I dati 2020 del settore lapideo dall’anteprima del XXXII rapporto Marmo e Pietre nel mondo

Le ipotesi circa l’andamento mondiale del settore lapideo che erano state formulate nel Rapporto precedente avevano assunto un carattere necessariamente negativo, come non era mai accaduto, nemmeno negli anni più difficili della congiuntura. In questo clima, i risultati finali conseguiti nel 2020 si possono definire addirittura accettabili, nonostante le flessioni effettivamente registrate che peraltro, come si evidenzia dettagliatamente nella XXXII edizione, si sono ridotte a pochi punti percentuali nel ragguaglio globale, senza dire che alcuni Paesi hanno chiuso il proprio bilancio di settore con un consuntivo di segno favorevole: cosa oggettivamente imprevedibile nei momenti peggiori dell’emergenza sanitaria.

Il Rapporto, che si giova di 174 tavole fuori testo, ha monitorato 130 Paesi di tutti i continenti, raggiungendo un nuovo massimo storico, riferibile a due terzi di quelli rappresentati in sede ONU, e mettendo a disposizione del comparto uno strumento di alta importanza strategica e tattica.

Nel volume esportato, momento portante del comparto, il risultato positivo ha coinvolto alcune realtà di rilevanza prioritaria.  Consolidando il proprio ruolo di leader mondiale, l’India ha incrementato le spedizioni all’estero nella misura complessiva del 6,2 per cento, scomposta in un 10,8 dei silicei grezzi e in un 8,7 del prodotto finito; dal canto suo, il Brasile ha annullato gli effetti del ristagno precedente con un aumento complessivo nell’ordine di un punto e mezzo, e di due punti e mezzo nei lavorati;  la Turchia, infine,  ha fatto registrare un consuntivo ancora migliore nell’export del prodotto finito, con una crescita di quasi tredici punti, senza eguali nell’esercizio.

Effetti considerevoli si sono avuti nel contenimento dei prezzi medi, consentito anche dagli incrementi della produttività. Anche per tale aspetto, il mondo lapideo ha saputo reagire bene all’emergenza, confermando un alto grado di reattività e di coerenza nella democratizzazione degli impieghi, più evidente nei maggiori leader extra-europei, ma con qualche apprezzabile manifestazione anche nel Vecchio Continente, come nel caso del Belgio. Ciò permette di guardare con fiducia all’avvenire, ma nello stesso tempo di confermare la necessità prioritaria di puntare sugli investimenti produttivi, perché la concorrenza è oltremodo attiva: lo dimostra il nuovo successo della pietra artificiale, giunta a controllare oltre un terzo dell’export complessivo espresso dal comparto lapideo aggregato, a suggello di un decennio in costante ascesa.

Se le luci che hanno confermato la vitalità di marmi e pietre, con riguardo soprattutto al granito, la cui incidenza produttiva e distributiva è cresciuta in misura non marginale, non sono mancate le ombre. In primo luogo, l’assunto vale per la Cina, seconda potenza lapidea mondiale, anche se il  regresso dell’export ha trovato una valida motivazione nelle tensioni della domanda interna.

Poi, l’assunto in parola vale per l’Europa, con riferimento prioritario a quella mediterranea, dove il regresso è stato più visibile nei Paesi iberici; e soprattutto vale per l’Italia, che accusa, assieme al ristagno ormai cronico dell’edilizia, un calo delle spedizioni all’estero pari a quasi metà dei vecchi massimi, parzialmente eliso sul piano dei risultati di gestione dal mantenimento del prezzo medio leader nel prodotto finito esportato.

A proposito dell’Italia, conviene aggiungere che il suo tradizionale punto di forza costituito dalle tecnologie, e in particolare dagli impianti di estrazione e lavorazione, continua a primeggiare nel mondo nonostante la concorrenza dei Paesi terzi, non sempre ottimale dal punto di vista delle garanzie nei temi di una giusta redditività e soprattutto della sicurezza. In tale situazione, la permanente leadership italiana è motivo di soddisfazione perché dimostra che le preferenze della clientela internazionale vanno confermando in misura crescente la strategia di acquisti selezionati, idonei a garantire, con la sicurezza, anche la qualità del prodotto finito.

A conti fatti, la flessione mondiale dello scambio lapideo ascritta nel corso del 2020 si è collocata nell’ordine dei quattro milioni di tonnellate, pari a circa sette punti percentuali, senza effetti nella produzione estrattiva rimasta quasi stazionaria, sia per effetto della maggior pressione esercitata dall’offerta sui mercati interni, sia per quello degli stoccaggi a magazzino delle quote eccedentarie. Al momento si tratta di un fenomeno sostanzialmente fisiologico che dovrà essere valutato negli effetti a breve e medio termine: il settore è in grado di assorbirlo, a patto che l’intervento sanitario coinvolga tutto il mondo nella misura necessaria a promuovere l’immunità, e che quello finanziario consenta anche a marmi e pietre di sviluppare strategie degli investimenti produttivi conformi alle potenzialità di una domanda selettiva, ma in grado di ampliare in modo apprezzabile le preferenze della clientela internazionale.

Contestualmente, è necessario che la volontà strategica degli Stati leader si adegui in maniera meno episodica alle raccomandazioni formulate da quasi mezzo secolo a cura dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, volte a promuovere l’impiego del materiale lapideo nella sua qualità di prodotto idoneo ad avviare un effetto moltiplicatore, specialmente nei distretti caratterizzati dalla mancanza di adeguate attività industriali a carattere alternativo o integrativo. In altri termini, idoneo a riconoscere il suo ruolo strategico.

L’impegno del momento imprenditoriale e delle forze sociali all’insegna di una ragionevole fiducia si è palesemente manifestato nel corso del 2020 alla luce di cifre che hanno sconfessato i timori di chi aveva messo in dubbio la sostanziale tenuta del comparto. In tale ottica, il XXXII Rapporto Aldus, oltre a costituire la tradizionale fonte d’informazione e di confronto, conferma il suo ruolo di mezzo a disposizione del momento politico per strategie oculate e per scelte ottimali, nell’auspicio che marmi e pietre, alla luce della consolidata idoneità ad avviare un volano di sano sviluppo, possano essere ancora una volta uno strumento per il rilancio delle attività produttive, e quindi della vita, in un momento aperto alla speranza, e alla fede nel comune progresso civile.

 

 

Gli elementi critici non mancano, anche a prescindere da quelli riferibili all’emergenza del momento, e costituiscono una strozzatura che condiziona maggiori potenzialità di ripresa e di sviluppo, al pari di quanto accade in altri settori, a cominciare da quelli strutturalmente contigui. Nondimeno, il comparto appare in grado di confermare un lungo trend di crescita, con un gradiente tanto più apprezzabile, nella misura in cui possa trovare adeguati supporti nell’intervento di carattere infrastrutturale, finanziario, strategico e promozionale, a conferma della consolidata capacità di contribuire alla cooperazione internazionale, e quindi, all’espansione economica, umana e civile del mondo contemporaneo.

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L’analisi di breve periodo, naturalmente condizionata dall’emergenza tuttora in atto, e tradotta in un regresso degli scambi nella misura di quattro milioni di tonnellate, cui si è fatto riferimento in precedenza, non può prescindere da quella di lungo termine, improntata a risultati ben diversi, in un quadro di consistente sviluppo.

Nel ragguaglio ventennale (2000-2020) caratterizzato da una crescita della produzione e degli scambi mondiali nell’ordine del 160 per cento, con una media di otto punti in ragione annua (per non parlare di un’espansione cinquantennale sostanzialmente decupla) i dieci Paesi leader hanno fatto registrare un tasso di sviluppo medio di quasi dodici punti, dando luogo a movimentazioni internazionali per circa quaranta milioni di tonnellate, contro i 16,7 dell’anno Duemila. C’è di più: i massimi protagonisti, vale a dire India, Turchia e Cina hanno ascritto consuntivi largamente migliori, con un’esportazione che nei primi due casi è aumentata di oltre trenta punti nel ragguaglio annuale. Il solo bilancio chiaramente negativo, in questo panorama di progresso che testimonia, se non altro, il gradimento del mercato mondiale e della committenza qualificata, è quello dell’Italia, che sconta una serie di difficoltà ormai consolidate, soprattutto di tipo strategico.

Detto questo, si deve porre in evidenza che il nuovo primato indiano, confortato da cifre giunte a oltrepassare un quarto dell’export mondiale, è stato conseguito con l’apporto determinante dei silicei grezzi, e più specificamente del granito, ma senza quello di una potente trasformazione locale del grezzo altrui, diversamente da quanto accade in Cina, dove l’incidenza di tali acquisti, anche nel 2020, ha superato di ben diciotto volte quella dell’India, anche alla luce di una domanda interna tuttora trainante.

Sta di fatto che i primi tre esportatori controllano il 55 per cento del traffico lapideo mondiale, contro il 33 per cento dell’anno Duemila. Ciò conferma che il processo di concentrazione, già in atto, è proseguito in maniera impetuosa, consegnando agli altri Paesi un ruolo tuttora importante, ma indubbiamente integrativo, inducendo rinnovati motivi di riflessione e di azione, in primo luogo sul piano politico.

Sintesi del 30° rapporto Marmo e Pietre nel mondo

(Foto Ennevi)

1. Premessa

Il trend di crescita del comparto lapideo mondiale ha trovato conferma nei consuntivi di produzione del 2018, ascrivendo un aumento dello 0,8 per cento e portandosi al nuovo massimo storico, pari a 153 milioni di tonnellate, al netto dei cascami di cava. Non altrettanto può dirsi per quanto concerne l’interscambio, sceso a 56,5 milioni di tonnellate, con una flessione di un milione e mezzo nei confronti dell’anno precedente, quando era stato raggiunto il nuovo massimo, nell’ordine dei 58 milioni. Ne consegue che la pressione dell’offerta ha trovato maggiori opportunità distributive sui mercati domestici, meno condizionati dalle crescenti difficoltà politiche e doganali che hanno influito sulla stasi del traffico lapideo internazionale.

La dinamica dell’interscambio ha tratto conferma dall’andamento dei valori medi, con riguardo prioritario a quelli del prodotto finito, che nell’aggregato riferito ai primi dodici esportatori mondiali ha fatto registrare un decremento di quasi sette punti, portandosi a 34,10 dollari per metro quadrato equivalente, anche se i Paesi leader nella graduatoria del prezzo medio – Italia, Grecia e Brasile – hanno posto in evidenza ulteriori aumenti. E’ logico presumere che il fenomeno sia stato caratterizzato da maggiori accentuazioni sui mercati nazionali, dove hanno trovato utilizzo, a parte le quote destinate a magazzino, sia la maggior produzione, sia la quota riveniente dal regresso quantitativo dell’ex-import: ciò, con una crescita degli impieghi più accentuata nei consumi correnti.

2. Produzione e scambi internazionali

Il volume estratto, al lordo delle perdite di escavazione e lavorazione, ha superato 310 milioni di tonnellate, con un andamento speculare a quello del prodotto finito, che si è ragguagliato a 90 milioni di tonnellate: l’ampiezza del differenziale, nonostante lo sviluppo della tecnologia e dei rendimenti unitari, attesta l’importanza di una questione di fondo come quella di collocazione e valorizzazione dei materiali di risulta, dal perdurante rilievo strategico e tattico in specie nelle economie mature, più sensibili ai problemi dell’ambiente. La produzione di manufatti, dal canto suo, si è ragguagliata a circa 1.670 milioni di metri quadrati equivalenti (riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2) alimentando ulteriormente il consumo mondiale.

Gli scambi internazionali, nonostante la congiuntura non ottimale dell’ultimo esercizio, restano la struttura portante nell’economia lapidea, con un ruolo nettamente superiore a quello dei prodotti concorrenti. In effetti, nel 2018 hanno interessato esportazioni ed importazioni che nell’aggregato complessivo di grezzi e lavorati bilanciano in circa 815 milioni di metri quadrati equivalenti ed in affari per oltre 20 miliardi di dollari: nel primo caso, con una flessione del 2,5 per cento che si deve prevalentemente ai grezzi, mentre quella del prodotto finito è stata pari a circa due punti, con una minusvalenza nel fatturato corrispondente, nell’ordine dei 400 milioni di dollari.

L’export, in fase di ulteriore concentrazione, è stato appannaggio largamente maggioritario dei sette massimi protagonisti: in ordine di valore, Cina, Italia, Turchia, India, Brasile, Spagna, Portogallo. Nel volume spedito, si è notevolmente consolidato il fatto nuovo già registrato nel 2017 con il sorpasso dell’India ai danni della Cina, che peraltro mantiene un forte vantaggio in valuta, collegato al fatto che le sue vendite all’estero sono costituite per una larghissima maggioranza da prodotti finiti. Giova aggiungere che i predetti Paesi, con l’aggiunta della Grecia, sono i soli ad avere collocato sul mercato lapideo mondiale marmi e pietre di loro produzione o trasformazione per oltre un milione di tonnellate cadauno, pari ad oltre il 72 per cento del traffico planetario.

Notevolmente più articolato, invece, risulta il consuntivo mondiale dell’import, con sei Paesi che hanno effettuato approvvigionamenti esteri per almeno un milione di tonnellate: nell’ordine, si tratta di Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Germania, India e Francia, con un aggregato pari al 45,6 per cento di quello mondiale. In proposito, è da rilevare la scomparsa dell’Italia nel ristretto gruppo degli importatori leader.

3. Concorrenza e consumi

Nel confronto con gli altri settori collegati all’edilizia, ed in particolare di quelli contigui, il bilancio del comparto lapideo resta competitivo, con un rapporto marginalmente migliorativo rispetto alla ceramica ed al grés porcellanato, che prevale di circa otto volte nel ragguaglio quantitativo espresso in termini di metri quadrati, ma soltanto di 3,4 in quello riferito al valore corrispondente, senza dire del suo interscambio che supera di poco la quinta parte della quantità prodotta, contro la forte maggioranza dei lapidei.

Al contrario, hanno confermato una crescita decisamente importante i consumi della cosiddetta pietra artificiale, specialmente in alcuni rilevanti mercati extra-europei: al riguardo, è da porre in luce come il valore globale dell’export di riferimento abbia ormai superato il 30 per cento di quello espresso dalla pietra naturale, contro il 21,5 per cento del 2010, e quindi, con un gradiente di sviluppo assai competitivo. D’altro canto, la pietra artificiale è costituita dal materiale di natura per una quota quantitativa quasi totalitaria, confermando il gradimento di parecchia clientela per i valori tecnologici ed estetici, che sono caratteristica essenziale di marmo, granito, travertino e prodotti similari.

L’impiego pro-capite è salito a 266 metri quadrati per mille unità, a fronte dei 264 dell’anno precedente e dei 117 del 2001, con una crescita annua di lungo periodo a doppia cifra, e quote assolute prioritarie in Cina, India e Stati Uniti, che peraltro figurano nelle retrovie della graduatoria unitaria, aperta da Svizzera, Corea del Sud, Arabia Saudita e Belgio, i soli Paesi che continuano ad esprimere un impiego superiore al metro quadrato per abitante, ma in regresso sia pure marginale rispetto agli ultimi consuntivi, diversamente da quanto è accaduto per altri protagonisti nello scacchiere lapideo mondiale, quali Portogallo e Spagna. Questa variabile, il cui trend di ascesa dimostra di essere in grado di prescindere dalle fluttuazioni del mercato internazionale, attesta che la crescita del settore può contare su risultati costanti, e soprattutto, sul probante gradimento degli utilizzatori.

Bisogna sottolineare che il ruolo più importante nel quadro della mondializzazione è svolto sempre dall’interscambio quantitativo, prima ancora che da quello in valore: l’assunto è da condividere se non altro per la comparabilità delle cifre di consuntivo in volume, anche nel lungo periodo, mentre quelle del giro d’affari sono condizionate dall’andamento del mix, da quello dei costi e dei prezzi, e talvolta da fattori monetari come le differenze di cambio e le eventuali svalutazioni o rivalutazioni. Si deve precisare, a proposito del mix, che la quota del grezzo ha interrotto la propensione alla crescita rilevata negli ultimi esercizi, anche a fronte degli investimenti nelle strutture produttive, in specie di trasformazione, effettuati da alcuni Paesi leader, con riguardo prioritario a quelli del continente asiatico. Ciò ha dato luogo, fra l’altro, ad un effetto secondario non trascurabile, come la riduzione della quota di trasporto del materiale destinato a discarica a fronte dei cascami di segheria e laboratorio.

Fra i caratteri salienti degli scambi che sono andati consolidandosi nel tempo, si deve fare riferimento alla conferma di un’altra realtà significativa di settore, pur nell’ambito delle accennate difficoltà congiunturali: la maggioranza dei consumi mondiali continua a riferirsi a materiali estratti e lavorati in Paesi diversi da quello di posa in opera, alimentando un indotto di grande rilevanza economica anche nel campo dei servizi, ed in primo luogo dei trasporti.

4. Maggiori produzioni mondiali

I primi sei produttori – nell’ordine: Cina, India, Turchia, Iran, Brasile, Italia – hanno espresso oltre sette decimi dell’estrazione mondiale, superando di oltre trenta punti la quota del 1996, ma ascrivendo alcune condizioni di stasi, talvolta più accentuate come nei casi del Brasile e dell’Italia, dove la congiuntura critica ha trovato motivazioni prevalentemente extra-settoriali. Invece, la maggiore propensione alla crescita è stata espressa dalle produzioni indiane, da leggere anche in sinergia con la crescente domanda di granito grezzo da parte cinese. La tendenza alla concentrazione, generalmente estesa alle fasi trasformatrici ed alla distribuzione, ne risulta comunque consolidata nonostante la crescita spesso ragguardevole di qualche realtà lapidea complementare, come in Macedonia od in Vietnam: basti pensare che allo stato delle cose sono soltanto undici i Paesi che sono in grado di mettere a disposizione del mercato una produzione superiore all’uno per cento del volume planetario.

In particolare, con quasi 50 milioni di tonnellate estratte, la Cina ha ribadito il suo primato produttivo con il 31 per cento di marmi e pietre prodotti nel mondo – in calo di circa un punto rispetto all’anno precedente – mentre l’India ha fatto registrare un’espansione quasi speculare, con una quota che è salita al 17 per cento.

I prezzi, alla luce di quanto si è detto, sono stati caratterizzati da un ripensamento talvolta molto significativo delle strategie precedenti, con cedenze anche vistose come è accaduto per le esportazioni dalla Turchia, dal Messico, dalla Francia e dalla stessa India, mentre hanno continuato a salire quelle dalla Grecia, e soprattutto dall’Italia, che per le sue spedizioni di manufatti lapidei, peraltro in ulteriore flessione quantitativa, ha potuto ascrivere il nuovo massimo di circa 78 dollari per metro quadrato equivalente contro i 71,7 dollari dell’anno precedente ed i 67,6 del 2016. L’andamento differenziato delle quotazioni, da interpretare in rapporto al mix distributivo, e per quanto riguarda i lavorati, alla diversa incidenza del valore aggiunto, dimostra che le strategie commerciali possono assumere caratteri alternativi anche nei Paesi leader, dovendosi confrontare con ampie differenze dei costi e con un mercato mondiale molto selettivo, caratterizzato da equilibri piuttosto elastici di offerta e di domanda.

