Materiali in ascesa: la Pietra Leccese
L’Italia deve alla pietra un contributo fondamentale al suo progresso civile ed alla sua cultura, tanto più importante in quanto la risorsa lapidea è largamente diffusa sul territorio, al pari delle attività di estrazione e trasformazione.
Quella del Salento, ovvero dell’antica Terra d’Otranto, non fa eccezione: la Pietra Leccese è conosciuta e valorizzata da tempi remoti, grazie alle sue doti di omogeneità e lavorabilità, come dimostrano impieghi prestigiosi e suggestivi come quello nella Fontana Ellenica di Gallipoli, e soprattutto, le grandi realizzazioni locali dell’età barocca. Oggi, la risorsa lapidea salentina costituisce una significativa occasione di sviluppo, con particolare riguardo ai Comuni di Cursi e Melpignano, ma più generalmente, a tutta la provincia del “tacco d’Italia”.
Costituiscono motivo importante di competitività e di successo l’alto rendimento estrattivo, incrementato dalla natura morfologica dei giacimenti e dalla rapida ottimizzazione della tecnica, nonché dalla facile accessibilità alle cave, ma nello stesso tempo, i livelli avanzati di produttività, garantiti da caratteristiche decisive come la compattezza e la continuità cromatica, che si coniugano felicemente con la duttilità, e quindi con un ampio ventaglio di impieghi, dall’architettura all’arte plastica ed alle applicazioni decorative.
Oggi, l’apporto leccese all’industria lapidea delle Puglie non è certamente inferiore a quello dei comprensori storici di Apricena, Fasano e Trani. Lo dimostrano, fra l’altro, le iniziative promozionali della pietra salentina, presente alle maggiori fiere del settore, ed in primo luogo a quella di Verona, con partecipazioni di alto spessore qualitativo e commerciale; ma nello stesso tempo, impegnata in opere editoriali di significativa eleganza informativa. Idonea ad evidenziare la raffinatezza stilistica delle realizzazioni effettuate con questa pietra, e la sicura padronanza del mestiere tipica dei marmisti e degli ornatisti, eredi di quelli che fecero grande ed imperituro il barocco di Lecce.
In effetti, l’impiego principale di questi materiali si è avuto proprio nel Salento, secondo la logica di un mercato arcaico che privilegiava i consumi locali, ma non si deve pensare che l’uso fosse circoscritto soltanto al comprensorio. Quei Maestri lavoravano alacremente anche altrove, come dimostrano le loro attività in Sicilia, a Roma o nel Nord, senza dire che parecchi spunti del loro linguaggio estetico si ritrovano in Austria, in Francia, nel Regno Unito, nella Repubblica Ceca, e via dicendo: un ottimo esempio di cooperazione internazionale “ante litteram” e di vivace osmosi culturale.
Nel mondo globalizzato, la logica puntiforme è stata archiviata: i prodotti lapidei del Salento hanno trovato un successo piuttosto facile anche sui mercati esteri, a conferma della loro credibilità estetica e prima ancora, di quella tecnologica, le cui caratteristiche di resistenza e durata, ovviamente certificate, ne fanno una “pietra che vive” senza limiti e si traduce. secondo l’immagine del Poeta, in una suggestiva aspirazione all’eternità (c.m.)
Quella del Salento, ovvero dell’antica Terra d’Otranto, non fa eccezione: la Pietra Leccese è conosciuta e valorizzata da tempi remoti, grazie alle sue doti di omogeneità e lavorabilità, come dimostrano impieghi prestigiosi e suggestivi come quello nella Fontana Ellenica di Gallipoli, e soprattutto, le grandi realizzazioni locali dell’età barocca. Oggi, la risorsa lapidea salentina costituisce una significativa occasione di sviluppo, con particolare riguardo ai Comuni di Cursi e Melpignano, ma più generalmente, a tutta la provincia del “tacco d’Italia”.
Costituiscono motivo importante di competitività e di successo l’alto rendimento estrattivo, incrementato dalla natura morfologica dei giacimenti e dalla rapida ottimizzazione della tecnica, nonché dalla facile accessibilità alle cave, ma nello stesso tempo, i livelli avanzati di produttività, garantiti da caratteristiche decisive come la compattezza e la continuità cromatica, che si coniugano felicemente con la duttilità, e quindi con un ampio ventaglio di impieghi, dall’architettura all’arte plastica ed alle applicazioni decorative.
Oggi, l’apporto leccese all’industria lapidea delle Puglie non è certamente inferiore a quello dei comprensori storici di Apricena, Fasano e Trani. Lo dimostrano, fra l’altro, le iniziative promozionali della pietra salentina, presente alle maggiori fiere del settore, ed in primo luogo a quella di Verona, con partecipazioni di alto spessore qualitativo e commerciale; ma nello stesso tempo, impegnata in opere editoriali di significativa eleganza informativa. Idonea ad evidenziare la raffinatezza stilistica delle realizzazioni effettuate con questa pietra, e la sicura padronanza del mestiere tipica dei marmisti e degli ornatisti, eredi di quelli che fecero grande ed imperituro il barocco di Lecce.
In effetti, l’impiego principale di questi materiali si è avuto proprio nel Salento, secondo la logica di un mercato arcaico che privilegiava i consumi locali, ma non si deve pensare che l’uso fosse circoscritto soltanto al comprensorio. Quei Maestri lavoravano alacremente anche altrove, come dimostrano le loro attività in Sicilia, a Roma o nel Nord, senza dire che parecchi spunti del loro linguaggio estetico si ritrovano in Austria, in Francia, nel Regno Unito, nella Repubblica Ceca, e via dicendo: un ottimo esempio di cooperazione internazionale “ante litteram” e di vivace osmosi culturale.
Nel mondo globalizzato, la logica puntiforme è stata archiviata: i prodotti lapidei del Salento hanno trovato un successo piuttosto facile anche sui mercati esteri, a conferma della loro credibilità estetica e prima ancora, di quella tecnologica, le cui caratteristiche di resistenza e durata, ovviamente certificate, ne fanno una “pietra che vive” senza limiti e si traduce. secondo l’immagine del Poeta, in una suggestiva aspirazione all’eternità (c.m.)