiore a quelli del mondo lapideo considerato nell’aggregato complessivo, e dei suoi maggiori protagonisti, con la sola eccezione della Cina.

(6) – In Italia, il Ministero degli Affari Esteri, in collaborazione con l’ICE, ha valutato nel 74 per cento l’apporto produttivo lapideo all’aggregato federale conferito complessivamente dai tre Stati brasiliani leader: nell’ordine, Espirito Santo, Minas Gerais e Bahia. Con volumi significativi, pari ad un ulteriore aggregato del 12 per cento, seguono Paranà, Goiàs e Cearà, talvolta con straordinarie potenzialità di crescita; non a caso, la stessa fonte riporta, per quest’ultimo Stato, una previsione di sviluppo a medio termine idonea a quintuplicare l’attuale livello estrattivo, non senza effetti importanti nell’ottica della verticalizzazione.

(7) – Asher Shadmon, A development potential of dimension Stone, United Nations Organization, New York 1976. Il primo input circa la necessità di incentivazioni istituzionali per la crescita del settore lapideo era stato oggetto di precedenti auspici da parte del IX Congresso dell’Industria lapidea europea, tenutosi a Firenze nel 1964, con la contestuale creazione della Federazione comunitaria di settore, ad iniziativa delle Organizzazioni industriali di Italia, Belgio, Francia e Repubblica Federale Tedesca (cfr. Carlo Montani, L’industria marmifera del Mercato Comune: note sull’andamento della congiuntura, Edizioni Assomarmi – Ugima, Firenze 1964; anche per il primo riferimento storico al principio della programmazione applicata al settore, poi ripreso dallo stesso Autore nel supplemento speciale “Il Marmo”, Il Sole-24 Ore, Milano 1967).

(8) – Gli interventi promozionali del comparto lapideo brasiliano, a cominciare da quelli di livello istituzionale, evidenziano una strategia di differenziazione che, pur salvaguardando la naturale priorità del mercato statunitense del manufatto, guarda con interesse ai tradizionali punti d’incontro, come quelli italiani, ed ora, anche alla Cina, dove il Brasile è intervenuto, nello scorcio iniziale del 2014, al Congresso Mondiale della Pietra tenutosi presso la fiera di Xiamen.

(9) – La citazione riportata nel testo è di Benedetto Croce, Storia d’Europa nel secolo decimo nono, Bari, Laterza 1953; ma il concetto appartiene ad una lunga tradizione dell’Occidente cristiano, secondo cui gli uomini si differenziano soprattutto per il diverso impegno volitivo.

(10) – Carlo Montani, XXIV Rapporto marmo e pietre nel mondo, Dossier Brasile, Edizioni Aldus, Carrara 2013.
Sommario

1.- Considerazioni generali
2.- Dai pionieri della colonizzazione ai vertici mondiali
3.- Struttura industriale
4.- Interscambio
5.- Mercati prioritari
6.- Ruolo delle tecnologie
7.- Materiali concorrenti
8.- Benchmark
9.- Consumo domestico
10.- Conclusione