Sul piano merceologico, i rapporti di forza tra materiali calcarei e silicei sono rimasti quasi stazionari, anche se in periodo lungo il gradiente di sviluppo dell’interscambio grezzo mondiale di marmo e travertino è stato notevolmente superiore a quello pur significativo del granito.

La Cina, pur confermandosi quale Paese leader in grado di determinare scelte strategiche anche in altri Paesi, ha visto diminuire la sua esportazione in volume per il quarto anno consecutivo, con una flessione di oltre un milione di tonnellate nei confronti del 2017 e di 3,2 milioni nel ragguaglio al 2014, mentre il decremento in valore è stato pari ad oltre 100 milioni di dollari nel confronto di breve periodo, ed a circa 1.200 milioni in quello di medio termine, con un saldo dell’interscambio nazionale che nel 2018 è sceso al di sotto dei tre miliardi. Il calo determinante è stato quello dei prodotti finiti, con perdite ragguardevoli nei maggiori mercati di sbocco, a cominciare da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, quale effetto di varie concause ivi compresa la sostanziale saturazione dei due mercati contigui, e prima ancora, le rinnovate vischiosità fatte registrare dagli acquisti nordamericani. Invece, le importazioni sono rimaste stazionarie, con ulteriore crescita di quelle del grezzo siliceo, in specie dall’India, a conferma del buon andamento della domanda domestica, e quindi dell’attività di segheria e laboratorio nel trattamento dei materiali importati, e naturalmente, delle produzioni domestiche.

A fronte della congiuntura cinese, improntata al ristagno dell’export, la conferma del primo posto nella graduatoria delle spedizioni quantitative mondiali da parte dell’India risulta sostanzialmente scontata ma ribadisce l’effetto psicologico riveniente dal sorpasso storico del 2017 a danno della Cina, se non altro per la visibile innovazione negli equilibri dell’interscambio mondiale. D’altra parte, è d’uopo sottolineare ancora una volta che tra le ragioni fondamentali del successo acquisito dall’India si deve annoverare l’incremento prioritario delle sue vendite di silicei grezzi proprio sul mercato cinese.

5. Italia: un ristagno annunciato

Nell’ambito dei maggiori Paesi lapidei, il consuntivo dell’Italia, pur contraddistinto dallo straordinario primato nel prezzo medio del manufatto, è stato ancora una volta negativo, con una diminuzione produttiva nell’ordine dei cinque punti ed una flessione del 9,6 per cento nell’export in quantità – netto da sottoprodotti – dovuta prevalentemente ai grezzi, con un regresso di circa 12 punti, e subordinatamente, al prodotto finito, dove la contrazione è stata pari al 7,5 per cento.

In conseguenza, si è nuovamente ampliato il differenziale negativo rispetto al massimo del 2000, nell’ordine del milione di tonnellate spedite e dei 28 punti percentuali, la cui maggioranza risulta concentrata nell’ultimo quinquennio, con un trend discendente interrotto marginalmente nel solo 2017.

L’importazione, dal canto suo, ha fatto registrare un’ulteriore diminuzione del 10,3 per cento che si aggiunge ai 26 punti perduti nel triennio precedente e che deve inquadrarsi nel permanente ristagno delle attività di segheria e laboratorio, oltre che in quello decisamente cronico dell’edilizia nazionale, con corrispondenti ulteriori effetti negativi sui livelli occupazionali: non a caso, negli ultimi dodici anni l’import lapideo italiano è diminuito per ben dieci volte, e risulta crollato del 63,4 per cento rispetto al massimo del 2006.

L’esportazione settoriale dall’Italia, sempre nel 2018, si è riferita a manufatti nella misura del 48,1 per cento del volume complessivo, con il recupero di oltre un punto rispetto all’anno precedente, mentre le spedizioni del grezzo, pur conservando la maggioranza assoluta, si sono ridotte al 51,9 per cento, con il tradizionale punto di forza del marmo, pari al 90,7 per cento dei grezzi venduti all’estero. La struttura dell’export italiano resta improntata ad una vocazione duplice: da un lato, quella di collocare sui mercati esteri il materiale grezzo più appetibile, e dall’altro, quella di una politica del manufatto sostanzialmente subordinata, che sottintende l’esistenza di carenze diffuse nelle strategie di verticalizzazione e di perseguimento del valore aggiunto, che nel settore lapideo – giova ricordarlo – consente di incrementare quello della materia prima, nell’ordine di parecchie volte.

In buona sostanza, il bilancio settoriale dell’Italia rimane assai problematico, sia nel breve termine che nel lungo periodo, e ripropone la necessità di adeguati interventi correttivi con riguardo prioritario al rilancio degli investimenti, pur avendo trovato un parziale antidoto alla flessione di produzione e vendite nell’ulteriore crescita dei prezzi di cui si diceva in precedenza, con particolare riguardo a quelli del materiale lavorato. In questo senso, è sempre lecito parlare di una “decrescita felice” sia pure per pochi, come da definizione utilizzata nel precedente Rapporto annuale.

6.Tecnologie di trasformazione

Un ruolo settorialmente fondamentale resta quello dell’indotto ed in particolare delle tecnologie di lavorazione: macchine e beni strumentali. Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2018 si è chiuso con una produzione mondiale sostanzialmente stazionaria – in linea con quella dei materiali – ed un volume complessivo stimabile in circa tre milioni di quintali, oggetto d’interscambio nella misura di due terzi: ciò, unitamente alla conferma del tradizionale primato italiano forte di un’esportazione che assomma al 57,2 per cento di quella europea in volume, ma in calo di circa 16 punti rispetto al 2017, mentre esprime oltre un quarto dello scambio mondiale interessando la maggioranza assoluta della domanda in parecchi Paesi del Vecchio Continente, senza contare diversi Stati extra-comunitari di notevole rilevanza settoriale, quali Brasile, Australia, Stati Uniti e Nuova Zelanda dove la copertura di mercato risulta di appannaggio italiano in misura superiore ad un terzo dei rispettivi valori di riferimento.

Ciò conferma, anche alla luce di un valore medio per unità di prodotto notevolmente superiore alla media mondiale, che la “leadership” italiana riviene da una qualità riconosciuta in termini di durata, rendimenti e sicurezza, ma nello stesso tempo da una funzionale politica di servizio, ivi compresa la fornitura di “know-how” e di assistenza nelle fasi di avviamento degli impianti e di formazione professionale.

L’export dall’Italia di macchine ed impianti per la trasformazione di marmi e pietre ha interessato spedizioni del 2018 nell’ordine dei 570 mila quintali, mentre il volume d’affari si è ragguagliato a circa 780 milioni di euro, con un valore medio per unità di prodotto che si è ragguagliato a 1371 euro/quintale, contro i 1454 dell’anno precedente (massimo storico) ed i 920 del 2008. Conviene aggiungere che la flessione del 2018 non mette in discussione lo specifico primato italiano nei confronti dei concorrenti più significativi, ed in primo luogo della Cina.

Tale flessione si è ragguagliata al 5,7 per cento, ma confermando la consolidata competitività italiana pur nel contesto di una concorrenza mondiale in crescita costante, soprattutto da parte della medesima Cina (ed in misura minore di Giappone e Germania). Non a caso, il giro d’affari cinese nell’export di macchine ed impianti per il settore lapideo ha raggiunto, sempre nel 2018, un valore pari a 482 milioni di dollari, che corrispondono al 52,7 per cento di quello italiano.

Il consuntivo della tecnologia italiana è completato dai beni strumentali, dove primeggiano tradizionalmente gli abrasivi e gli utensili diamantati, le cui esportazioni in valore hanno dato luogo a consegne per circa 350 mila quintali, con un fatturato per oltre 380 milioni di dollari che nell’ambito europeo risulta superato soltanto dal giro d’affari tedesco, ed in quello mondiale da Cina e Giappone, collocando l’Italia al quarto posto assoluto.

Vale la pena di sottolineare che il prezzo medio italiano dei beni strumentali, pari a 11 dollari/kg., è cresciuto del 18,3 per cento rispetto al 2017, aggiungendosi al precedente 21,4 per cento, con un forte recupero dopo parecchi anni di sostanziale stazionarietà, a conferma del rinnovato apprezzamento per il prodotto italiano, riconosciuto da parte del mercato mondiale anche nell’ambito dei consumabili dopo il “flop” della concorrenza a basso costo. Nella medesima ottica, è congruo rammentare il ruolo significativo assunto dalla cooperazione internazionale, con particolare riguardo alla realizzazione di sinergie fra Case italiane e Soggetti locali, finalizzata a promuovere iniziative di assemblaggio “in loco” ed approvvigionamenti di consumabili idonei a soddisfare le specifiche esigenze di mercato anche in termini di tempestività delle consegne.

7. Sviluppo del mondo lapideo

La movimentazione internazionale, asse portante della crescita mondiale di settore, è stata caratterizzata, come in passato, da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali. Si è confermato, peraltro, il ruolo importante dei trasporti ferroviari, sia a breve che a lungo raggio (ad esempio, negli approvvigionamenti cinesi di grezzi silicei provenienti dall’Europa settentrionale) mentre il numero di quelli su strada, funzionalmente complementari ai primi due, fatta eccezione per i casi di lavorazioni e consumi di mercato locale, è cresciuto in misura sostanzialmente proporzionale alle produzioni, con una stima pari ad oltre 50 milioni di carichi e scarichi.

L’esame differenziato per Paesi dimostra che lo sviluppo del mondo lapideo è governato da processi assai variabili: se gli aumenti maggiori sono stati conseguiti in Asia, dove si concentra la maggioranza assoluta di produzione ed interscambi, non sono mancati apprezzabili spunti reattivi anche in un’area assai matura come quella europea, attestando la permanente idoneità di marmi e pietre ad elidere gli effetti di una congiuntura economica verosimilmente non facile: tra i vari casi di rilevanza significativa basti rammentare quelli del Portogallo, della Grecia e della Macedonia, che hanno consolidato il proprio export, in larga maggioranza di marmo, nonostante le vischiosità di cui si è detto a proposito del contesto internazionale di settore.

Altri protagonisti di prima fascia che hanno dovuto confrontarsi con un rallentamento settoriale di rilevanza considerevole, oltre la media planetaria, sono stati Brasile e Turchia, anche alla luce della loro dipendenza prioritaria da un mercato in specifica difficoltà come quello nordamericano: nel primo caso, con una flessione globale di sette punti nell’export quantitativo del 2018, e nel secondo con una contrazione del 5,9 per cento, cui sono riferite minori spedizioni pari, rispettivamente, a 160 mila ed a 470 mila tonnellate. Ciò, senza contare che, soprattutto nel consuntivo della Turchia, si sono dovuti registrare ulteriori sacrifici notevoli del prezzo medio, con qualche effetto negativo in chiave di investimenti.

A proposito degli Stati Uniti si deve aggiungere che l’import lapideo del 2018 è rimasto quasi invariato in valore, con circa tre miliardi di dollari, mentre ha fatto registrare una forte contrazione in volume, nell’ordine di un quinto, con conseguente elevazione speculare del prezzo medio, giunto al nuovo massimo di oltre 50 dollari per metro quadrato equivalente, ma pressoché uguale a quello del 2013: ciò significa che l’ipotesi di politiche protezioniste a favore delle produzioni locali, di cui alle opzioni formulate ripetutamente dal Governo di Washington, ha indotto effetti diversificati nell’import del 2018, che ha maggiormente penalizzato gli acquisti dei prodotti di minor valore unitario.

Un buon consuntivo – pur nell’ambito di una produzione destinata in larga maggioranza ad un mercato interno forte di ottime tradizioni consolidate – resta quello fatto registrare dall’export iraniano, soprattutto a fronte delle spedizioni di grezzo in Cina, dove si è confermato al terzo posto nella graduatoria degli acquisti di calcarei, e segnatamente di travertini, dietro la Turchia (che continua a soddisfare oltre metà della domanda specifica) e l’Italia: ciò, ai danni principali di Spagna ed Egitto, un Paese – quest’ultimo – che ha cercato di potenziare la politica del valore aggiunto, al pari di quanto è accaduto in misura analoga in altri Paesi asiatici, sia del Vicino che del Medio Oriente.

Situazione sostanzialmente statica, in tendenza non difforme dalla congiuntura mondiale, è quella che riguarda il Sudafrica, con flessioni contenute dell’export in volume, e nello stesso tempo, con un ulteriore miglioramento del prezzo medio nei grezzi ma con una notevole flessione in quello dei lavorati. Al riguardo, si deve confermare che la distribuzione dei materiali sudafricani, con riguardo prioritario alle tipiche esclusive di granito, ha saputo coniugare i caratteri cromatici del materiale domestico, in grado di soddisfare una domanda sempre propensa all’acquisizione di colori forti, con la tradizionale strategia di valorizzazione della qualità e dei volumi estratti, le cui destinazioni prevalenti hanno continuato ad interessare l’Europa, ed in modo particolare l’Italia, ma con ottime posizioni anche in altri Paesi del Vecchio Continente, tra cui si deve citare la Polonia dove l’uso funerario del prodotto scuro può contare su consolidate tradizioni d’impiego.

8. Ipotesi avvenire

Le previsioni produttive di marmi e pietre nel mondo – pur improntate a criteri opportunamente prudenziali – rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche e dall’andamento pur contraddittorio dell’interscambio di breve periodo, ma anche da uno scontato incremento demografico seguito da quello sebbene contenuto dell’edilizia, restano favorevoli, tanto che nel 2025 il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a 190 milioni di tonnellate lorde, con un impiego superiore ai due miliardi di metri quadrati equivalenti, mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale andrebbe a definirsi in misura proporzionale, e quindi oltre il miliardo.

E’ fondato presumere che il trend del comparto lapideo mondiale, nonostante le situazioni di ristagno presenti nel sistema, possa riprendere con un tasso conforme a quello di lungo periodo, e soprattutto, alle attese della domanda mondiale; tuttavia si porranno ancora una volta maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento impiantistico e di collocazione dei cascami, a tutti i livelli nazionali e regionali. Sono problemi da affrontare tenendo conto del ruolo decisivo degli investimenti – e quindi del credito – e della necessità di potenziarli sia sul piano aziendale sia su quello aggregato, attraverso adeguati incentivi: ciò, tanto per il momento produttivo, quanto per quello della comunicazione e della promozione, con attenzioni particolari per la questione degli scarti, le cui difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale costituiscono ormai da tempo una strozzatura di evidenza prioritaria.

La cooperazione internazionale è certamente in grado di esercitare un ruolo propulsivo, se non altro alla luce degli impegni assunti dai Paesi sviluppati sin dal 2002, a cominciare dalle possibili soluzioni dei predetti problemi strategici, con un impatto tanto più concreto, nella misura in cui sia supportata dall’azione congiunta delle Organizzazioni imprenditoriali del comparto lapideo, che a livello sovranazionale non risulta funzionalmente conforme ad oggettive esigenze strategiche, tra cui hanno rilevanza prioritaria le attese del lavoro, le necessità imprenditoriali, e la riconosciuta idoneità del comparto lapideo ad avviare o potenziare opportune strategie di espansione.

Il mondo del marmo e della pietra possiede alti contenuti professionali e la possibilità di creare nuova occupazione con mezzi finanziari relativamente limitati, tanto che da oltre un cinquantennio è stato ritenuto idoneo – da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e delle stesse forze sociali di settore – a promuovere sviluppo anche nelle situazioni in cui ad altri comparti sarebbero precluse analoghe potenzialità strategiche e tattiche.

Quindi, ha diritto ad essere oggetto di consapevoli attenzioni istituzionali sia nei Paesi terzi, dove costituisce una significativa occasione per accrescere il valore aggiunto, sia in quelli maturi, attraverso il consolidamento di risultati socio-economici spesso notevoli: obiettivi tanto più importanti alla luce delle diffuse percezioni di precarietà, tipiche di una congiuntura oggettivamente difficile.

Marmo e pietre nel mondo. Sintesi del ventottesimo Rapporto annuale: consuntivo dell’esercizio 2016

Il trend di crescita del comparto lapideo mondiale avverte gli effetti di una congiuntura complessa in modo più significativo rispetto al passato. La grande crisi del 2009 era stata ampiamente superata nel quinquennio successivo, ma il bilancio del 2015 non era stato altrettanto favorevole, soprattutto nell’interscambio, caratterizzato da un regresso quantitativo del sette per cento. La tendenza si è nuovamente invertita nel 2016, ma il recupero è risultato circoscritto ad un punto, senza dire che ha coinciso con una flessione sia pure contenuta del valore corrispondente, e quindi con un sacrificio della redditività decisamente innovativo nei confronti delle strategie economiche settoriali dell’ultimo biennio.

L’utilizzo di marmi e pietre ha continuato a progredire sui mercati domestici, sia pure con un tasso ridotto: ciò, a fronte di una domanda sempre in tensione soprattutto nei maggiori Paesi protagonisti, a cominciare dalla Cina e dall’India, ma nello stesso tempo, quale conseguenza della maggiore offerta derivante dal contenimento dell’export, nell’ambito di una produzione meno elastica in quanto subordinata all’obbligo di valorizzare la capacità produttiva degli impianti ed il ritorno degli investimenti.

Giova ribadire che l’interscambio, fenomeno certamente decisivo nell’economia del comparto, ha visto una crescita limitata ai soli volumi, e soprattutto, ad alcuni Paesi leader. Al contrario, il giro d’affari ha manifestato rinnovate vischiosità, con un fatturato pari a circa 22 miliardi di dollari, concentrato in buona misura nell’export dei sette massimi esportatori: Cina, Italia, Turchia, India, Brasile, Spagna, Portogallo. In questa ottica, è fondato rilevare come il consuntivo del 2016 sia stato contraddistinto da una revisione della politica distributiva, con un occhio di ritrovate attenzioni per le attese di una committenza sempre interessata al giusto equilibrio fra qualità e prezzo: ciò, con un apprezzabile ritorno alla cosiddetta democratizzazione degli impieghi, che era stata carattere saliente del lungo periodo, dagli anni ottanta in poi, e che poi era stato subordinato alle opzioni prioritarie della gestione.

Nei confronti degli altri settori collegati all’edilizia ed in particolare di quelli contigui, il bilancio del comparto lapideo resta competitivo, con un rapporto sostanzialmente stazionario rispetto alla ceramica ed al grés porcellanato. Risultano in crescita, invece, i consumi della cosiddetta pietra artificiale soprattutto in alcuni importanti mercati extra-europei; d’altro canto, questo prodotto è costituito dal materiale di natura per una quota largamente maggioritaria, quasi a confermare il gradimento di parecchia clientela per i valori tecnologici ed estetici che sono caratteristica essenziale di marmi, graniti e materiali affini.

