Obiettivo qualità: Sviluppo tecnico e produttivo del settore lapideo nell’ottica di mercato

Cave di Gioia, Carrara (Foto Daniele Canali / Marmonews.it)

Cave di Gioia, Carrara (Foto Daniele Canali / Marmonews.it)

La qualità costituisce un obiettivo della produzione, in campo lapideo come altrove, ma nello stesso tempo, un impegno costante. Non bisogna presumere che la questione sia stata integralmente risolta grazie alle tecniche innovative, al perfezionamento dei processi ed al ventaglio sempre più vasto dell’offerta di finiture selezionate. Infatti, la qualità consiste in un complesso di valori che si realizzano quotidianamente nelle cave, nelle segherie e nei laboratori, con l’apporto di fattori professionali ed umani tipici del marmista, a cominciare dalla creatività e dalla fantasia con cui si possono ottenere dalle macchine prestazioni più avanzate, e risultati all’avanguardia.
Per marmi e pietre, materiali selettivi destinati ad impieghi di buon livello, il tema si pone con evidenza massima, sia in tema di prestazioni tecnologiche, sia sotto il profilo dell’omogeneità cromatica. In effetti, si parla spesso ed a giusta ragione di qualità totale, che oggi costituisce un traguardo realistico grazie allo sviluppo fatto registrare nell’ultimo trentennio in tutte le fasi del processo produttivo, dall’estrazione alla finitura.
Ormai, non esistono aspetti fisico-chimici e fisico-meccanici che non possano essere ottimizzati stante la disponibilità di impianti e di beni strumentali calibrati sulle specifiche esigenze di ciascun materiale e di ogni grado di lavorazione, dovendosi confrontarli, caso mai, soltanto coi relativi costi. Fra i tanti esempi, si possono citare quelli del trattamento dei grezzi in modo da accrescere la produttività di trasformazione, o del risanamento di semilavorati tramite interventi di resinatura delle lastre, anche a spessore sottile, che si pratica su materiali di elevato pregio medio.
La qualità, che in passato significava tempi lunghi e costi proporzionali, ha potuto coniugarsi bene con la produttività, anche alla luce della meccanizzazione di finiture alternative come la bocciardatura, la fiammatura e la sabbiatura, che hanno permesso di aumentare i volumi delle prime scelte nei casi in cui, a parità di requisiti tecnologici, il materiale sia interessato dalla presenza di qualche discrasia estetica che ne sconsigli la lucidatura. In questo senso, lo sviluppo tecnico è stato determinante per la valorizzazione della qualità e per porre sul mercato tipologie di serie capaci di proporre impieghi conformi ad esigenze progettuali di tipo meno tradizionale, senza rinunciare all’eleganza naturale del prodotto.
I problemi maggiori interessano pavimenti e rivestimenti, in cui si concentrano le quote più ampie del consumo lapideo. Dal punto di vista dell’idoneità all’impiego, tali problemi sono stati impostati in maniera propositiva e scientificamente corretta attraverso l’analisi tecnologica ed omogenea dei maggiori parametri, quali il peso per unità di volume, la resistenza all’usura per attrito radente, alla flessione ed alla compressione, la dilatazione lineare termica, il tasso di imbibizione, e via dicendo. Del resto, la disponibilità di materiali e di tecnologie è talmente ampia da permettere scelte a ragion veduta per ogni tipo di applicazione, e si potrebbe aggiungere, quasi per ogni commessa.
Il prodotto di natura è irripetibile, ma ciò non significa che la produzione non debba essere programmata in aderenza alla qualità tecnica, e che la distribuzione possa prescindere dalle strategie di servizio e di assistenza in cui si compendiano i requisiti essenziali di quella commerciale.
Quello della qualità è sempre stato un obiettivo di fondo, ma nell’epoca del mercato globale è diventato indispensabile, e deve essere governato da criteri di programmazione non solo sul piano scientifico, ma prima ancora, a livello di singole aziende. Ciò vale tanto per la tecnologia meccanica e fisico-chimica quanto per la presentazione del colore: ad esempio, nel caso di un materiale con venature intense, è noto che al taglio frontale conseguono superfici di tono compatto, mentre quello conforme all’andamento della massa comporta l’allungamento e l’estensione delle venature stesse, e quello longitudinale, l’allargamento del disegno.

Ferma restando la necessità di agire secondo l’input del cliente, l’esigenza di fondo è di affidarsi ad un adeguato “know-how” e quindi ad una professionalità effettivamente avanzata, anche per quanto riguarda il controllo qualitativo, che costituisce prassi ormai diffusa e sempre consigliabile: ad esempio, nei casi di manufatti che siano stati sottoposti ad interventi di stuccatura, resinatura, retinatura e consolidamento strutturale, e più generalmente quando si debbano assumere decisioni complesse in materia di tolleranze, di accompagnamento cromatico e di scarti del materiale declassato.
E’ bene rammentare che la qualità non è mai stata un “optional” né potrà esserlo in futuro: al contrario, è un rapporto sempre più competitivo fra il carattere tecnologico ed il prezzo, sulla cui ottimizzazione grazie agli investimenti ed alle attenzioni gestionali si fondano molte prospettive di ulteriore crescita del settore.

c.c.m.

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