Macchine per le cave: le tagliatrici automatiche italiane

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Il settore delle macchine tagliatrici di cava è contraddistinto da una forte concentrazione di mercato, superiore a quella rilevabile per gli impianti di segheria e laboratorio. Infatti, nel quadriennio compreso fra il 2011 ed il 2014 l’esportazione mondiale di queste tecnologie (in larghissima maggioranza automatiche) ha raggiunto un valore complessivo pari a 3,568 miliardi di dollari, con una media di circa 900 milioni in ragione annua.
Le relative spedizioni sono state effettuate in maggioranza assoluta dalla Germania, con il 62 per cento del totale, seguita dagli Stati Uniti con una quota di otto punti, ed in terza posizione dall’Italia con il 6,3 per cento, mentre il resto del mondo ha espresso lo “share” a saldo, con il Giappone sul quarto gradino ed una quota del 4,8 per cento.
In altri termini, quella delle tagliatrici di cava è una condizione macro-economica che si potrebbe definire di oligopolio imperfetto, in cui il ruolo dell’Italia è importante soprattutto dal punto di vista della qualità e del “know -how”. Nondimeno, dal punto di vista del mercato, il suo volume d’affari ha fatto registrare una brusca decelerazione nel 2014: dopo un export dell’anno precedente pari a circa 70 milioni di dollari, in notevole ascesa rispetto ai 60 milioni del 2012 ed ai 56 milioni del 2011, le vendite italiane all’estero sono scese a circa 39 milioni, con un regresso del 44 per cento.
I Paesi in cui l’Italia aveva esportato nel 2013 macchine tagliatrici per almeno un milione di dollari sono scesi da quattordici a sette, talvolta sino ad azzerare il volume di traffico, come nei casi di Canada ed Hong Kong, ovvero a ridurlo drasticamente, come in quelli di Algeria o Bahrein. Al contrario, i Paesi che hanno incrementato le proprie importazioni dall’Italia sono soltanto quattro (Cina, Arabia Saudita, Regno Unito e Turchia) mentre gli Stati Uniti hanno conservato il ruolo di maggiore acquirente, confermando i dieci milioni di dollari dell’anno precedente.
Ciò sembra sottolineare che anche nelle macchine di cava, al pari di quelle utilizzate nella trasformazione, esiste una situazione di volatilità dovuta al carattere non sistematico degli investimenti produttivi, tanto più tangibile dal momento in cui anche quelli nel momento estrattivo hanno assunto dimensioni molto importanti.
Una seconda considerazione riguarda la struttura dell’export mondiale quale appannaggio di pochi Paesi sviluppati, ed in primo luogo, come si diceva, della Germania. Gli altri restano ancora comprimari: basti pensare che la stessa Cina cresce in maniera assai vischiosa ed è riuscita a conseguire non oltre due punti percentuali del mercato, mentre preferisce chiaramente le merci di provenienza altrui, figurando in seconda posizione nella graduatoria delle vendite italiane, che almeno marginalmente hanno evidenziato i progressi più cospicui in Arabia Saudita ed in Turchia.
L’Italia può aspirare a fare di più, ed a mettere a frutto, al pari di quanto accade nelle altre macchine per il lapideo, una capacità progettuale e distributiva, ivi comprese le strategie di servizio, certamente ragguardevole. Per progredire in misura conforme alle prospettive ed alle attese del mercato mondiale servono, caso mai, sinergie più adeguate, a cominciare dai supporti istituzionali e finanziari, sempre più importanti in un contesto concorrenziale molto selettivo.