In assoluto, l’estrazione mondiale del 2015 è stata pari a circa 300 milioni di tonnellate al lordo delle perdite di cava e dei cascami di trasformazione: avuto riguardo ad un consumo complessivo per oltre un miliardo e mezzo di metri quadrati equivalenti, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2, risulta di tutta evidenza come la fondamentale questione degli scarti sia sempre prioritaria, sostanzialmente dovunque, ed in primo luogo nelle economie mature, più sensibili ad una ragionevole politica ambientale.
L’impiego pro-capite, dal canto suo, è salito a 252 metri quadrati per mille unità, a fronte dei 243 dell’anno precedente e dei 117 del 2001, con una crescita annua di lungo periodo nell’ordine dei tredici punti. Questa variabile, il cui trend di ascesa prescinde da ogni fluttuazione congiunturale, attesta in modo precipuo che la crescita di marmi e pietre conta su risultati probanti e sul gradimento degli utilizzatori, autorizzando previsioni di cauto ottimismo.

Emerge da queste cifre che il ruolo più importante nel quadro della mondializzazione è svolto sempre dall’interscambio quantitativo, prima ancora che da quello in valore: tenuto conto degli apporti di grezzo e lavorato, si è tradotto in un flusso pari ad oltre 790 milioni di metri quadrati equivalenti. Si deve precisare che la quota del grezzo è ulteriormente diminuita, scendendo sotto la soglia psicologica del 50 per cento ed evidenziando la ripresa di una modificazione strategica che aveva privilegiato l’economia di trasporto riveniente dalla maggiore movimentazione del prodotto lavorato.

Fra i caratteri salienti dell’interscambio lapideo, che sono andati consolidandosi nel tempo, si deve fare riferimento ad un’altra realtà significativa di settore: la maggioranza assoluta dei consumi mondiali si riferisce a materiali estratti e spesso trasformati in Paesi diversi da quello di posa in opera, alimentando un indotto di grande rilevanza economica, in primo luogo nel campo dei servizi.

I primi sei produttori (nell’ordine: Cina, India, Turchia, Brasile, Iran, Italia) hanno espresso il 71 per cento dell’estrazione mondiale, superando di oltre trenta punti la quota del 1996 e confermando le rispettive posizioni dell’anno precedente. La tendenza storica ad una progressiva concentrazione, generalmente estesa alle fasi trasformatrici ed alla distribuzione, ne risulta vieppiù consolidata. In particolare, la Cina, con circa 46 milioni di tonnellate estratte, ha ribadito il suo primato produttivo, con un terzo del volume di marmi e pietre prodotti nel mondo, mentre l’India ha fatto registrare un’espansione più celere, portandosi al 16 per cento della cifra planetaria.

I prezzi, alla luce delle opzioni gestionali di cui si è detto, comunque diversificate, sono stati caratterizzati da un ripensamento talvolta significativo delle strategie precedenti. Ad esempio, la stessa Cina, dove la quotazione media del finito aveva espresso una costante ripresa dal 2003 in poi, per accusare una flessione di qualche rilievo soltanto nel 2009, ha ceduto circa dieci punti nella quotazione del suo export di lavorati, scendendo dai 41,70 dollari per metro quadrato esportato nel 2015 ai 37,30 del 2016. Il fenomeno, cui non è estranea la dinamica dei cambi, conferma che le strategie distributive sono diventate duttili anche nei Paesi leader, dovendosi confrontare, in un mercato mondiale molto selettivo, con mutevoli equilibri di offerta e domanda, e con un differenziale di notevole ampiezza nei confronti delle economie mature, ed in particolare, di quelle dell’Europa occidentale. Cciò, con particolare riguardo all’Italia, che conserva il primato nella quotazione del manufatto lapideo spedito all’estero, pari a circa 67,60 dollari per metro quadrato, contro i 36,70 dei primi dodici Paesi esportatori, complessivamente considerati.

Sul piano merceologico, il 2016 ha visto un ulteriore recupero marginale del prodotto siliceo, soprattutto grazie agli apporti dell’India e della Cina, ferma restando la prevalenza quantitativa del calcareo, la cui incidenza sul consumo mondiale rimane intorno a tre quinti del totale. La destinazione prevalente è sempre quella degli impieghi nell’edilizia, con quote importanti destinate all’arredo urbano ed alla funeraria, nell’ambito di un ventaglio di consumi sostanzialmente stazionario.

A proposito della Cina, quale Paese leader in grado di determinare talune scelte strategiche anche in altri Paesi, si deve specificare che la sua esportazione in volume è diminuita di oltre un milione di tonnellate, dopo le 600 mila perdute nell’anno precedente, con un regresso del 9,1 per cento che sale al 13,5 per cento nel ragguaglio biennale; tuttavia, il calo dei prodotti finiti è rimasta stazionario, mentre è fortemente sceso il grezzo siliceo. I lavorati ad alto valore aggiunto hanno costituito il 78 per cento dei volumi cinesi spediti all’estero, con una crescita di sei punti, ed il 93 per cento del valore, in flessione di cinque. Sono ulteriormente diminuite le vendite di manufatti in Giappone, senza contare la battuta d’arresto negli Stati Uniti, mentre hanno trovato ottime conferme quelle in Corea del Sud ed in Vietnam, rispettivamente al primo e quarto posto della graduatoria. Il fatturato estero delle spedizioni cinesi, dal canto suo, è sceso del 10,4 per cento, riducendosi a 6,8 miliardi di dollari: talvolta anche i giganti piangono, pur confermando la loro appartenenza ad una dimensione massima.

Nell’ambito dei maggiori Paesi lapidei il consuntivo dell’Italia, contraddistinto dal primato di prezzo medio del manufatto, di cui si è detto, è stato notevolmente riflessivo, con una diminuzione produttiva marginale ed un nuovo calo dell’export in quantità – netto da sottoprodotti – pari al 7,3 per cento, dovuto tanto ai grezzi quanto ai lavorati; si è conseguentemente ampliato il differenziale negativo rispetto al massimo del 2000, salito a quasi 22 punti, la cui maggioranza risulta concentrata nell’ultimo triennio. L’importazione, specularmente, ha fatto registrare una diminuzione dell’ 8,5 per cento, da inquadrarsi in una permanente stasi del mercato interno, condizionato da un ristagno ormai cronico dell’edilizia: non a caso, negli ultimi dieci anni l’import lapideo italiano è diminuito per ben otto volte, e risulta più che dimezzato nei confronti del 2001.

L’esportazione settoriale dall’Italia, sempre nel 2016, si è riferita a manufatti per l’81,7 per cento del suo valore complessivo, con un’incidenza che costituisce il massimo del decennio, quasi a confermare, oltre a quella socio-economica, la sua preminente rilevanza strategica, mentre le spedizioni del grezzo hanno avuto un tradizionale punto di forza nel marmo, con circa nove decimi della rispettiva quota e cifre marginali per graniti ed altre pietre.

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Un ruolo settorialmente fondamentale resta quello dell’indotto ed in particolare delle tecnologie di lavorazione (macchine e beni strumentali). Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2016 si è chiuso con una produzione mondiale quasi stazionaria – al pari di quella dei materiali – stimabile in circa tre milioni di quintali, oggetto d’interscambio nella misura di due terzi, e la conferma del primato italiano forte di un’esportazione che assomma al 69,3 per cento di quella europea in volume, ed al 62,3 per cento del valore corrispondente, mentre esprime circa un quarto dello scambio mondiale, interessando la maggioranza assoluta della domanda in diversi Paesi del Vecchio Continente, senza contare taluni extra-europei di forte rilevanza settoriale, con punte molto significative in Brasile, Australia ed Etiopia, dove la maggioranza assoluta della copertura di mercato risulta di appannaggio italiano. Ciò, senza dire di altri progressi ragguardevoli come quelli ascritti dallo quota del “made in Italy” di tecnologia lapidea in Canada, Messico e Cile.

L’export italiano di macchine ed impianti per la trasformazione di marmi e pietre ha interessato spedizioni nell’ordine dei 600 mila quintali, in calo di circa 16 punti nei confronti dell’anno precedente: ma si deve considerare che nel 2015 era stato raggiunto il nuovo massimo storico assoluto. Il volume d’affari del 2016 si è ragguagliato a circa 700 milioni di euro, con un valore medio per unità di prodotto che è pervenuto, a sua volta, al nuovo massimo di 1184 euro/quintale, contro i 1112 dell’anno precedente, i 1058 del 2013 ed i 974 del 2012. Ciò, confermando una competitività consolidata, in primo luogo sul piano della qualità e delle politiche di servizio, pur nel contesto di una concorrenza mondiale in crescita costante.

Il consuntivo della tecnologia italiana è completato dai beni strumentali, dove primeggiano tradizionalmente gli abrasivi e gli utensili diamantati, le cui esportazioni in valore hanno dato luogo a consegne per circa 370 mila quintali, ed un fatturato per oltre 285 milioni di dollari, che nell’ambito europeo risulta superato soltanto da quello tedesco. Nondimeno, in entrambi i Paesi leader nell’Unione si registrano flessioni di rilievo rispetto ai corrispondenti massimi, che sono parzialmente da ascrivere alle operazioni di “joint-ventures” effettuate in Paesi terzi dalle rispettive Case produttrici.

La movimentazione internazionale è stata caratterizzata, come in passato, da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali. Si è confermato, peraltro, il ruolo importante dei trasporti ferroviari, sia a breve che a lungo raggio (ad esempio, negli approvvigionamenti cinesi di grezzi silicei provenienti dall’Europa settentrionale, peraltro in flessione pur essendo avvantaggiati dai nuovi tratti di Alta Velocità) mentre il numero di quelli su strada, funzionalmente complementari ai primi due fatta eccezione per i casi di lavorazioni e consumi di mercato locale, è cresciuto in misura sostanzialmente proporzionale alle produzioni, con una stima pari ad oltre 50 milioni di carichi e scarichi..

L’esame differenziato per Paesi dimostra che lo sviluppo del mondo lapideo è governato da processi assai variabili: se gli aumenti maggiori di estrazione e trasformazione sono stati conseguiti in Asia, non sono mancati apprezzabili spunti reattivi anche in un’area matura come quella europea, attestando la permanente idoneità di marmi e pietre ad elidere gli effetti di una congiuntura economica certamente non facile.

Consuntivi di segno negativo sul piano del fatturato estero, in specie di grezzi, ed in controtendenza rispetto ad un lungo trend di crescita, sono stati nuovamente registrati in Brasile, nonostante la significativa politica di valorizzazione delle pietre locali, con particolare riferimento al granito; senza dire della Turchia che continua a scontare la minore propensione all’acquisto di calcarei grezzi da parte cinese, mentre l’export di manufatti verso il tradizionale mercato statunitense non ha fatto registrare uno sviluppo conforme alla potenzialità della domanda, avendo coinciso con un regresso inatteso dell’import nordamericano di lavorati, che è stato pari al 6,1 per cento, interrompendo la tendenza positiva in atto da sei anni.

E’ appena il caso di sottolineare che l’inversione di tendenza registrata negli Stati Uniti suscita perplessità rese più rilevanti dall’annuncio di politiche protezioniste a favore delle produzioni locali, di cui ai nuovi programmi formulati dal Governo di Washington.

In aumento, sia pure circoscritto, risulta l’export dall’Iran, il solo Paese di rilievo ad avere incrementato le spedizioni di grezzo in Cina, dove ha raggiunto il quarto posto nella graduatoria dei rispettivi acquisti, dietro Turchia, Italia ed Egitto: un Paese, quest’ultimo, che sta potenziando la politica del valore aggiunto, al pari di quanto accade, sia pure in misura quantitativamente meno ampia, in Giordania e soprattutto in Palestina, dove l’incidenza del lapideo sul prodotto interno lordo si colloca da tempo ai vertici mondiali.

Una crescita interessante del prodotto finito riguarda anche il Sudafrica, nonostante la concomitanza con una buona ripresa del grezzo, che peraltro resta tuttora lontano dai massimi storici del suo export. Al riguardo, è congruo evidenziare come lo sviluppo distributivo dei manufatti sudafricani abbia saputo coniugare i caratteri cromatici del granito domestico e quelli di una domanda internazionale propensa all’acquisizione di colori forti, con la tradizionale strategia di valorizzazione della qualità e dei volumi estratti, le cui destinazioni prevalenti hanno continuato ad interessare l’Europa ed in modo particolare l’Italia, ma con ottime posizioni anche in Polonia, dove l’uso funerario del prodotto a pigmentazione scura fruisce di tradizioni consolidate.

Le previsioni produttive di marmi e pietre nel mondo, pur improntate a criteri opportunamente prudenziali rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche e dall’andamento pur contraddittorio dell’interscambio di breve periodo ma anche da uno scontato incremento demografico seguito da quello dell’edilizia, restano favorevoli, tanto che nel 2020 il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a circa 170 milioni di tonnellate con un impiego non lontano dai due miliardi di metri quadrati equivalenti mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale andrebbe a definirsi in misura proporzionale, e quindi oltre il miliardo di metri.

E’ fondato presumere che il trend del comparto lapideo mondiale, superato il collo di bottiglia indotto dalle situazioni di ristagno presenti nel sistema, possa riprendere con un tasso conforme a quello di lungo periodo; si porranno, tuttavia, maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento impiantistico e di collocazione dei cascami, a tutti i livelli nazionali e regionali. Sono problemi da affrontare tenendo conto del ruolo decisivo degli investimenti – e quindi del credito – e della necessità di potenziarli sul piano aziendale attraverso adeguati incentivi: ciò, sia per il momento produttivo, sia per quello della comunicazione e della promozione, con attenzioni particolari per la questione degli scarti, le cui difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale costituiscono una strozzatura di evidenza prioritaria.

La cooperazione internazionale è certamente in grado di esercitare un nuovo ruolo propulsivo, a cominciare dalle possibili soluzioni di questi problemi strategici, con un impatto tanto più concreto nella misura in cui sia supportata dall’azione congiunta delle Organizzazioni imprenditoriali del comparto lapideo, che a livello sovranazionale non è ancora conforme ad esigenze politiche oggettive, ai bisogni delle imprese e del fattore lavoro, ed agli stessi auspici storici.

Il settore possiede contenuti professionali molto alti e la possibilità di creare nuovi posti di lavoro con mezzi finanziari limitati, tanto che da quasi mezzo secolo è stato ritenuto ufficialmente idoneo – anche da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – ad avviare processi di espansione laddove altri comparti non potrebbero esprimere analoghe capacità strategiche e tattiche. Quindi, ha diritto ad essere oggetto di consapevoli attenzioni sia nei Paesi terzi, dove costituisce un’occasione importante di incremento del valore aggiunto, sia in quelli maturi, dove si traduce in aggregati di notevole importanza dal punto di vista economico, tanto più importanti in permanenza di una congiuntura economica ed occupazionale obiettivamente complessa.

presentazione del XXVII Rapporto lapideo mondiale: spunti di riflessione ed auspici di sviluppo

presentazione rapportoIl comparto lapideo mondiale, pur nell’ambito di un trend in costante ascesa, ha fatto registrare nel 2015 una significativa contrazione dell’interscambio quantitativo, cui ha fatto riscontro la buona tenuta dei mercati domestici, che ha consentito un ulteriore incremento dei volumi produttivi, sia pure marginale. Nondimeno, il fatto saliente ascritto dalla congiuntura internazionale è stato un forte aumento della redditività, in specie nei Paesi extra-europei protagonisti, ed in particolare in Cina, che ormai esprime un terzo della produzione mondiale ed un quarto dell’export.

 

Tali valutazioni costituiscono una componente significativa del nuovo Rapporto lapideo mondiale, giunto alla ventisettesima edizione, e presentato alla Fiera di Verona  ad iniziativa dell’Autore Carlo Montani e della Casa di Edizioni Aldus, nell’ambito di una tradizione ormai consolidata.

 

A conferma dell’interesse suscitato da uno strumento di grande importanza professionale come il Rapporto, anche quest’anno la conferenza scaligera si è distinta per un buon concorso di pubblico e per il livello del dibattito, alla presenza di operatori, giornalisti ed “opinion makers” provenienti da vari Paesi di significativa rilevanza lapidea (Brasile, Germania, Grecia, India, Polonia, Russia, Taiwan).

 

Nella prolusione del Dr. Valsecchi (Direttore Commerciale di Veronafiere), che ha portato il saluto del Presidente Danese ed illustrato i  nuovi primati della manifestazione, sia a livello di espositori (oltre 1650, con un aumento di dieci punti rispetto all’edizione precedente), sia nell’ambito dei Paesi presenti (con alcune “new entries” di notevole valenza settoriale come l’Angola ed i rientri altrettanto ragguardevoli di Afghanistan e Indonesia), si è dato atto del ruolo formativo ed informativo del Rapporto, la cui presentazione, ormai da tanti anni, figura nel programma ufficiale di Marmomacc.

 

Il Prof. Vikram (Stone Technology Center, Jaipur) ha posto in evidenza i problemi per gli operatori indiani, rivenienti da una soverchia liberalizzazione dell’import di materiale grezzo, pur nell’ambito di una politica internazionale rivolta alla promozione degli scambi, ed ha insistito sulle conseguenze negative di talune strategie imprenditoriali fondate ancor oggi sul prezzo contenuto, anziché su una ragionevole crescita della produttività, in specie per i semilavorati ed i prodotti finiti. Infine, ha illustrato motivate preoccupazioni circa la concorrenza “ingannevole” della ceramica e della cosiddetta pietra artificiale.

 

Da parte del Dr. Lo Balbo (Fillea – Cgil, Roma), è giunta la conferma che il nuovo contratto nazionale di lavoro è una realtà: il documento ufficiale verrà firmato a Milano il 5 ottobre, e sarà valido sino al 2019.  La trattativa è stata lunga e difficile, ma corretta, con innovazioni importanti non solo nella componente salariale, ma anche in quella normativa, con particolare riguardo alla sicurezza, il cui adeguamento è diventato un’esigenza stringente, alla luce di un tasso infortunistico inaccettabile: non si può pensare che le norme vigenti siano sostanzialmente sfornite di sanzioni, e che il settore non sia governato da una legge quadro moderna e funzionale, idonea a superare i limiti naturali di quella del 1927, tuttora in essere.

 

Il collasso edilizio italiano, le pregiudiziali di un fondamentalismo ecologista assai pervicace, le carenze culturali di taluni imprenditori, e la permanente classificazione dei lapidei come materiali di seconda categoria, si collocano (a giudizio del geologo Dr. Mancini, Seravezza) fra i motivi salienti della crisi italiana, elisa solo parzialmente da una vocazione esportatrice in ulteriore aumento. Di qui, la necessità di  aggiornamenti normativi ormai indispensabili.

