Marabelli (Confindustria Marmomacchine): Ci aspettiamo un 2016 con luci e ombre

(foto Marmonews.it)

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CARRARA. Durante Carrara Marmotec raggiungiamo il presidente onorario di Confindustria Marmomacchine Flavio Marabelli nello stand dell’associazione per una intervista a 360° sul mondo del lapideo italiano.

Un giudizio sul 2015. Che anno è stato per il settore lapideo e tecnologie annesse per il comparto italiano?

Il risultato 2015 lo consideriamo un anno comunque positivo. Il settore ha aumentato certi volumi. Per molti il dato determinante è quello dell’export. Per noi è importante ma non determinante, per noi è determinante quello del saldo commerciale che è cresciuto, come settore, raggiungendo quasi i 2,8 miliardi di euro. Chiaro che questo è dovuto ad un aumento dell’esportazione e ad una importazione piuttosto contenuta. In un paese come l’Italia che non va bene, inutile che ci raccontiamo che va bene se non è così, diciamo che il settore del marmo per il 2015 ha retto bene. Noi invece abbiamo qualche preoccupazione per il 2016. Ci sono dei mercati importanti che si sono fermati, alcuni che sono sull’orlo del baratro. Ci sono poi mercati che hanno retto come quello della Russia. Ma ci sono situazioni non incoraggianti. In più il cambio dollaro-euro che non sappiamo se si terrà su questi livelli. E abbiamo un altro elemento che impatta molto sul mercato che è la concorrenza di prodotti ceramici sui grandi formati, in particolare lastre sui 3 metri con spessore inferiore al centimetro, che va a impattare completamente sulla vendita di lastre. Che inducono il marmista, rivenditore delle lastre, a inserire questi prodotti all’interno dei loro cataloghi. Fino all’altro giorno c’erano prodotti alternativi ma non c’era il prodotto ceramico alternativo con queste dimensioni. Poi il mercato italiano non riparte più di tanto e alcune aziende registrano un andamento dei primi mesi del 2016 non così positivo come nel 2015.

La concorrenza dei prodotti ceramici va aldilà della prospettiva 2016 perché se il marmista, non intendendo chi è possessore di cava, inizia a proporre lui materiali non naturali per rivestimenti orizzontali e verticali allora il problema diventa veramente di settore.

Quindi la promozione diventa sempre più importante…

Noi in questo momento abbiamo una situazione che ci spinge a cercare sempre nuovi mercati di sbocco in alternativa a quelli che abbiamo. Noi come associazione abbiamo il compito di intercettare quei mercati in cui c’è un minimo di effervescenza sia a livello di tecnologia sia a livello di materiali. Quindi cercare di stringere un accordo, avere una occasione espositiva, fare una missione, fare un seminario, ecc. Dall’altro abbiamo intenzione di fare, a breve, una indagine interna a livello imprenditoriale settoriale, che commissioneremo noi a qualche università italiana, per fare analizzare il “DNA” dell’imprenditore. Vogliamo vedere se il nostro imprenditore sia effettivamente pronto riguardo ad una concorrenza globale. Questo potrebbe essere il momento per lavorare come tessuto imprenditoriale per migliorarci.

L’intervento governativo per la promozione del settore lapideo e della tecnologia annessa, sopratutto per quello che riguarda l’Ice, è proporzionalmente uguale agli altri settori?

Nel nostro settore c’è disponibilità a spendere più risorse per la tecnologia che per il prodotto. Nella tecnologia veniamo riconosciuti come un settore leader e se confronto le risorse che vengono messe a disposizione per altri settori trovo una proporzione. Sul settore dei materiali trovo una minore disponibilità ma è una considerazione del fatto che il nostro prodotto non è mai stato considerato come un prodotto di design e di arredamento. E dato che per loro è più facile promuovere quei prodotti facciamo più fatica a mantenere le proporzioni. Non c’è malafede. C’è bisogno del nostro sforzo per far capire che anche il nostro prodotto ha nicchie di design e arredamento. E che per esempio alcune destinazioni d’uso nell’hotellerie sono delle pietre naturali.

Si parla molto di “industria 4.0”. Il settore lapideo a che punto è in questa fase di “evoluzione”?