 

 

 

 

In sintonia con gli interventi di cui sopra, il prof. Careddu (Università degli Studi, Dipartimento di Arte Mineraria, Cagliari), dopo avere rammentato la situazione critica in cui versa il comparto lapideo sardo, ma anche la considerevole espansione di quello calcareo, con specifico riguardo al distretto produttivo di Orosei, ha confermato la necessità di una volontà politica capace di comprendere il ruolo strategico del settore, conforme a quanto accade in diversi altri Paesi, anche si seconda fascia. In assenza di questa volontà, il futuro dell’Italia non sembra capace di recuperare un ruolo protagonista.

 

Non si debbono dimenticare, nell’ottica di una valorizzazione del settore a tutto campo, i valori culturali del marmo e della pietra, che gli assicurano la continuità di tradizioni storiche millenarie, indisponibili in altri comparti contigui. Ecco un assunto su cui ha insistito l’Arch. Camaiora (Carrara), non senza sottolineare l’importanza determinante del valore aggiunto nell’economia lapidea, oltre a quella di una compatibilità ambientale competitiva e di una certificazione tecnologica che esalta l’idoneità all’impiego, naturalmente differenziato, di ogni pietra.

 

Adesioni di rilievo sono state formulate dalla Dr.ssa Judy Wen (Taiwan), dal Dr. Becker (Stone Ideas, Berlino) e dalla Dr.ssa Magda Konstantinidou (Stone Group International, Thessaloniki): quest’ultima, anche in riferimento alle specifiche attenzioni che nel Rapporto sono state attirate sull’idoneità del marmo ad esercitare una buona azione anticiclica nei Paesi condizionati da una congiuntura economica sfavorevole.

 

Il Dr. Canali (Aldus, Carrara), quale Editore del Rapporto a far tempo dal 2010, quando la crisi della finanza internazionale parve indurre prospettive di segno negativo anche nel campo della carta stampata, ed in particolare dell’editoria tecnica, ha sottolineato che il problema non è esistito e non esiste, quando la qualità del prodotto sia conforme alle attese del mercato, come nel caso di specie. Non a caso, il Rapporto è ulteriormente cresciuto, con 110 Paesi monitorati (pari ad oltre nove decimi della produzione lapidea mondiale), e nell’ultimo triennio, con un allegato di grande rilievo monografico e specialistico come il “Dossier Brasile” trilingue, dovuto alla fattiva collaborazione di Abirochas.

 

Nelle conclusioni, l’Autore, dopo avere espresso un rinnovato ringraziamento alla Fiera di Verona, massima protagonista della promozione mondiale di settore, ha posto in ulteriore evidenza come la congiuntura del 2015 si sia  distinta, molto più delle precedenti, per la notevole crescita della redditività, cosa che presume un’ipotesi di conseguente impulso agli investimenti, e quindi, ad un rinnovato sviluppo conforme alle grandi opportunità proposte dai mercati, ed ai valori tecnici, estetici e culturali, tipiche esclusive del marmo e della pietra; ciò, senza trascurare la disponibilità di una tecnologia d’eccellenza come quella italiana, leader mondiale per produzione ed export, che assicura ad ogni committente parametri sempre più avanzati di rendimento, qualità e sicurezza.

Il XXVI° Rapporto Marmo e Pietre nel mondo presentato alla stampa di settore coreana

koreamontaniLa funzione di un libro è quella di essere letto. La soddisfazione di produrre, ogni anno, uno strumento indispensabile alla cultura di settore e alle valutazioni macroeconomiche sull’industria lapidea a livello mondiale ha riscontri oggettivi e vastissimi.
Il nostro lavoro, discusso e analizzato in tutti i continenti, è stato oggetto di una interessante presentazione presso gli addetti del lapideo coreano. Ne siamo orgogliosi.

Il 26° Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo: nel 2014 raggiunti i 23 miliardi di dollari di interscambio

(Foto Marmonews)

(Foto Marmonews)

Il settore marmo-lapideo mondiale ha continuato anche nel 2014 il trend di crescita(+3,8% sull’anno precedente), registrando il quinto incremento consecutivo dalla crisi del 2009, grazie ad una produzione globale di materiali che ha superato i 100 milioni di metri cubi lordi, pari a 80 milioni di tonnellate (al netto degli scarti di cava) e ad 1,5 miliardi di metri quadrati di manufatti, equivalenti allo spessore convenzionale di una lastra di marmo di 2 centimetri.

È questa la situazione del comparto internazionale, fotografata dal 26° Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo, curato da Carlo Montani per la casa editrice Aldus, e presentato in anteprima, nel corso della 50ª edizione di Marmomacc, la manifestazione di riferimento per il business e la cultura legati alla pietra naturale, in programma fino a sabato 3 ottobre alla Fiera di Verona.  

La destinazione d’impiego prevalente di marmi e graniti è sempre quella dei pavimenti e dell’arredo d’interni. La quantità di prodotti lavorati sul mercato è aumentata di oltre tre volte negli ultimi venti anni: oggi il “consumopro-capite di marmo a livello mondiale è pari a 237 metri quadrati ogni mille abitanti; solamente Svizzera, Belgio, Arabia Saudita e Taiwan possono vantare un rapporto di un metro quadrato a persona.

«Nonostante ci sia una esplosione significativa dell’industria lapidea anche in paesi come Giordania, Oman, Mongolia e Vietnam spiega Montani –, in futuro si assisterà sempre più ad una concentrazione produttiva in pochi nazioni che già oggi, vede la Cina al primo posto, seguita da India, Turchia, Brasile, Italia e Spagna che insieme totalizzano più del 70% dei traffici».

Negli scambi internazionali, i volumi complessivi di export hanno toccato 56,9 milioni di tonnellate (+6,7%), di cui 29,5 tonnellate di materiali grezzi (+5%) e 27,4 tonnellate relative ai lavorati (+8,7%). Nell’ultimo ventennio, il flusso di esportazioni mondiali è quasi quadruplicato.

Il giro d’affari dell’interscambio lapideo globale, nel 2014, ha raggiunto i 23 miliardi di dollari, dei quali il 75% derivati dall’apporto del prodotto lavorato. A livello di fatturato derivante dall’export, i primi quattro paesi sono, nell’ordine: Cina, Italia, Turchia e India, seguiti da Brasile, Spagna e Portogallo. 

Per quanto riguarda l’import, la Cina resta sempre al primo posto per acquisti di materiale grezzo, seguita da Taiwan, mentre il prodotto finito prende la destinazione soprattutto dei mercati di Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Belgio, Corea del Sud e Arabia Saudita.

Il Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo rappresenta da 26 anni una vero e proprio punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori: quest’anno ha raggiunto il record storico di 110 nazioni monitorate, con oltre 24mila vocieconomiche e statistiche, basate su fonti Eurostat, ComTrade e Abi Rochas.

Vedi anche Le dinamiche storiche e congiunturali del lapideo in Italia

XXV rapporto marmo e pietre nel mondo (2014) – testo integrale

copertina XXV rapportoPREFAZIONE

Il Rapporto lapideo mondiale giunge alla venticinquesima edizione annuale, evidenziando ulteriori crescite del settore nel momento produttivo, nella distribuzione e nel consumo: in questo periodo le cifre fondamentali sono quintuplicate, permettendo di superare la stasi del 1998 e la crisi del 2009, e confermando lo stato di salute di marmi e pietre, ben oltre la congiuntura critica che permane in diversi Paesi. Si tratta di risultati che bisogna sottolineare a più forte ragione, laddove si pensi al carattere relativamente elastico della domanda lapidea, ed al fatto che due terzi degli impieghi si riferiscono all’edilizia, la cui condizioni non sono affatto ottimali, soprattutto in Occidente.
Il comparto, in buona sostanza, possiede tradizioni di ruolo e di cultura che si coniugano felicemente con un rilievo socio-economico sempre più importante, la cui funzione, col passare degli anni, è diventata strategica, in conformità alle singolari potenzialità di sviluppo, poste in luce sin dal 1964, quando venne fondata la Federazione dell’Industria Marmifera Europea, e definite in senso programmatico dieci anni dopo, quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite, muovendo dall’idoneità del lapideo ad avviare politiche di sviluppo regionali e locali, si compiacque di sollecitare il momento politico ad agire in conseguenza.
Ciò significa che le prospettive di ulteriore espansione, rivenienti dalle estrapolazioni delle serie storiche e corroborate da un mercato assai vivace, saranno tanto più apprezzabili nella misura in cui vengano sostenute consapevolmente a livello istituzionale, come è già accaduto in diversi Paesi.

In questo senso, il ruolo del Rapporto trascende la dimensione puramente statistica, perché consente di impostare le scelte politiche, per non dire di quelle aziendali, in un’ottica conoscitiva di base, improntata ad esaustive ricerche di marketing.
Queste considerazioni assumono specifica importanza a cinque anni dalla crisi del 2009, i cui effetti a lungo termine continuano ad essere significativi in altri settori dell’aggregato edile, mentre sono stati prontamente elisi dal lapideo, in concomitanza con un nuovo aumento della sua quota di mercato, sia pure relativamente contenuta. Ciò vuol dire che i caratteri tecnologici ed estetici del prodotto di natura sono oggetto di un apprezzamento non effimero, su cui è possibile costruire una politica di crescita industriale, e quindi di investimenti, sia nel campo produttivo che in quello strettamente promozionale.
L’assunto deve essere esteso alle tecnologie, con particolare riguardo alle strutture impiantistiche ed ai beni strumentali, cui il Rapporto dedica rinnovate ed approfondite attenzioni, ed il cui ruolo nello sviluppo di marmi e pietre è assolutamente fondamentale, grazie all’apporto decisivo della ricerca e delle macchine italiane, nel quadro di una strategia di ottimizzazione della produttività, non disgiunta dalla sicurezza e dal perseguimento di livelli qualitativi sempre più avanzati.
La crescita lapidea è collegata a quella dell’occupazione, in quanto la componente professionale continua ad avere un’incidenza importante sui costi produttivi e distributivi. Anche a prescindere dalle stime più recenti, nell’ordine mondiale dei venti milioni di unità, quella del lapideo costituisce un fenomeno di evidente importanza socio-economica, capace di affermare nelle cave, nelle segherie e nei cantieri la dignità di un nobile lavoro, cui si debbono, a più forte ragione, tutte le attenzioni di una vera politica, intesa come arte di operare nella vita associata per il bene comune.

QUADRO MACRO-ECONOMICO

Il prodotto lordo mondiale ha raggiunto un nuovo massimo storico, superando 70 mila miliardi di dollari (tav. 1) e confermando la tradizionale concentrazione in un numero relativamente circoscritto di Paesi: i primi quindici esprimono i tre quarti del totale, lasciando agli altri, che sono oltre duecento, la cifra a saldo. Gli aumenti più significativi sono stati ascritti ancora una volta da Stati Uniti e Cina, il cui reddito nazionale costituisce un terzo di quello planetario, mentre le variazioni negative di maggiore rilievo hanno avuto riguardo all’Europa, coinvolgendo in misura apprezzabile anche il Brasile.
L’attività edilizia, dopo il ristagno che aveva fatto seguito alla crisi del 2009, ha invertito la tendenza ed ha fatto registrare, nei maggiori Paesi industriali, una prima ripresa significativa, nell’ordine medio del 5,1 per cento (tav. 2). Ciò, sebbene in Cina, primo Paese costruttore mondiale, nel 2013 sia stato sostanzialmente confermato il livello dell’anno precedente, mentre negli Stati Uniti l’aumento è stato a doppia cifra, a fronte di un volume delle nuove costruzioni rimasto assai lontano, peraltro, dai massimi storici. Incrementi di rilievo si sono avuti anche in Giappone e soprattutto in Turchia, dove l’attività costruttiva, diversamente da quanto accaduto altrove, è pervenuta ad un nuovo record.
Nel lungo periodo non sono molti i Paesi che abbiano ascritto consuntivi di segno favorevole, a conferma di una congiuntura edile che continua ad essere vischiosa: come attestano gli indici, nel gruppo di riferimento la crescita si è avuta soltanto per la stessa Turchia, seguita da Corea del Sud, Cina, Russia, Polonia e Germania (tav. 3): tutti Stati che, a vario titolo, hanno potuto contare su fattori congiunturali più favorevoli allo sviluppo.
Con circa quattro milioni di unità residenziali costruite nel 2013, la Cina, nonostante la tendenza alla stasi di cui si è detto, resta il primo costruttore mondiale con largo vantaggio su Giappone, India, Russia e Turchia, che seguono nelle posizioni di graduatoria immediatamente successive (tav. 4). La concentrazione di cui si è detto a proposito del PIL trova conferma, secondo logica, anche nelle cifre dell’edilizia.
Le correlazioni di queste cifre con i consumi lapidei sono di tutta evidenza: dove si costruisce di più, le potenzialità d’impiego sono proporzionalmente maggiori, sebbene vadano ponderate con altri fattori importanti quali la disponibilità delle risorse locali, la propensione ad investire nel prodotto di qualità e la forza della concorrenza. Non a caso, Cina, India e Turchia figurano ai vertici della produzione e della trasformazione di marmi e pietre, mentre Giappone e Russia sono ottimi consumatori d’importazione.
L’edilizia europea, come si diceva, opera in condizioni quantitative largamente inferiori ma ciò non costituisce una strozzatura insuperabile per quanto concerne l’impiego lapideo, che anzi si colloca, per quanto concerne il livello pro-capite, a livelli mondiali competitivi, se non addirittura massimi, come nei casi del Belgio o della Svizzera. In altri termini, marmo e pietre debbono necessariamente contare sulla presenza di un’edilizia significativa sul piano quantitativo, ma nello stesso tempo, possono fare affidamento sul fattore qualitativo, sempre in grado di fare la differenza. Non a caso, anche in Brasile l’effetto negativo riveniente dalla riduzione del prodotto lordo è stato nullo in campo lapideo, grazie alla forza dell’export non disgiunta dallo sviluppo del consumo interno indotto dalla qualità.

PRODUZIONE MONDIALE

Il trend di crescita dell’escavazione di marmi e pietre è proseguito anche nel 2013, mettendo a segno il quarto aumento consecutivo, che ha portato la quantità prodotta non lontano dai cento milioni di metri cubi lordi, con una maggiorazione in volume, rispetto all’anno precedente, nell’ordine dei cinque milioni, pari al 5,3 per cento (tav. 5). Il netto di competenza si è ragguagliato a 48,2 milioni di metri cubi, cui corrispondono 130 milioni di tonnellate.
A sua volta, la produzione netta di materiali pronti per l’impiego, detratti gli scarti di segheria e di laboratorio, ha raggiunto 76,7 milioni di tonnellate, mentre la ripartizione merceologica fra calcarei, silicei ed ardesiaci ha sostanzialmente confermato le incidenze precedenti, che vedono la prevalenza di marmo e travertino nella misura di tre quinti del totale (tav. 6). In effetti, anche le quote del consumo si sono andate stabilizzando, pur nell’ambito di qualche maggiore preferenza per i calcarei, indotta da una disponibilità tuttora maggiore.
La somma degli scarti di cava e di trasformazione è pervenuta a 190 milioni di tonnellate: un volume decisamente cospicuo, che induce un problema strategico certamente prioritario per il settore: quello della collocazione, e per quanto possibile, dell’idonea valorizzazione di questi materiali.
L’apporto dei Paesi asiatici alla produzione lapidea mondiale, ormai largamente prevalente, continua ad esprimere maggiorazioni quantitative, grazie al contributo determinante di India e Cina, mentre quello europeo ha fatto registrare un ulteriore regresso, che nel 2013 è stato pari ad un punto percentuale rispetto all’anno precedente (tav. 7). E’ da sottolineare, inoltre, il buon aumento dell’America Latina, indotto dalla crescita brasiliana.
Il volume dei manufatti lapidei è salito a 1.420 milioni di metri quadrati, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2, con una crescita di 70 milioni nei confronti del 2012, a cui hanno contribuito in maniera determinante i quattro maggiori protagonisti del comparto: nell’ordine, Cina, India, Turchia e Brasile (tav. 8), che sono riusciti ad esprimere oltre il 61 per cento del totale. Per converso, è proseguito l’andamento riflessivo dei Paesi europei, e segnatamente di quelli mediterranei: nell’Unione, il calo produttivo è stato comunque contenuto, essendosi limitato a mezzo milione di tonnellate ed al 3,3 per cento (tav. 9).
Un cenno particolare compete all’Italia, la cui produzione estrattiva corrisponde ad un volume di prodotto finito pari a 76,5 milioni di metri quadrati equivalenti, con la Toscana in posizione di netto vantaggio sul Lazio e sulle altre Regioni (tav. 10); ma nello stesso tempo, con quote notevolmente diverse rispetto a quelle dell’export, dove i due terzi del volume spedito sono appannaggio del Veneto e della stessa Toscana con apporti praticamente paritetici.

A livello mondiale, il prodotto finito si è differenziato tra consumi edili ed impieghi diversi nelle proporzioni rispettive di tre quarti ed un quarto: nel primo caso, con destinazioni prioritarie a pavimenti, lavori speciali e rivestimenti, e nel secondo, all’arte funeraria ed all’arredo urbano (tav. 11). Giova porre in evidenza che nel periodo lungo la quota che ha fatto registrare il tasso di crescita più alto è stata quella dei lavori speciali, cui hanno contribuito in misura significativa l’avanzamento tecnologico e la diffusione ormai generalizzata del controllo numerico.

SCAMBI INTERNAZIONALI

Il trend di crescita dell’interscambio lapideo mondiale è proseguito anche nel 2013, ascrivendo il quarto aumento consecutivo annuale, dopo la battuta d’arresto fatta registrare con la crisi del 2009. Più specificamente, i volumi globali dell’esportazione e della corrispondente importazione si sono ragguagliati a 53,3 milioni di tonnellate, con un incremento rispetto all’anno precedente che è stato pari ad un milione e mezzo di tonnellate, ed a circa tre punti percentuali: alla luce del dato produttivo, in crescita di cinque punti, ne consegue che lo sviluppo dei mercati interni è stato superiore a quello degli scambi.
Il modello input-output, strumento base della rilevazione incrociata, mette in evidenza come i calcarei grezzi abbiano dato luogo a movimenti internazionali per 15 milioni di tonnellate (tav. 12), con un aumento del 2,6 per cento, mentre nei silicei grezzi si sono raggiunti 13,1 milioni di tonnellate (tav. 13), cui corrisponde una lievitazione del 4,5 per cento. Mediamente, il progresso dei grezzi, costituiti da blocchi e lastre a piano di sega, è stato del 3,5 per cento ed ha assorbito il 52,7 per cento dell’interscambio totale, proseguendo nella tendenza in atto da qualche anno, crescendo di circa mezzo punto rispetto alla quota rilevata nel 2012, e facendo registrare il nuovo massimo con 28,1 milioni di tonnellate.
Il prodotto finito è stato oggetto di flussi quantitativi internazionali per la quota a saldo, pari al 47,3 per cento ed a 25,2 milioni di tonnellate, evidenziando una crescita in cifra assoluta nell’ordine del mezzo milione di tonnellate, mentre quella del grezzo è stata sostanzialmente doppia. I lavorati semplici, con scambi pari a 2,9 milioni di tonnellate (tav. 14), hanno regredito del 6,3 per cento, mentre quelli con valore aggiunto, che costituiscono la componente basilare dei flussi valutari, si sono attestati sul consuntivo di 21,1 milioni di tonnellate (tav. 15), con una crescita ponderale di quattro punti, tanto più significativa in quanto tripla nei confronti di quella ascritta nel 2012. In regresso, invece, hanno chiuso i lavorati di ardesia, con scambi per 1,2 milioni di tonnellate (tav. 16), ed una variazione negativa del 6,5 per cento.
Globalmente, i flussi dei volumi lapidei in entrata ed uscita, al netto della quota di scarto sul volume dei grezzi, hanno avuto riguardo ad un totale di 774 milioni di metri quadrati equivalenti, allo spessore convenzionale di cm. 2, con un aumento di venti milioni in cifra assoluta (tav. 17) che si è tradotto in un progresso medio del 3,7 per cento. Il volume dei grezzi ragguagliato a lavorati ha iterato il consuntivo precedente, con circa due quinti del totale.
In sintesi, si deve sottolineare come la crescita complessiva del 2013 sia stata inferiore a quella del 2012, ma come abbia ulteriormente consolidato la ripresa, con il contributo maggioritario dei grezzi e dei lavorati ad alto valore aggiunto, e con ulteriori potenziamenti delle quote di blocchi destinati alla trasformazione in Paesi terzi caratterizzati da livelli competitivi dei costi. Si tratta, a tale riguardo, di una strategia che coinvolge in modo prioritario i grandi produttori asiatici, ed in primo luogo la Cina, massima importatrice di grezzi, segnatamente da Turchia, Egitto ed Iran per i calcarei, e dal Brasile per i silicei.

L’interscambio, con il suo trend di crescita quasi costante, che negli ultimi 25 anni si è interrotta soltanto nel 1998 e nel 2009, costituisce un indubbio punto di forza del comparto lapideo, alla luce di una domanda selettiva e di un conseguente impulso al perseguimento della qualità, fattore generalmente imprescindibile sul mercato internazionale; e nello stesso tempo, garanzia di ulteriore crescita civile.

FLUSSI AGGREGATI DELL’ EXIMPORT

L’analisi dell’interscambio per grandi aggregati geografici è utile per fare il punto sui diversi comportamenti della congiuntura e per trarne indicazioni significative circa le prospettive di sviluppo nel breve e medio termine, in una logica di marketing che intende trascendere il pur significativo linguaggio statistico delle cifre.
Il consuntivo dell’Unione Europea, con 11,4 milioni di materiale esportato (tav. 18), conferma quello dell’anno precedente, mentre l’import ha evidenziato approvvigionamenti per 9,6 milioni di tonnellate (tav. 19), in ulteriore flessione di mezzo milione dopo quella più cospicua dell’anno precedente, sottolineando, da un lato, la tenuta delle spedizioni di grezzi mediamente qualificati come quelli europei, e dall’altro, la permanenza di un sostanziale ristagno delle attività di cantiere nell’Unione medesima, sia nelle segherie che nei laboratori. Gli esportatori europei più forti sono sempre Italia, Spagna e Portogallo, mentre fra gli acquirenti si distinguono Germania, Francia e Belgio, unitamente alla stessa Italia.
I movimenti che interessano gli altri Paesi europei hanno confermato una condizione di sostanziale marginalità, sia nell’export (tav. 20) che nell’import (tav. 21), il cui flusso quantitativo si è posto, in entrambi i casi, nell’ordine del milione di tonnellate, con un ruolo prioritario della Svizzera, soprattutto negli approvvigionamenti, tanto del grezzo quanto del manufatto.
Un ruolo sempre più determinante nell’interscambio lapideo è quello ascritto dai maggiori Paesi settoriali extra-europei, guidati con crescente vantaggio da Cina, India e Turchia, seguiti a distanza, ma con volumi ugualmente importanti, da Brasile ed Egitto (tav. 22), mentre negli acquisti, dove la Cina ha consolidato la propria leadership storica, si è registrata una buona ripresa degli Stati Uniti e la conferma di Corea del Sud e Taiwan nella posizioni di rincalzo (tav. 23). Nuove vischiosità, invece, si sono avute nell’export dall’Iran e nell’import in Giappone.
Gli altri Paesi del sud-est asiatico, pur restando lontani dai consuntivi dei massimi protagonisti, hanno confermato un ruolo complementare importante, iterando l’export già contabilizzato nel 2012 con 1,7 milioni di tonnellate (tav. 24), mentre l’import è decisamente aumentato portandosi a 2,5 milioni, grazie ai maggiori acquisti effettuati soprattutto da Hong – Kong, Singapore e Vietnam (tav. 25), con un significativo apporto prioritario del prodotto finito.
Il panorama mondiale si completa con una lunga serie di altri Paesi dei vari continenti extra europei, il cui singolo ruolo può diventare importante, come nel caso delle spedizioni da Giordania, Oman e Palestina (tav. 26) o degli approvvigionamenti di Libano ed Arabia Saudita, questi ultimi in forte e crescente tensione (tav. 27). In linea generale, si rileva un contributo relativamente marginale ai flussi internazionali da parte di Africa ed America Latina, con le ovvie eccezioni di Brasile, Egitto e Sudafrica, mentre quello dell’Asia è ancora una volta significativo.
Complessivamente, la sintesi per grandi aggregati conferma che i grandi protagonisti extra europei hanno ulteriormente sviluppato il proprio primato esportatore, giungendo al 68,5 per cento del totale col guadagno di un ulteriore punto rispetto all’anno precedente (tav. 28), ed esprimendo il 55,3 per cento anche nell’import (tav. 29), con una crescita di quasi cinque punti. E’ un ulteriore segnale della progressiva concentrazione da cui l’interscambio settoriale continua ad essere caratterizzato.

DINAMICA DELL’INTERSCAMBIO

L’analisi di lungo periodo conferma che il trend di sviluppo del settore, con le naturali proiezioni in sede produttiva e negli investimenti, è in atto da 25 anni, improntato ad una significativa costanza.

Infatti, il volume degli scambi risulta salito dai 9,7 milioni di tonnellate del 1989 ai 53,3 milioni del 2013 (tav. 30): ciò, a fronte di incrementi annuali costanti, sia pure di diversa quantificazione percentuale, con le sole eccezioni del 1998 e del biennio 2008-2009: quest’ultima, di particolare impatto nella congiuntura del settore (tav. 31). A conti fatti, nel lungo periodo il volume di marmi e pietre oggetto di scambi internazionali è cresciuto di cinque volte e mezza, con variazioni sostanzialmente identiche sia nei grezzi che nel prodotto finito, anche se nei rispettivi aggregati sono da sottolineare gli incrementi più che proporzionali dei materiali calcarei e dei lavorati con alto valore aggiunto (tav. 32).
La ripartizione merceologica è rimasta praticamente invariata rispetto a quella del 1989, ma nel periodo lungo, dopo la progressiva riduzione del grezzo fino al minimo storico del 2007, pari al 42,6 per cento del totale, è stato ascritto un recupero di dieci punti, fino al 52,7 per cento dello scorso esercizio (tav. 33). Per quanto riguarda la suddivisione tra calcarei e silicei, anche il 2013 ha confermato la tradizionale prevalenza di marmi e travertini, con una ripresa sia pure marginale del granito, ed una nuova flessione dell’ardesia.
Nella dinamica ventennale, la ripartizione geografica delle esportazioni vede la presenza di sette Paesi che hanno spedito oltre confine volumi complessivi per oltre un milione di tonnellate, con posizioni di largo vantaggio per Cina, India e Turchia, seguite a distanza da Italia, Spagna e Brasile (tav. 34); condizioni analoghe ma quantitativamente dissimili si rilevano nelle importazioni dove otto Paesi hanno acquistato materiali per oltre un milione di tonnellate, ma con la Cina in vantaggio sempre più schiacciante sugli altri importatori, guidati da Stati Uniti e Corea del Sud (tav. 35). Si deve aggiungere, peraltro, che nell’ambito di questi “top leader” sono ben dodici i Paesi che hanno fatto registrare nel 2013 una flessione dell’export, e dieci quelli che hanno regredito nell’ambito degli approvvigionamenti.

 

A proposito dell’esportazione giova evidenziare, a prescindere dall’evoluzione di valori e prezzi, cui si farà riferimento in seguito, che le spedizioni quantitative di marmi e pietre dalla Cina sono diminuite per il secondo anno consecutivo, con un decremento di un milione e mezzo di tonnellate rispetto al massimo storico del 2011, e la perdita di quasi due punti percentuali (tav. 36); per converso, sono ulteriormente aumentate quelle dei maggiori concorrenti, vale a dire della Turchia, e soprattutto dell’India, la cui crescita nel corso dell’ultimo biennio si è ragguagliata a quattro milioni di tonnellate, riducendo in maniera quasi imprevedibile il distacco nei confronti della Cina, sceso a tre milioni di tonnellate contro gli 8,3 del 2011.
Nel corrispondente ambito delle importazioni, invece, l’ulteriore progresso cinese appare incontenibile, con un aumento di oltre quattro milioni di tonnellate nel corso dell’ultimo biennio ed un flusso in entrata che nel solo 2013 è pervenuto a quasi 18 milioni di tonnellate, pari ad un terzo degli acquisti mondiali (tav. 37), tanto più ragguardevole se confrontato con i 3,6 milioni degli Stati Uniti, secondo Paese importatore mondiale: evidentemente, anche alla luce del raffronto con l’export, la dinamica dell’interscambio cinese, dove la quasi totalità dell’import è costituita da materiali grezzi, evidenzia un forte sviluppo della trasformazione interna e del mercato domestico.

ANALISI MERCEOLOGICA

L’esame disaggregato della congiuntura internazionale per singole categorie merceologiche nel periodo lungo pone in evidenza comportamenti assai diversi delle varie tipologie e dei Paesi protagonisti.
Nei calcarei grezzi, l’esportazione continua a registrare il crescente successo della Turchia, che con 5,7 milioni di tonnellate è giunta ad esprimere il 38,1 per cento del totale, contro il 4,4 per cento del 1995, seguita a forte distanza da Italia e Spagna (tav. 38), mentre le importazioni evidenziano il ruolo quasi monopolistico della Cina, forte di acquisti per 10,8 milioni di tonnellate, pari al 72,3 per cento degli acquisti globali sui mercati esteri (tav. 39).
Per quanto concerne i silicei grezzi, l’India ha conquistato la maggioranza assoluta dei volumi esportati, con 6,7 milioni di tonnellate, pari al 50,7 per cento (tav. 40), seguita dal Brasile con 1,4 milioni, pari al 10,7 per cento, anch’esso in crescita. Per converso, le importazioni sono ancora una volta appannaggio prioritario della Cina, con 6,7 milioni di tonnellate, che corrispondono al 51 per cento degli approvvigionamenti planetari (tav. 41), mentre Taiwan segue in seconda posizione, con 1,1 milioni di tonnellate, e con un forte ridimensionamento del volume precedente.
Nei lavorati semplici, ferma restando la contrazione complessiva di cui si è detto, l’export prioritario risulta sempre quello della Cina, con 1,1 milioni di tonnellate ed il 37,4 per cento del totale (tav. 42), mentre il Portogallo, forte di una vecchia tradizione specifica, difende con successo la seconda piazza. L’importazione di questi materiali rimane prevalentemente europea, con Germania e Francia in testa alla rispettiva graduatoria (tav. 43).
La tipologia merceologica di maggiore consistenza, soprattutto in valore, è quella dei lavorati con alto valore aggiunto, dove sono ben cinque i Paesi ad avere esportato oltre un milione di tonnellate: nell’ordine, la Cina – che domina la classifica dall’alto dei suoi 9,5 milioni – seguita a forte distanza da Turchia, India, Italia e Brasile (tav. 44). Le importazioni, al contrario, sono distribuite in maniera più diffusa, con incidenze prioritarie di Stati Uniti, Corea del Sud ed Arabia Saudita (tav. 45) quasi a sottolineare il peso crescente dei Paesi extra-europei anche a livello di consumi.
Resta da dire dell’ardesia, la cui esportazione vede la permanente leadership della Spagna, peraltro ulteriormente assottigliata, e pari al 38,7 per cento del totale, ascritto nel 2013, con vantaggio ormai marginale sulla Cina, ed in posizione più defilata, sul Brasile (tav. 46). Il calo delle spedizioni globali di questo materiale è bilanciato da quello degli acquisti, dove i maggiori flussi in arrivo riguardano, come da tradizione, Francia, Regno Unito e Stati Uniti (tav. 47).
In sostanza, i flussi decisivi nell’economia dell’interscambio lapideo riguardano da una parte i grezzi, e dall’altra i manufatti (cod. 68.02), mentre il mercato, al di là di quanto emerge dalla sintesi dei Paesi protagonisti, prosegue nella sua espansione di tipo globale: quando si pensi che nel 2013 l’esportazione cinese di lavorati con valore aggiunto ha raggiunto il record di 205 Paesi di tutti i continenti (cifra superiore a quella degli Stati presenti nell’Organizzazione delle Nazioni Unite), è facile comprendere come marmi e pietre siano diventati un patrimonio dell’umanità nel vero senso della parola, in quanto artefici di un progresso tecnologico e civile che non è azzardato definire universale.

ITALIA: UNA META LONTANA
Un vecchio primato non è mai garanzia di continuità: il caso dell’Italia lapidea è una dimostrazione probante dell’assunto. A prescindere dall’involuzione produttiva, che vede la sua quota regredire anche in ambito europeo, pur rimanendo prossima ad un terzo del volume estratto nel Vecchio Continente, l’andamento dell’interscambio lo conferma in maniera incontestabile: nel 2013 l’export quantitativo italiano al netto dei sottoprodotti, pari a 3,2 milioni di tonnellate, è cresciuto nella misura di un punto e mezzo, largamente inferiore a quella mondiale (tav. 48), con un apporto del grezzo salito al 48,7 per cento, con ulteriore svantaggio del prodotto finito. A sua volta, l’importazione, in costante calo da sette anni con la sola eccezione del 2010, ha visto il volume dei grezzi, sempre largamente maggioritario, scendere sotto il milione di tonnellate (tav. 49), cosa che sottolinea in maniera icastica la permanente crisi delle attività di trasformazione e del valore aggiunto. Basti dire che nell’ultimo triennio il volume degli acquisti è diminuito di ben 27 punti.
Per quanto riguarda l’esportazione di lavorati, che resta la struttura portante del settore lapideo italiano, si deve porre in evidenza, quale fattore parzialmente positivo, che se l’aumento del 2013 è stato del tutto marginale, quello in valore, e quindi del prezzo medio per unità di prodotto, si è incrementato di oltre sette punti percentuali (tav. 50). In particolare, la quotazione del manufatto esportato ha superato per la prima volta i 50 euro per metro quadrato equivalente (a spessore convenzionale di cm. 2), diversamente da quanto è accaduto in altri Paesi, anche europei.
L’andamento disaggregato dell’esportazione di lavorati per il 2013 conferma la concentrazione di due terzi del volume d’affari in due sole Regioni: il Veneto e la Toscana, con valori complessivi quasi paritetici, nell’ordine dei 500 milioni di euro cadauna (tav. 51) ,e con buone progressioni superiori alla media, anche in Lombardia e Sicilia.
L’esportazione lapidea italiana, pervenuta ad un valore totale di 1874 milioni, che costituiscono il risultato migliore del decennio (tav. 52), resta comunque inferiore, ed in misura significativa, rispetto a quella degli anni migliori, ma nei confronti della cifra globale di merci e servizi esportata dall’Italia ha proseguito nella tendenza al recupero inaugurata nel 2012, ascrivendo una quota del 4,8 per mille, peraltro assai lontana da quella del 7,5 rilevata nell’ormai lontano 2000: ciò significa che la propensione alla crescita, fatta salva la ripresa marginale dell’ultimo biennio, è notevolmente inferiore a quella del sistema Italia, pur caratterizzato dalla nota congiuntura critica. Ne derivano evidenti correlazioni distributive e promozionali, e l’urgenza di adeguati interventi.
Sul piano strategico, i numeri dell’Italia sottolineano ulteriormente, oltre al ristagno del mercato interno indotto da un’edilizia in condizioni da troppo tempo critiche, una struttura esportatrice orientata verso la preferenza per il grezzo, che assicura maggiori livelli di redditività ai Soggetti interessati ma non consente uno sviluppo delle attività di segheria e di laboratorio conforme alla dinamica della domanda mondiale. In tutta sintesi, la meta di un pieno recupero dei consuntivi storici, strategicamente possibile, rimane assai lontana.
Questa situazione non è sostanzialmente difforme da quella rilevabile in altri Paesi europei a maggiore vocazione lapidea, con riguardo prioritario a quelli mediterranei, ed in primo luogo a Spagna e Grecia, ma sottintende una progressiva abdicazione della vecchia “leadership” trasformatrice a vantaggio precipuo dei nuovi grandi protagonisti asiatici (Cina, India e Turchia) e del maggior produttore e trasformatore dell’Occidente (Brasile). Le conseguenze di tale involuzione dal punto di vista strategico, e da quello socio-economico, sono di tutta evidenza e costituiscono un importante spunto di riflessione, in primo luogo per la volontà politica, e nello stesso tempo, per il momento imprenditoriale.