Se analizziamo l’interconnessione a livello di tecnologia che già esiste il nostro settore non è messo male. Ci sono aziende che sono in grado di monitorare macchine in movimento in tutto il mondo. Non siamo lontani da certi esempi fatti quando si parla di “4.0”. Abbiamo anche una componente robotica che non è inferiore ad altri settori. Nel campo marmo è un pochino diverso. Bisognerebbe parlare di interconnessione tra azienda, cliente, fasi di produzione, ecc. lì siamo un pochino indietro.

Marmo e comunicazione. Molte aziende, a vedere negli stand, iniziano a cercare di comunicare sempre di più. Come si può lavorare in questa direzione?

E’ sicuramente un lavoro su cui in vari momenti storici si è puntato, spesso singolarmente anzi che in gruppo. Noi stiamo lavorando su un ragionamento che mette al tavolo, almeno a parole, un certo numero di produttori per dire questo prodotto va difeso ma non attaccando il nostro concorrente ma sforzarndoci per rendere più evidente le caratteristiche naturali di questo prodotto. Ci sta dentro anche il discorso che si può fare design anche con un prodotto naturale. La nicchia del design è piccola per tutti. Molto visibile, molto bella da mostrare, ma piccola. Noi abbiamo la fortuna di fare grandi rivestimenti. Per cui se il design è un veicolo di promozione bene ma non deve essere quello il segmento su cui puntare perché non è economicamente sostenibile.

La federazione europea del lapideo (EUROROC) può avere un ruolo per la promozione?

Sono molto critico verso la federazione europea alla quale partecipiamo ormai per onor di firma. Abbiamo cercato di modificarla, cambiarla, ammodernarla. Non ci siamo riusciti. E’ una federazione, a nostro modo di vedere, molto conservativa che tende a proteggere i mercati interni europei, sopratutto di lingua tedesca, mentre noi come la Spagna siamo totalmente orientati sull’estero. Noi siamo per aumentare le vendite e vendere all’esterno, loro sono per tutelare il loro mercato interno che continua ad essere in molti casi mercato di prodotti locali. A me piace che nelle associazioni si facciano pesare le idee. Allora nel momento in cui c’è un mix di paesi che vuole andare verso l’internazionalizzazione, quindi paesi che sono in una direzione, mentre altri paesi, come Svizzera, Germania, Austria, dicono che si deve difendere il mercato interno allora siamo lontani anni luce. Restiamo dentro però non è una federazione che a noi interessa. Forse l’abbiamo sopravalutata all’inizio.

Perché nella zona apuana c’è un tasso infortunistico di settore largamente più alto rispetto alla media nazionale?

Il nostro lavoro ha un grado di pericolosità notevole però io non posso accettare il discorso che di escludere a prescindere la casualità o che ancora non si sanno i motivi dei due morti in cava e già partono tweet sindacali che parlano di responsabilità da parte imprenditoriali, di non certezza delle regole. Sono due estremi che non accetto. Si può fare molto di più per essere sicuri. Il ragionamento che mi sforzo di far capire alla parte sindacale ma non ce la faccio e che bisogna essere disponibili a ragionare mettendo insieme la maggior sicurezza con necessariamente una minor produttività. Questo vuol dire minor produttività ma anche minor impiego di risorse umane. Perché solo così le tre cose stanno assieme: se devo controllare di più devo essere disponibile a produrre di meno e se io, come imprenditore, sono disponibile a produrre di meno dall’altra parte bisogna pensare che con meno produzione non posso permettermi di avere la stessa forza lavoro. Se siamo tutti d’accordo su questo possiamo fare grandi cose ma ho la sensazione che il ragionamento vada bene a tutti fino a metà. Più controlli, maggiore sicurezza, va bene. Tu diminuisci la produzione? E’ un tuo problema, la forza lavoro la devi mantenere su certi livelli. Non è possibile. Ragioniamo tenuto conto di tutto questo discorso. E’ un po’ forte come ragionamento ma è la verità. Non posso io inserire tutta una serie di controlli, utilizzare ulteriormente risorse umane per quello che sto facendo già adesso ma avere la stessa produzione. Il discorso di dire “chiudiamo le cave, mandiamo tutti a casa” è una follia. Qui vorrebbe dire radere al suolo un territorio. Tre anni fa in assemblea invitai personalmente i tre responsabili sindacali a vedere in Cina come si lavora in segheria. Voi venite, a nostre spese, vi fate una idea e poi torniamo al tavolo a rinnovare il contratto. Non sono mai venuti. Non hanno interesse a vedere cosa fa il mio concorrente ma se non lo vedono come fanno a dire che posso restare competitivo.

Luca Borghini – Carlo Montani