SPAGNA: RIPRESA COMPLESSA
Seconda produttrice lapidea europea, e settima mondiale, la Spagna evidenzia una congiuntura tuttora critica ma nello stesso tempo animata da spunti significativi di ripresa, cui contribuiscono un ventaglio produttivo assai variegato, la permanente “leadership” nell’ambito dell’ardesia ed una propensione agli investimenti sempre accentuata, in specie nella grande trasformazione, dove la produttività ha raggiunto livelli molto avanzati, anche nei manufatti extra-seriali come i piani da cucina e l’arredo dei bagni.
Questi fattori di competitività si completano con la presenza delle riserve su gran parte del territorio ed una valorizzazione trasformatrice spesso intensa, anche per il marmo ed il granito. La forte contrazione del mercato domestico ha dato luogo a decrementi proporzionali del consumo, parzialmente elisi dalla conferma dell’export, quantitativamente più accentuata nel grezzo, ma notevole anche nei manufatti, le cui spedizioni all’estero hanno largamente superato, anche nel 2013, i venti milioni di metri quadrati equivalenti.
La struttura esportatrice della Spagna è stata caratterizzata da un vivace recupero, con un fatturato del 2013 nell’ordine dei 1200 milioni di euro (tav. 53), non lontano dal massimo storico del 2008; ciò, al pari di quanto è accaduto in Italia, con una quota grezza che nell’ultimo triennio ha interessato circa il 50 per cento dei volumi (tav. 54), ma nello stesso tempo con l’ampia prevalenza del prodotto finito quanto a valore, dove il suo peso ponderale si è ragguagliato a due terzi del totale. Dal canto loro, le quotazioni medie per unità di prodotto hanno progredito bene nella spedizione dei calcarei grezzi, pur cedendo alcuni punti nel 2013, mentre hanno continuato a scendere quelle del granito, il cui prezzo è pressoché dimezzato rispetto al 2001; nei lavorati il calo è stato più contenuto, con un valore che, sempre nell’ultimo esercizio, è rimasto intorno agli 80 dollari per metro quadrato, di poco superiore a quello dell’ardesia, la cui flessione ponderale è peraltro maggiore (tav. 55).
Assai più accentuato è stato l’andamento riflessivo delle importazioni, sia nel lungo termine che nel breve periodo, con riguardo prioritario a quello del grezzo, specchio di una politica del valore aggiunto che ha penalizzato le attività trasformatrici, al pari di quanto è accaduto negli altri maggiori Paesi europei, mentre la crisi del lavorato d’importazione, sia pure meno ampia, si pone in rapporto con la congiuntura negativa dell’edilizia locale (tav. 56). La quota largamente maggioritaria dell’import, comunque, resta quella del granito grezzo, sia in volume che in valore (tav. 57), dove ha raggiunto, rispettivamente, il 43 ed il 70,2 per cento del totale, con prezzi medi in flessione nei confronti del 2012 ma pur sempre maggiori, ed in alcuni casi significativamente, nei riguardi del 2001, con un ragguaglio a 39 dollari per metro quadrato equivalente nei manufatti, pari alla metà di quello corrispondente dell’export (tav. 58).
In buona sostanza, la ripresa è difficile, ma conta su una struttura produttiva avanzata e sulla discreta propensione all’investimento anche in campo promozionale, confermata, fra l’altro, dalla forte presenza dell’industria lapidea iberica in molte fiere di riferimento, e dalla competitività di taluni costi distributivi, come quelli dei noli: non a caso, il trasporto dalla Galizia alla Toscana risulta competitivo rispetto al cabotaggio italiano. Considerazioni analoghe valgono per i costi energetici e per quelli professionali, la cui capacità di fare la differenza, soprattutto nelle fasi di trasformazione, è suscettibile di contribuire attivamente a prove di ripresa che possono contare sulla cooperazione del momento imprenditoriale con quello politico, fattore certamente utile nei complessi confronti internazionali di settore.

ALTRI PAESI EUROPEI
Il primato produttivo e distributivo di Italia e Spagna nell’ambito del Vecchio Continente non esclude la presenza di altre significative realtà settoriali, talvolta di consolidata tradizione, ed in possesso di prestigiose esclusive. Si può anzi affermare che nell’Europa comunitaria la stragrande maggioranza dei Paesi abbia un ruolo di buon rilievo settoriale nella produzione, nell’interscambio e nel consumo.
Valorizzare le risorse locali di marmo e pietra è una strategia preferenziale di Portogallo e Grecia: nel primo caso, con avanzate strutture di verticalizzazione, con una buona collaborazione della volontà politica, e con la leadership europea nella produzione e nell’export di lavorati semplici, in specie per uso stradale; nel secondo, con l’avallo di alte referenze, mutuate dall’antichità classica. Nondimeno, i marmi portoghesi ed ellenici si sono giovati in misura sostanzialmente minima dei potenziali effetti positivi rivenienti dalla crisi economica, che nei rispettivi Paesi si è avvertita in maniera accentuata: la contrazione di alcuni costi e la maggior pressione dell’offerta non hanno avuto effetti importanti sull’export, rimasto quasi stazionario, con qualche cedenza più rilevante nei lavorati del Portogallo.
Sul fronte dell’importazione, invece, si distinguono come in passato gli approvvigionamenti dei Paesi mitteleuropei, segnatamente di manufatti, con particolare riguardo a quelli di Germania, Francia, ed in misura appena più circoscritta, di Olanda e Belgio: quest’ultimo Paese, anzi, rimane ai vertici mondiali del consumo pro-capite, non solo per il buon livello quantitativo delle sue riserve e per la capacità di valorizzarle, ma nello stesso tempo, per la trasformazione dei grezzi provenienti dall’estero. Un ruolo importante compete anche all’acquisto di prodotti finiti da parte del Regno Unito, dove ha trovato conferma la politica di potenziamento degli utilizzi lapidei d’importazione, in un Paese caratterizzato dalla carenza storica di produzioni proprie, e quindi, della grande trasformazione.
La congiuntura statica europea continua anche nei Paesi nordici, con particolare riguardo alla Finlandia ed alla Norvegia, dove le tipiche produzioni di granito grezzo, generalmente di alto pregio, hanno perduto qualche punto percentuale, con destinazioni ormai prevalenti al mercato cinese, cui è diretta una parte maggioritaria dell’export calcareo grezzo anche da Portogallo e Grecia, ma quantitativamente integrativa, assieme alle quote di Italia e Spagna, dei grandi flussi di spedizione in Cina dai nuovi leader terzomondisti (Turchia, Egitto ed Iran per i calcarei; India e Brasile per i silicei).
Vale la pena di sottolineare come la Germania, massimo acquirente europeo di settore, con una larga maggioranza di lavorati, si proponga anche quale discreta realtà esportatrice, grazie ad un’apprezzabile attività produttiva che le consente di occupare il quinto posto assoluto nella graduatoria europea delle vendite quantitative. Si vanno ulteriormente rastremando, invece, le posizioni di alcuni Paesi orientali, con riguardo prioritario a Polonia e Repubblica Ceca, anche per quanto riguarda il consumo interno: non a caso, il 2013 ha coinciso con una forte riduzione degli acquisti polacchi di materiale grezzo, e conseguentemente, delle attività di segheria.
Tra i Paesi di più recente ingresso nell’Unione Europea, è da sottolineare il bilancio largamente positivo della Croazia, grazie alla fiorente esportazione di materiali istriani e dalmati, in massima parte grezzi (anche per uso strutturale), mentre sono rimaste in lista d’attesa le potenzialità di Paesi come la Bulgaria, e soprattutto la Romania, sebbene possano contare su riserve di notevole valore tecnologico e cromatico, in specie di marmi ed altri materiali calcarei.

PIANETA CINA
Nel 2013 ha trovato ulteriore conferma la fase di ripensamento strategico delle opzioni di fondo da parte della politica economica cinese, anche alla luce di un relativo rallentamento dello sviluppo, con tassi ad una sola cifra in cui diventano significativi anche i decimali.
Il comparto lapideo non ha fatto eccezione, con un livello produttivo non lontano dai 40 milioni di tonnellate, ed un’esportazione quantitativa che ha ascritto una seconda battuta d’arresto dopo quella del 2012, scendendo a 12,1 milioni di tonnellate (tav. 59), ma evidenziando tuttora una crescita di cinque volte e mezzo nel ragguaglio di periodo ventennale (tav. 60).
La quota largamente maggioritaria dell’export è rimasta quella dei prodotti finiti, con il 92 per cento del totale (tav. 61), confermando la tradizionale vocazione cinese per la politica del valore aggiunto ed il rinnovato gradimento da parte dei mercati esteri. In valore, invece, la crescita si è fatta ancora più ragguardevole, con un volume d’affari pervenuto a 6,2 miliardi di dollari (tav. 62), in crescita di circa un miliardo nei confronti del 2012, pari a ben venti punti percentuali.
Il perseguimento di più alti livelli di redditività da parte degli esportatori cinesi è suffragato dall’ulteriore aumento del prezzo medio dei manufatti, pervenuto a 32,4 dollari/mq. contro i 27,5 dell’anno precedente, per non dire dei 13 del 2003, anno di massima contrazione promozionale delle quotazioni (tav. 63). Il divario di prezzo rispetto ai livelli dei Paesi occidentali resta naturalmente competitivo, a tutto vantaggio dell’export cinese.
Le maggiori destinazioni del prodotto finito sono rimaste quelle tradizionali, con largo vantaggio per Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti, ma nello stesso tempo con forti escursioni del prezzo medio, il cui livello più elevato continua a registrarsi sul mercato americano, mentre quelli minimi interessano, oltre alla stessa Corea, anche alcuni Paesi europei, quali Germania e Belgio, dove sussiste un chiaro interesse per materiali d’importazione suscettibili d’acquisto a condizioni particolarmente convenienti (tav. 64).
I primi tre importatori del materiale cinese, di cui sopra, esprimono oltre un terzo delle spedizioni in parola (tav. 65), ma ciò non significa che la capacità di penetrazione dei lavorati cinesi non abbia assunto caratteri assolutamente globali, essendosi diffusa, nel 2013, in un ventaglio di 205 Paesi di ogni continente, ed avendo evidenziato il carattere universale della domanda, assieme ad una spiccata idoneità commerciale e distributiva.
Resta da dire dell’importazione che, diversamente dall’export, è costituita in misura quasi totalitaria da materiali grezzi destinati alla trasformazione nelle segherie e nei laboratori cinesi, con un valore complessivo che nel 2013 ha raggiunto il nuovo massimo, nella misura di oltre 2,9 miliardi di dollari (tav. 66), con una crescita di oltre undici punti rispetto all’anno precedente, ma nello stesso tempo con una sostanziale stasi dei prezzi medi d’acquisto, il cui livello è inferiore di una buona metà, rispetto ai massimi storici degli anni novanta (tav. 67), mettendo in luce una spiccata capacità selettiva cinese anche nel campo degli approvvigionamenti.
Le maggiori provenienze hanno avuto riguardo, come in precedenza, alla Turchia ed all’Egitto per quanto concerne i prodotti calcarei (tav. 68), nonché all’India ed al Brasile nell’ambito dei silicei (tav. 69): in entrambi i casi, circa tre quinti delle importazioni cinesi interessano due sole provenienze, cosa che non esclude un ampio ventaglio di acquisti a saldo, ma sottolinea la consolidata prevalenza del rapporto d’affari con gli altri quattro Paesi leader del mercato mondiale.

ASIA PROTAGONISTA
Il consolidamento della leadership asiatica in campo lapideo non si deve soltanto alla Cina, perché l’importanza produttiva e distributiva di altre realtà fondamentali come l’India, la Turchia e l’Iran ha acquisito dimensioni di livello assoluto, senza dire dei consumi nazionali, di grande rilievo anche in Paesi di minore capacità estrattiva come Corea del Sud e Giappone.
La citazione prioritaria compete all’India, seconda forza mondiale del settore, il cui distacco dall’export cinese, anzi, si è notevolmente ridotto durante l’ultimo biennio. In particolare, le sue spedizioni di granito grezzo del 2013 hanno raggiunto un nuovo massimo, fatturando oltre 850 milioni di dollari, in larga maggioranza proprio alla Cina (tav. 70), ed anche quelle del prodotto finito hanno progredito alacremente, sfiorando i due milioni di tonnellate, pari ad oltre 36 milioni di metri quadrati equivalenti, e superando 1,1 miliardi di dollari (tav. 71), pur nell’ambito di una contrazione non marginale del prezzo, sceso a poco più di 30 dollari: ciò, con destinazioni notevolmente differenziate, ma con quella statunitense in posizione di notevole vantaggio rispetto ai mercati europei (tav. 72).
Ancora più impetuoso è stato lo sviluppo della Turchia, con un’esportazione totale per 8,3 milioni di tonnellate, in crescita di 18 volte nei confronti del 1999, sebbene il valore medio abbia ascritto una significativa contrazione, nell’ordine di 13 punti percentuali (tav. 73). Ciò si deve in misura assolutamente prioritaria all’esportazione di blocchi e lastre di marmo e travertino verso la Cina, che nel 2013 ha raggiunto 4,9 milioni di tonnellate, pari a quasi nove decimi del totale di riferimento (tav. 74); assai significativo, soprattutto nell’ambito del valore, è stato anche l’apporto dei lavorati, ed in primo luogo di quelli esportati negli Stati Uniti e nei Paesi arabi (tav. 75).
Nell’ambito delle importazioni, un’attenzione specifica deve essere sempre rivolta al mercato del Giappone, dove gli acquisti di materiale grezzo si sono quasi azzerati, confermando il ristagno delle attività produttive locali, in essere da parecchi anni (tav. 76), a tutto vantaggio degli approvvigionamenti di manufatti, in larghissima maggioranza cinesi (tav. 77), ma ugualmente cedenti sia nel breve che nel lungo periodo, anche per quanto riguarda i valori medi per unità di prodotto, con la sola eccezione del 2013, speculare all’aumento del prezzo cinese di vendita dei lavorati (tav. 78).
Le altre realtà asiatiche non mancano di contribuire in misura significativa allo sviluppo mondiale: non solo con gli alti consumi di Paesi come la Corea del Sud, largamente tributaria della Cina al pari del Giappone, e come Hong Kong e Singapore; ma soprattutto, con l’apporto produttivo di nuovi protagonisti dell’interscambio, come l’Iran, a prescindere da una tradizione domestica eccellente e dalla stasi delle sue vendite in Cina, o come il Pakistan, che nel 2013 ha raggiunto il milione di tonnellate estratte; e con il contributo industriale di Paesi trasformatori quale Taiwan, dove la capacità segante pro-capite si colloca intorno ai massimi mondiali, ed in misura minore, come il Vietnam, l’Indonesia e la Thailandia, senza escludere alcuni Stati del Golfo, tra cui l’Oman, dove la valorizzazione della risorsa lapidea locale ha dato luogo a significativi investimenti, non soltanto in campo estrattivo.
Non vanno trascurate, infine, le potenzialità offerte da Paesi certamente minori, tra cui si possono ricordare, a titolo di esempio, il Bhutan, le Maldive ed il Nepal, se non altro per l’utile integrazione settoriale con l’India; e gli Stati dell’interno, a cominciare da quelli dell’ex Unione Sovietica, guidati da un Kazakhstan in costante sviluppo, per finire con la Mongolia e la stessa Corea del Nord, che proprio nel 2013 hanno fatto registrare alcuni movimenti innovativi, sia pure marginali, nell’interscambio lapideo asiatico.

STATI UNITI: PROGRESSO GRADUALE

Nella congiuntura lapidea mondiale, sia di breve che di lungo termine, il mercato statunitense riveste un’importanza imprescindibile, soprattutto per la cifra leader del giro d’affari, riveniente in misura ampiamente preponderante dall’import. Di qui, l’interesse con cui gran parte degli esportatori europei, asiatici e latino-americani guarda al rapporto commerciale con gli Stati Uniti.
Nel 2013, gli acquisti nord-americani di marmi e pietre, costituiti per la quasi totalità da prodotti finiti, hanno raggiunto un valore pari a 3,1 miliardi di dollari, con un incremento del 19,5 per cento rispetto al 2012, che fa seguito a quelli del biennio precedente (tav. 79) ma rimane tuttora lontano dal primato del 2007. Vale la pena di sottolineare che la crescita dell’ultimo esercizio resta comunque soddisfacente anche nei confronti dei materiali concorrenti: infatti, l’import di ceramica per l’edilizia, pervenuto a 2,8 miliardi di dollari, è rimasto inferiore a quello dei lapidei, essendosi ragguagliato ad un pur lusinghiero 16 per cento.
Gli approvvigionamenti di grezzi sono diventati assolutamente minimi, con una quota complessiva che nel 2013 è scesa sotto la soglia psicologica dell’uno per cento, mettendo in luce, anche da questo punto di vista, la scarsa propensione nord-americana ad investire nelle fasi di segheria e di grande trasformazione, con preferenza sempre più spiccata per gli approvvigionamenti del materiale finito. Naturalmente, ciò non significa che le attività di laboratorio, in specie nelle piccole e medie commesse, sia stata penalizzata: anzi, ha potuto fruire della ripresa, sia pure graduale, non meno di quanto sia accaduto nell’ambito dei lavori più importanti.
Oltre quattro quinti degli acquisti di manufatti in marmi e pietre effettuati dagli Stati Uniti nel corso del 2013 provengono da cinque soli Paesi: nell’ordine, Brasile, Cina, Italia, Turchia e India, avendo lasciato al resto del mondo il 15 per cento del totale (tav. 80), con quote ponderali relativamente stazionarie nel corso degli ultimi anni, fatta eccezione per il notevole progresso brasiliano, giunto ad esprimere il 28 per cento del valore complessivo (tav. 81).
Nell’ambito delle forniture minori, è da porre in evidenza il progressivo calo di quelle provenienti dai Paesi contigui, vale a dire da Canada e Messico: nonostante l’ovvia competitività dei loro costi di trasporto, la preferenza degli acquirenti ha premiato le produzioni transoceaniche, da un lato per l’apprezzamento qualitativo, come nel caso dei manufatti italiani, e dall’altro per la convenienza di quotazioni obiettivamente contenute, in specie per quanto attiene alle forniture dei marmi e travertini turchi, dei graniti indiani e dei materiali cinesi in genere.
Si deve aggiungere che il successo più che proporzionale del Brasile deve essere attribuito al gradimento statunitense per il prodotto siliceo lavorato, con particolare riguardo ai graniti di colore acceso che costituiscono, al pari dell’ardesia, un’esclusiva ormai affermata sui mercati internazionali.
E’ importante sottolineare come il trend degli acquisti statunitensi sia improntato ad una crescita costante di lungo periodo, con la sola eccezione, peraltro molto ampia, del biennio 2008-2009, in cui venne perduto il 44 per cento del totale, dando luogo ad una crisi non meno rilevante degli investimenti produttivi (a differenza di quelli promozionali); e nello stesso tempo, come il consumo domestico abbia fatto registrare un andamento sostanzialmente proporzionale, anche se condizionato da un ristagno delle produzioni interne più accentuato di quello verificatosi nell’import durante gli anni della crisi.
GLOBALIZZAZIONE LAPIDEA
La dinamica della domanda, assieme allo sviluppo tecnologico ed alla velocizzazione dei trasporti, ha ridotto le dimensioni del mondo ed ha promosso marmi e pietre nell’ottica globale, con la conseguenza che un numero crescente di Paesi ha potuto affacciarsi sul mercato con prospettive potenziali di buon interesse, sia dal punto di vista produttivo, sia sul piano dei consumi. Oggi, sono poche le realtà statuali che, all’uno od all’altro titolo, non siano partecipi dell’espansione mondiale del settore.
In Africa, a parte l’Egitto, ormai leader indiscusso del continente grazie al grande flusso delle spedizioni di marmo e travertino grezzo verso la Cina, mentre ristagna la tipica produzione silicea dalle prestigiose tradizioni classiche, è da sottolineare la congiuntura del Sudafrica, dove i volumi estrattivi del granito si sono ridotti alla luce di talune difficoltà interne, ma soprattutto di una rigorosa politica di qualità in chiave oligopolistica, che ha condizionato l’export fino a determinarne, nel 2013, una flessione di circa il 50 per cento nei confronti del 2008, e di oltre venti punti in quelli dell’anno precedente (tav. 83). Nel contempo, pur restando minoritaria, è notevolmente aumentata, sia nel breve che nel medio periodo, la spedizione sudafricana di prodotti finiti, sulla base di prezzi medi piuttosto competitivi.
Gli altri Paesi africani, fatta eccezione per quelli mediterranei, dove l’interscambio conserva volumi apprezzabili sia in partenza che in arrivo, sono tuttora lontani dall’esprimere un ruolo significativo, anche se in talune occasioni danno luogo a flussi dell’export siliceo grezzo di qualche rilievo, come nel caso del Mozambico e dello Zimbabwe.
Una situazione di bassa congiuntura caratterizza anche i Paesi latino-americani, con l’ovvia eccezione determinante del Brasile, laddove la stessa Argentina, un tempo protagonista, è ridotta su posizioni sostanzialmente marginali, in specie nell’export, e con una produzione contenuta, destinata in parte maggioritaria al mercato interno.
Fra i Paesi di seconda e terza fascia che hanno dato un contributo ragguardevole allo sviluppo del settore, ed in primo luogo a quello dell’interscambio, si collocano ancora una volta quelli asiatici. A prescindere dai maggiori protagonisti, di cui si è detto in precedenza, è utile fare riferimento agli apporti, spesso innovativi, ma consistenti soprattutto nell’export, di Giordania e Palestina: nel primo caso, anche a livello di approvvigionamenti e di attività trasformatrici, e nel secondo, per l’alta incidenza del lapideo sul prodotto interno lordo, tanto da collocarsi ai massimi livelli mondiali. Del pari, sempre in Asia, non mancano altri Paesi dell’interno che sono diventati produttori significativi, come nel caso dell’Afghanistan, e talvolta, anche importanti esportatori, come in quello del Kazakhstan.
La globalizzazione non ha coinvolto in misura completa i prezzi, nel senso che, soprattutto per quanto riguarda i prodotti finiti, le quotazioni di acquisto e di vendita rimangono naturalmente differenziate a seconda dei gradi di competitività e di industrializzazione dei Paesi interessati: per quanto riguarda i maggiori contesti produttivi e distributivi, si deve porre in luce come gli adeguamenti più vivaci di lungo e breve periodo abbiano avuto luogo, nell’ordine, in Cina, Brasile e Turchia, ma anche in Spagna, Italia e Germania, mentre risultano in flessione i prezzi del Portogallo e della stessa India (tav. 84): ciò significa che la maggiore o minore propensione alla redditività non si pone in rapporto diretto con lo sviluppo economico generale dei Paesi interessati, ma coinvolge altre variabili importanti, a cominciare dagli investimenti produttivi e promozionali.

ANDAMENTO DEI CONSUMI

Gli impieghi del marmo e della pietra hanno fatto registrare incrementi diffusi, che nel lungo periodo sono praticamente generalizzati: a livello ventennale, nei maggiori Paesi protagonisti la crescita è stata cospicua e talvolta impetuosa, come nel caso della Cina, che è leader anche in questo campo, e che nel ragguaglio al peso ha visto decuplicare il volume del 1994, con un consuntivo del 2013 giunto a due milioni di tonnellate nette (tav. 85). Sono da rilevare, altresì, gli ottimi incrementi di India, Corea del Sud, Brasile e Turchia, e quindi, di tutti gli altri Paesi, con le sole eccezioni, sempre relative al periodo lungo, di Germania, Italia, Spagna, e soprattutto del Giappone.
In termini di superficie netta, il consumo mondiale del 2013 si è riferito a 1,42 miliardi di metri quadrati equivalenti, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2, con quote maggioritarie in Cina e India, rispettivamente per 410 e per 105 milioni di metri quadrati, pari – da sole – al 36 per cento del quantitativo mondiale (tav. 86). In terza e quarta posizione seguono Stati Uniti e Brasile, mentre il primo Paese europeo resta l’Italia, che figura al sesto posto, superata in questa classifica anche dalla Corea del Sud.
Il consumo lapideo mondiale è raddoppiato nei confronti del 2005, con indici di variazione largamente superiori alla media mondiale soltanto per Cina, Brasile, India, Arabia Saudita e Regno Unito, mentre in tutti gli altri Paesi la crescita è stata inferiore rispetto alla predetta media, pur evidenziando discrete progressioni in Belgio, Stati Uniti, Francia, Taiwan e Svizzera (tav. 87).
Resta da dire del consumo pro-capite, dove nel 2013 i Paesi capaci di superare l’importante obiettivo di un metro quadrato per abitante sono stati cinque: nell’ordine, Belgio, Arabia Saudita, Svizzera, Taiwan e Corea del Sud (tav. 88): ciò con un buon recupero nei confronti dell’ultimo biennio ma con qualche ritardo di medio termine, che ha penalizzato con maggiore evidenza Paesi quali Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, non a caso caratterizzati da una congiuntura critica anche per quanto riguarda l’andamento del reddito nazionale e di altre variabili fondamentali.
L’annotazione più importante a proposito del consumo pro-capite riguarda, in ogni caso, l’ulteriore aumento della cifra mondiale, che nel 2013 è giunta a 226 metri quadrati per mille abitanti, contro i 215 dell’anno precedente ed i 117 del 2001; in effetti, questo parametro mette in luce come quello del consumo sia stato un trend di costante crescita mondiale, fatta eccezione per la momentanea stazionarietà del 2009.
I maggiori produttori lapidei, quali Cina, India e Brasile, figurano tuttora nelle retrovie della graduatoria pro-capite, cosa che sottintende la presenza di ampie e per taluni aspetti insospettate potenzialità di sviluppo, anche alla stregua degli importanti investimenti produttivi e promozionali sempre all’ordine del giorno nei Paesi in questione. Del resto, condizioni analoghe sussistono anche in diversi Paesi della vecchia Europa, pur caratterizzati dalla presenza di maggiori tradizioni d’impiego, sia nell’edilizia che negli altri consumi, come nel caso di Regno Unito, Germania ed Olanda, dove il ragguaglio in questione si pone appena sopra la media mondiale, e non lontano da quelli acquisiti con forte progressione dalla Cina e dal Brasile. Quanto al Giappone, sceso quasi in coda alla graduatoria dei maggiori Paesi, pur potendo contare su importanti utilizzi alternativi come quello nell’arte funeraria, superiore alla media mondiale, si può dire che il regresso sia stato indotto dalla saturazione del mercato e dal sostanziale ristagno dell’attività edilizia.
MACCHINE E IMPIANTI PRODUTTIVI

Nell’aggregato facente capo al settore lapideo, l’indotto di maggiore rilevanza economica e strategica è quello della tecnologia impiantistica, il cui costante avanzamento costituisce il presupposto fondamentale per accrescere la produttività, contenere i costi, migliorare la qualità ed ottimizzare sicurezza e condizioni di lavoro. In questo campo, l’apporto della ricerca italiana e della sua specializzazione industriale continua ad esercitare un ruolo trainante.
Nell’Europa dei Quindici, il primato dell’Italia non è mai stato in discussione, anche se la crisi del 2009 ha lasciato qualche traccia, dando luogo ai successivi assestamenti, culminati nella grande ripresa del 2011, e poi nel ritorno a medie produttivi conformi all’andamento storico: nel 2013, il volume esportato dall’Italia è stato pari ad oltre 660 mila quintali, che sale di due punti rispetto all’anno precedente e costituisce il quinto miglior risultato degli ultimi 16 anni (tav. 89). L’import del gruppo invece, assomma ad un terzo dell’export e risulta notevolmente spalmato fra i vari Paesi, con livelli più elevati in Regno Unito, Germania e Francia (tav. 90).
Gli indici di lungo periodo evidenziano le maggiori crescite percentuali dell’export europeo in Portogallo e Grecia, mentre l’import mantiene sostanzialmente le posizioni, con qualche maggiore progresso nei Paesi dell’Europa settentrionale (tav. 91).
Estendendo l’analisi di breve termine all’Europa dei Ventisette è facile constatare, ferma restando la leadership italiana nell’export, che le spedizioni di gran lunga prevalenti di macchinari ed impianti sono state quelle extra-comunitarie (tav. 92), con una fenomenologia che, sia pure in scala ridotta sul piano quantitativo globale, si ripete nell’import (tav. 93).
Il primato italiano in sede europea trova conferma, secondo logica, anche in sede di valore esportato, con un volume d’affari che nel 2013 è pervenuto al nuovo massimo, pari ad oltre 700 milioni di euro: una cifra che raddoppia quella del 1998, con un risultato che si itera nel valore medio per unità di prodotto, collocatosi per la prima volta ben oltre i dieci euro/kg. (tav. 94), ed esprime una crescita del 60 per cento nel periodo lungo, concentrata soprattutto nell’ultimo biennio, a conferma del buon momento congiunturale.
Sul fronte extra-europeo, sono da segnalare il secondo regresso consecutivo dell’import cinese, speculare al rallentamento dell’export lapideo, con una penalizzazione mediamente più forte a carico delle vendite giapponesi (tav. 95); la buona ripresa degli acquisti statunitensi, meno concentrati e soprattutto meno consistenti rispetto a quelli dei grandi produttori lapidei (tav. 96); la nuova contrazione degli investimenti indiani in macchine di provenienza estera (tav. 97); ed il nuovo massimo dell’importazione di macchine in Turchia, tanto più apprezzabile perché nella fattispecie si tratta di un Paese più che notevole anche nel campo delle produzioni tecnologiche (tav. 98).
L’Italia ha ribadito la sua tradizionale preminenza anche a livello mondiale, dove guida la graduatoria esportatrice con largo vantaggio su Cina, Giappone e Germania, i soli Paesi ad avere effettuato spedizioni per oltre cento milioni di dollari (tav. 99), e dove ha ulteriormente accresciuto la propria quota di mercato, al pari di quanto è accaduto anche in ambito europeo (tav. 100), in analogia a quanto già detto per le quantità. Si deve aggiungere che in diversi Paesi leader la quota della tecnologia italiana sul totale delle rispettive importazioni si esprime a livello di maggioranza assoluta, come è accaduto in Brasile, Turchia ed Arabia Saudita (tav. 101), ma anche in Bulgaria, Grecia e Slovenia (tav. 102), a conferma di un apprezzamento ormai consolidato.

BENI STRUMENTALI

L’ampliamento produttivo mondiale ed il potenziamento delle strutture industriali hanno indotto crescite altrettanto significative nei beni di consumo, ed in modo particolare negli abrasivi e negli utensili diamantati, la cui dinamica obbedisce, in prevalenza, alla logica degli approvvigionamenti domestici, senza trascurare le opportunità rese possibili dall’interscambio, compatibilmente coi necessari requisiti di produttività, durata e sicurezza.
Non a caso, nell’ambito europeo il volume delle esportazioni è sensibilmente cresciuto anche nel 2013, sia per quanto riguarda le destinazioni comunitarie, sia per ciò che attiene al resto del mondo (tav. 103), con apporti prioritari della Germania e dell’ Italia. Considerazioni analoghe valgono per l’import, sebbene in questo campo la sola crescita del 2013 sia stata limitata alle provenienze dai Paesi extra-europei, e comunque in misura tale da elidere il decremento, peraltro marginale, degli approvvigionamenti in ambito comunitario (tav. 104).
L’esame di medio periodo, relativo all’ultimo quadriennio, mette in evidenza un costante incremento dell’export europeo complessivo, portatosi a circa 1570 milioni di euro, e concentrato per due terzi del totale in Germania, Italia ed Austria (tav. 105). Sul fronte opposto, le importazioni hanno fatto registrare differenze frizionali, con un volume d’affari per il 2013 pari a circa 1060 milioni di euro, che ha eguagliato quello dell’anno precedente (tav. 106), con posizioni prioritarie, ancora una volta, per gli acquisti di Germania ed Italia, ma con estensioni a tutti gli altri Paesi, conformi alle potenzialità delle rispettive attività trasformatrici del marmo e della pietra.
Non mancano casi in cui l’interscambio è assai limitato, se non anche nullo, ma ciò non significa che le loro attività di laboratorio siano state azzerate, come potrebbe sembrare esaminando i consuntivi di Cipro, di Malta o dei Paesi baltici. Vuol dire, invece, che anche nelle realtà minori non mancano le possibilità di acquisti domestici in misura conforme a fabbisogni del resto contenuti.
L’analisi disaggregata delle importazioni di beni strumentali dimostra che in questo campo, diversamente da quanto è accaduto per il prodotto lapideo, l’offensiva dei Paesi terzi, ed in particolare di quelli asiatici, non ha conseguito risultati di particolare evidenza, sia perché la logica del mercato puntiforme, tipica dei materiali di consumo, elide i trasporti a lungo raggio, sia perché la necessità di assicurare la qualità del prodotto si traduce in acquisti selettivi dando la preferenza a merci capaci di offrire garanzie tradizionalmente competitive, e più facilmente controllabili, anche per quanto riguarda l’opportunità di risolvere in modo agile e funzionale ogni possibile contestazione.
Resta il fatto che nell’utilizzo degli abrasivi e degli utensili diamantati, al pari di quanto accade per altri materiali complementari come lame, mastici e leganti, il comportamento dell’acquirente è determinato dalla diversa attenzione per le politiche di qualità, e quindi per la riduzione, o meglio per l’azzeramento delle tolleranze, cosa che promuove un ricorso tendenzialmente maggiore all’interscambio dei beni strumentali quando le priorità qualitative prevalgano, in una logica di servizio a favore della clientela, su quelle più strettamente economiche. In questo senso, è naturale che il commercio estero dei materiali di consumo abbia maggiori possibilità di espansione, come è accaduto anche nel 2013, nei Paesi europei caratterizzati da una maggiore attenzione per il problema della cosiddetta qualità totale.

IMMAGINE PROMOZIONE E SVILUPPO

I fattori di successo che sono in grado di valorizzare al meglio le tendenze positive della congiuntura, o di elidere gli effetti di quelle negative, hanno un ruolo importante anche nel comparto lapideo, la cui domanda, naturalmente non rigida, è più sensibile di altre ad elementi motivazionali, non escluse talune interferenze psicologiche. Alcuni di questi fattori, come la qualità del prodotto ed il suo rapporto con il prezzo ricorrono in tutti i settori, e quello di marmi e pietre non fa eccezione, come hanno posto in evidenza indagini ancora recenti di fonte latino-americana, sottolineandone il rilievo totalmente condiviso, al pari della ricerca di nuovi materiali, in grado di soddisfare un ampio ventaglio di esigenze estetiche, nonché di nuovi mercati, onde prevenire il rischio sempre latente di saturazione (tav. 107).
Importanza non altrettanto totalitaria sembra essere riservata, invece, alla diversificazione, e soprattutto all’immagine: ecco una strozzatura che la teoria più avanzata di marketing non può accettare, ma che contribuisce a spiegare taluni ritardi promozionali, tuttora presenti nel sistema lapideo mondiale. Ciò, con correlazioni praticamente automatiche nella cooperazione, e soprattutto negli investimenti, dove una logica preferenza compete a quelli per l’implemento della produttività, tramite innovazioni e tecnologia, mentre una giusta promozione sarebbe ritenuta indispensabile da non oltre un terzo degli operatori (tav. 108).
E’ logico presumere che la soluzione di questi problemi in chiave più moderna e sistematica sarebbe in grado di conferire maggiore slancio allo sviluppo del settore lapideo, comunque suffragato dall’estrapolazione delle serie storiche e dalle previsioni di crescita della domanda mondiale, tali da ipotizzare il superamento dei cento milioni netti di tonnellate nella prospettiva del 2020, con un consumo non lontano dai due miliardi di metri quadrati equivalenti (tav. 109). Ciò, nell’ambito di un recupero della quota di mercato del lapideo, lento ma ormai continuo, anche nei confronti dei maggiori materiali concorrenti, quali ceramica e grès porcellanato (tav. 110).
La presunzione in parola è ulteriormente suffragata dalle previsioni di espansione demografica nel medio e lungo termine, secondo cui la popolazione mondiale dovrebbe ragguagliarsi a 8,2 miliardi di persone nel 2025, ed a nove miliardi e mezzo nel 2050, con un’ampia maggioranza assoluta in Asia (tav. 111). In effetti, tali aumenti dovranno indurre un incremento proporzionale dell’edilizia, anche di qualità, in specie per quanto riguarda le finiture: di qui, un preciso input per il comparto lapideo, anche nel segno della promozione, non soltanto sui mercati tradizionali, ma pure sui nuovi, tra i quali dovrebbero emergere, sebbene nel lungo periodo, quelli africani.
In termini attuali, è interessante constatare come la quota della popolazione asiatica sia uguale a quella del mercato lapideo dell’interscambio, e soprattutto del consumo, anche se nel ragguaglio pro-capite, come si è detto in precedenza, permangono vistose sproporzioni. Sono buoni motivi in più per evitare la concentrazione promozionale in pochi contesti sviluppati, in specie dell’Occidente, pur dovendosi considerare la necessità di un’adeguata tutela dei livelli d’impiego ivi conseguiti.
La volontà politica e le scelte imprenditoriali non potranno prescindere da queste valutazioni, con la necessaria cooperazione del momento creditizio, indispensabile a supportare al meglio ogni tipo di investimenti, e con quella delle forze sindacali, altrettanto utile nel perseguimento degli obiettivi di crescita, di ovvia utilità generale.
VOLUME D’AFFARI

L’ultimo parametro fondamentale a cui si debbono dedicare specifiche attenzioni nel consuntivo del settore, è quello del fatturato, il cui ruolo propulsivo di ulteriori investimenti per lo sviluppo è di tutta evidenza. Al riguardo, le sole informazioni disponibili sono relative all’interscambio, che tuttavia è in grado di valutare il giro d’affari sui mercati domestici, alla luce delle stime di consumo interno nei vari Paesi.
Nel 2013, il fatturato estero del settore si è ragguagliato ad oltre 22 miliardi di dollari, con un incremento del 14,9 per cento rispetto all’anno precedente (tav. 112), ed un differenziale attivo di circa dieci punti nei confronti di quello già rilevato per il volume quantitativo: risultato indubbiamente lusinghiero, che conferma lo slancio acquisito dal comparto dopo la crisi del 2009. Un apporto determinante è venuto anche in questo campo dai sette Paesi leader, con incidenze maggioritarie, nell’ordine, per Cina, Italia, Turchia, India, Brasile, Spagna e Portogallo: quindi, con alcune significative variazioni rispetto alla graduatoria quantitativa, indotte dal diverso livello dei prezzi medi, e prima ancora, dal diverso “mix” merceologico che favorisce i Paesi esportatori di lavorato, penalizzando quelli più propensi alle spedizioni del grezzo. In particolare, è d’uopo mettere in evidenza il secondo posto conservato dagli esportatori italiani, sebbene con vantaggi ormai circoscritti sui valori turchi e indiani.
A far tempo dal 2001, l’aumento complessivo del fatturato mondiale è stato di oltre quattro volte rispetto al livello iniziale, con progressioni più elevate in Cina, Brasile, India, e soprattutto in Turchia, dove il valore corrispondente è addirittura decuplicato, mentre nei Paesi europei la crescita è stata assai più contenuta (tav. 113). Ne consegue che le quote di mercato si sono andate ampliando per i quattro Paesi extra-europei leader, con un incremento massimo in Cina, salita dal 17,4 per cento del 2001 al 27,9 per cento del 2013, mentre risultano particolarmente accentuate le flessioni di Italia e Spagna, dove le quote di competenza si sono ridotte di due terzi (tav. 114).
In base alle cifre esposte ed alla presumibile quota dei consumi nazionali di materiali domestici, è fondato ritenere che il volume d’affari complessivo del settore debba collocarsi nell’ordine dei 40 miliardi di dollari: ciò, tenuto conto, fra l’altro, della naturale maggiorazione di prezzo per i materiali oggetto di interscambio, gravati da maggiori incidenze di trasporto e di intermediazioni, e caratterizzati da livelli qualitativi massimi. Il contributo di questo fatturato alla crescita di marmi e pietre nel mondo, anche per quanto riguarda i Paesi terzi, giunti ad esprimere circa il 30 per cento del totale, ne sottolinea l’ importante ruolo propulsivo dello sviluppo, anzitutto nel campo socio-economico.
Il ruolo dell’indotto, a cominciare da quello di macchine ed impianti, è molto significativo anche per quanto riguarda il fatturato: le informazioni disponibili nell’ambito mondiale, già evidenziate a proposito dell’interscambio specifico, consentono di valutarlo prudenzialmente, per il 2013, in almeno tre miliardi di dollari, un terzo dei quali da attribuire all’export italiano di tecnologie meccaniche. Si tratta di un valore non meno significativo, sia in cifra assoluta, sia nel ragguaglio al fatturato, che in relazione alle cifre esposte si ragguaglia al 7,5 per cento: ne emerge una quota d’investimento importante, ma non del tutto sufficiente, soprattutto nelle economie mature, a coprire gli ammortamenti d’esercizio ed a compiere scelte conformi alle crescenti esigenze proposte dal rapido progresso tecnologico.
CONCLUSIONE

Il volume di marmi e pietre posti in opera nel mondo contemporaneo durante l’ultimo sessantennio è superiore a quello di tutti gli utilizzi precedenti, che si erano succeduti per circa 10 mila anni, da quando venne fondata Gerico, la prima città del cui impiego lapideo si conservi memoria storica. L’assunto, proposto dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena, sintetizza in maniera icastica l’ampiezza dello sviluppo più recente, dovuto alla rinnovata fiducia nel prodotto naturale da parte della progettazione più avanzata, ma nello stesso tempo, ad un progresso tecnico senza precedenti, e tuttavia idoneo a valorizzare al meglio le doti di creatività e di fantasia, tipiche del lavoro settoriale.
E’ un punto di partenza importante, da cui muovere nelle strategie di ulteriore espansione a cura prioritaria della volontà politica, e contestualmente, ad iniziativa di un vivace momento imprenditoriale, sempre pronto ad affrontare il rischio tipico dell’industria lapidea, soprattutto nelle cave, ma tuttora lontano da rapporti internazionali di effettiva coesione cooperatrice. In effetti, sia a livello mondiale, sia nel contesto europeo, l’attività associativa appare improntata alle buone intenzioni, cui non hanno fatto seguito, solitamente, adeguate iniziative di investimento e di promozione.
A mezzo secolo dall’avvento del diamante nelle lavorazioni della pietra, e trascorso un ventennio dalla diffusione generalizzata del controllo numerico computerizzato, i tempi sono maturi per conferire al settore una nuova dimensione industriale, in grado di perseguire lo sviluppo a tutto campo, con una ripresa dei grandi lavori capace di coesistere con la componente artigiana, custode di valori espressivi ed estetici sempre attuali. Occorre una consapevolezza comune degli obiettivi e dei mezzi, non soltanto finanziari, indispensabili a raggiungerli; e prima ancora, serve un reale convincimento del carattere irreversibile acquisito dalla globalizzazione.
I nuovi grandi protagonisti lapidei, che appartengono non casualmente al mondo extra-europeo, sono pervenuti, non senza adeguamenti impegnativi, a comprendere il ruolo strategico di marmi e pietre, avviando e potenziando rapporti di collaborazione proficua, seppure al solo livello operativo. Altrove, non mancano esempi analoghi, ma resta evidente la necessità di superarne il carattere episodico e di rastremare il pur comprensibile tentativo di conservazione, più frequente nei Paesi di maggiori tradizioni settoriali, destinato ad annullarsi nella logica del mercato mondiale.
La civiltà della pietra, dopo avere contrassegnato i momenti essenziali di una lunga crescita tecnica, economica ed umana, ha tutte le carte in regola per presiedere ad ulteriori successi, ed in primo luogo, quella di una forte compatibilità ecologica, ben lontana dai conati punitivi di cave, segherie e laboratori che si susseguono in taluni contesti, in specie dell’Occidente, incapaci di comprendere come ogni insediamento, sin dall’epoca delle palafitte, abbia coinciso con una modifica estetica dell’ambiente. In questo senso, urgono strumenti di programmazione in grado di effettuare scelte consapevoli, conformi agli interessi nazionali o regionali prevalenti, ma tenendo conto, salvo eccezioni motivate, della priorità che spetta a quelli socio-economici.
L’effetto moltiplicatore è dietro l’angolo anche per marmi e pietre, ma sarà tanto più costruttivo e durevole nella misura in cui venga sostenuto da una reale ed efficace cooperazione.
Appendice critica

Gli strumenti statistici posti a base del Rapporto, al pari di quelli utilizzati nelle edizioni precedenti, rivengono da una complessa ricerca ad ampio spettro, basata integralmente su fonti ufficiali per quanto riguarda l’interscambio, mentre le produzioni ed i consumi sono valutati alla luce di stime ragionate (in alcuni casi con la fattiva collaborazione di Soggetti locali). Ciò, nell’ambito di criteri omogenei di rilevazione, elaborazione ed interpretazione, in modo da garantire il carattere comparabile dei dati e delle rispettive aggregazioni.
Le fonti da cui sono desunti, con ogni possibile aggiornamento, i dati propedeutici di carattere macro-economico, sono quelle degli Organi internazionali competenti, mentre le informazioni sulla congiuntura dell’attività edilizia nei maggiori Paesi industriali sono di analoga provenienza, con qualche verifica italiana di matrice ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili).
Per quanto si riferisce alla produzione estrattiva, le cifre dell’Europa rivengono dall’elaborazione di precedenti stime ufficiose di fonte Eurostat, calibrate in funzione dell’interscambio di materiali e di tecnologie, mentre quelle di altri Paesi leader, fermo restando il modulo illustrato, sono state utilmente confrontate con valutazioni di provenienza USGS (Servizio Geologico degli Stati Uniti): in diversi casi, le sole disponibili, in specie per taluni Stati del terzo mondo.
I dati produttivi del Brasile, oggetto di approfondimento specifico nel “Dossier” allegato al Rapporto (alla luce di una propensione allo sviluppo lapideo che si colloca al massimo livello occidentale) sono omogenei a quelli dei Rapporti precedenti, previa indicazione collaterale delle maggiori quantità estratte, relative a materiali per uso strutturale, di cui alle rilevazioni dell’Associazione brasiliana di settore (Abirochas). La natura monografica del documento assume carattere esaustivo con una serie di rilevazioni esclusive circa l’interscambio di tecnologie e di beni strumentali, una comparazione in linea di benchmark tra prezzi medi dei manufatti lapidei esportati, e l’analisi congiunturale di alcuni prodotti concorrenti (ceramica e pietre artificiali).
Il volume globale dei lavorati è stato valutato sulla base di rilevazioni conformi a quelle storiche, con coefficienti invariati relativi alle perdite di lavorazione, pur essendo ragionevole presumere un progressivo aumento della produttività media collegato alle recenti ottimizzazioni tecnologiche: stante l’impossibilità di effettuarne un’elaborazione probante, si è confermata l’opzione per la formula più idonea dal punto di vista della comparabilità, iterando la tradizionale quota di perdita nella misura di due quinti del carico di segheria, al netto del rispettivo interscambio grezzo.
Le cifre in quantità e valori riferite al traffico internazionale del settore provengono, per quanto di competenza e salvo eccezioni, dall’Organizzazione statistica dell’ONU (Comtrade), e per l’Europa dei Ventisette, da Eurostat: in qualche caso, come quelli riguardanti alcuni Paesi asiatici, con gli aggiustamenti resi necessari dalla diversa articolazione del calendario (al riguardo, si deve comunque aggiungere che i consuntivi dell’India, già dal 2012, sono stati utilmente perequati a quello occidentale).
Come negli anni precedenti, stanti l’importanza determinante della Cina nel panorama lapideo mondiale, ed il livello decisivo delle sue quote di produzione, interscambio e consumo, i consuntivi dell’export ed import di questo Paese sono stati verificati, tramite la collaborazione dell’ufficio ICE di Pechino, con i dati doganali di fonte locale. Anche per questo, in qualche caso di significativa differenza negli incroci dell’interscambio, il dato cinese è stato oggetto di motivata preferenza.

Si deve porre in evidenza che, proprio nel caso della Cina, sono emerse discrasie significative con i dati oggetto d’incrocio: ciò, con particolare riguardo all’import di grezzi calcarei e silicei, dove il consuntivo doganale cinese è risultato notevolmente inferiore, nella misura media di circa un quarto, cosa che ha comportato la necessità di un proporzionale incremento perequativo. Dovendosi escludere che il fenomeno sia attribuibile ad errori di classificazione, non è azzardato presumerne l’origine in fattori contabili connessi al modulo di pagamento delle forniture.
Il riferimento ai valori deve ritenersi complementare, in specie nel giudizio di lungo periodo, mentre il dato quantitativo permette confronti omogenei e conseguenti valutazioni strategiche non influenzate dai problemi di cambio e dagli oneri extra-gestionali.
Sulla base di una prassi consolidata, sono stati espunti dai flussi di movimentazione, e dalle stesse stime produttive, volumi talvolta cospicui di materiali correnti, che in alcune situazioni raggiungono livelli di grande ampiezza ma di scarso valore unitario: ancora una volta, i casi più significativi in partenza riguardano Cina, Croazia, Danimarca, Indonesia, Malaysia, Norvegia, Pakistan, e per quanto concerne i consumi, Paesi Bassi, Regno Unito e Singapore, oltre a diverse realtà africane ed asiatiche. Del pari, nelle rilevazioni riguardanti l’Italia, diversamente dalla prassi seguita in altre fonti si è ritenuto di prescindere dalle cifre riguardanti i sottoprodotti (granulati e polveri), che soprattutto nell’export sono di forte rilevanza quantitativa ma di apporto valutario marginale.
I consuntivi aggregati dell’Unione Europea non comprendono la Croazia, in quanto il suo ingresso in ambito comunitario ha avuto luogo col 1° luglio 2013.
Il modello standard nella rilevazione degli scambi lapidei, tanto più importante perché interessa la maggioranza del fatturato mondiale, resta il sistema input-output. Vi permangono notevoli problemi di elaborazione, interpretazione e perequazione dei dati, relativi ai tradizionali codici a quattro cifre (calcarei grezzi, silicei grezzi, lavorati semplici, manufatti con valore aggiunto, ardesia lavorata): fatto salvo quanto riferito circa l’import grezzo cinese, nei casi non infrequenti di escursioni apprezzabili si è optato, sempre in linea di omogeneità con le rilevazioni precedenti, per considerare prevalente il dato di maggiore affidabilità.
Nelle classificazioni originarie del prodotto finito, ed in qualche caso anche del grezzo, come in quelli rispettivi di India e Sudafrica, esistono riferimenti a carattere disomogeneo suffragati dai valori medi: cosa che ha consentito di apportare i necessari correttivi, ferma restando la cifra complessiva dei volumi scambiati dal Paese in riferimento. Il fenomeno ha richiesto qualche aggiustamento anche nei casi, peraltro marginali, di escursioni abnormi da un esercizio all’altro.
Differenze non del tutto trascurabili possono sussistere nei consuntivi in valore che si riferiscono a flussi dell’interscambio tra un Paese esportatore ed un altro Paese importatore: al riguardo, casi di qualche consistenza sono tuttora rilevabili nell’import cinese di grezzi, a fronte del relativo export calcareo dalla Turchia e dall’Egitto, o di quello siliceo da India e Brasile, fermo restando il rispetto delle tendenze evolutive di base, nell’ambito di un trend in espansione. Le motivazioni di queste escursioni possono essere riferibili al diverso valore doganale di carico od all’attribuzione imprecisa del codice doganale di riferimento. Confermando la maggiore congruità comparativa dei dati in volume, nel caso di escursioni in valore tra dati corrispondenti di Paesi leader, cui si fa cenno nei testi e nei documenti statistici, si è preferito mantenere invariata l’informazione originaria, dando atto della differenza.
Le schede dei maggiori Paesi settoriali, proposte a conclusione del Rapporto con la sintesi storica delle variabili essenziali di produzione, interscambio e consumo, sono conformi al modulo in uso nei volumi pregressi. Al riguardo, l’astrazione più significativa riguarda, sin dal primo Rapporto del 1990, gli scarti di segheria e di laboratorio.
In mancanza di riferimenti certi, detti scarti sono stati assunti in una quota percentuale unitaria, riveniente da esperienze storiche, dando luogo ad una sovrastima del prodotto a favore dei Paesi meno sviluppati dove la quota di cascami è verosimilmente più alta; ovvero, a qualche sottostima nel caso di quelli caratterizzati da livelli competitivi di produttività o dalla maggiore presenza di lavorati semplici, dove lo scarto è verosimilmente inferiore. Comunque sia, si tratta di escursioni contenute che non inficiano il giudizio di sintesi quale emerge dalle schede.
L’utilizzazione del sistema input-output per le tecnologie, ed in particolare per macchine, impianti e beni strumentali, non risulta praticabile, tanto più che per molti Paesi le unità di misura quantitativa non hanno carattere omogeneo, in quanto sono riferite al numero di pezzi anziché al peso. In ogni caso, il numero dei Paesi monitorati, compreso il controllo di quelli minori, è stato oggetto di un utile potenziamento comparativo, in modo da ampliare anche per queste tipologie il ventaglio delle rilevazioni. Stante la sicura permanenza di una significativa leadership italiana in campo marmo-meccanico sono state introdotte nuove informazioni statistiche circa le sue quote di mercato nei Paesi settorialmente avanzati.
L’apporto dei Paesi di terza fascia aventi rilevanza significativa ma complementare, è riportato globalmente nella tradizionale definizione aggregata di “others”: ciò, iterando le maggiorazioni convenzionali applicate al subtotale dei Paesi rilevati singolarmente nei modelli input-output. Tali maggiorazioni, che in precedenza erano state ragguagliate, salvo eccezioni, al tre per cento del subtotale medesimo, sono state rivedute alla luce della crescente movimentazione fra Paesi terzi: mediamente, i nuovi tassi sono stati elevati al cinque per cento, fatta eccezione per l’ardesia, dove il modulo applicato nei precedenti Rapporti è rimasto invariato.
I Paesi monitorati nel rispettivo interscambio quantitativo del 2013 sono pari a 108, superando il precedente massimo già acquisito nel Rapporto per il 2012, con qualche importante integrazione nell’ambito del terzo mondo, tra cui è congruo ricordare quelle di Giordania, Palestina e Togo, ferma restando la presenza di tutti i maggiori protagonisti, oggetto di rilevazione esaustiva sia nel breve che nel lungo periodo.
Per quanto si riferisce ai dati macro-economici, si deve infine precisare che i consuntivi concernenti il prodotto interno lordo sono stati tratti dalle informazioni disponibili all’atto di predisposizione del testo (maggio 2014): pertanto, le cifre esposte sono suscettibili di qualche scostamento, peraltro marginale, rispetto ai correttivi ufficiali apportati in tempi posteriori dai rispettivi Governi o dalle Istituzioni economiche competenti. Quanto ai problemi organizzativi e giuridici del lavoro, con riguardo prioritario a quello minorile nelle cave, ed alle prospettive di collaborazione internazionale di settore, anche a livello associativo, stante la carenza di fatti innovativi rilevanti, si rinvia alle considerazioni dei Rapporti precedenti.
Schede dei maggiori Paesi lapidei

Alla stregua di quanto proposto in precedenti edizioni del Rapporto, nelle tavole che seguono vengono evidenziati, per quanto attiene al loro andamento storico ventennale, i parametri essenziali di produzione, interscambio e consumo, con riferimento ai 24 Paesi leader in campo estrattivo, distributivo ed utilizzatore. Si tratta di schede improntate ad un modulo di facile approccio e di agevole consultazione anche nell’ottica comparativa, e nel contempo, tale da consentire l’estrapolazione di valutazioni attendibili circa le potenzialità di sviluppo in ciascun Paese.
La fotografia che emerge da questa sintesi deve considerarsi esauriente, perché si riferisce ad un aggregato pari ad oltre quattro quinti della produzione lapidea mondiale, mentre il volume del corrispondente interscambio è ancora più significativo.
Questo ventaglio di Paesi può essere suddiviso in tre sottogruppi ugualmente importanti. Il primo riguarda i maggiori protagonisti dell’escavazione: nell’ordine, Cina, India, Turchia, Brasile, Italia, Spagna, Portogallo, Francia. Nel secondo trovano spazio quelli che hanno evidenziato i volumi più rilevanti di consumo, con particolare riguardo ai materiali d’importazione: sempre in ordine quantitativo, si tratta di Stati Uniti, Corea del Sud, Germania, Taiwan, Giappone, Canada. Nell’ultimo, trovano spazio altri nove Paesi di notevole consistenza produttiva o distributiva: Australia, Belgio, Finlandia, Norvegia, Polonia, Russia, Singapore, Sudafrica. Naturalmente, ciò non esclude che altri Paesi dei vari continenti abbiano una rilevanza settoriale degna di attenzione, sia in chiave attuale, sia dal punto di vista delle potenzialità di sviluppo.
L’esame comparativo delle cifre dimostra che l’evoluzione congiunturale di medio e lungo termine è stata più favorevole nei Paesi extra-europei, con riguardo prioritario a quelli asiatici. Tuttavia, anche nelle realtà caratterizzate da ricorrenti fenomeni vischiosi, si è registrata una significativa propensione a fronteggiare le situazioni critiche, come è accaduto più intensamente nel 2009, con apprezzabile forza reattiva, superiore a quella dei comparti contigui.
Le produzioni di cava e di trasformazione sono stimate in base ai criteri illustrati nell’Appendice critica, mentre i consuntivi dell’interscambio hanno carattere generalmente ufficiale, con gli adeguamenti in sede di input-output, di cui si è dato parimenti ragione. Il dato finale di ciascuna tavola, espresso sia in unità di peso che di superficie a spessore convenzionale, riguarda i consumi nazionali, con possibili minusvalenze reali in qualche Paese dove l’impiego nell’arte funeraria risulta superiore alla media, come accade nel Regno Unito, nella Mitteleuropa ed in Giappone.
Del resto, la ripartizione di questi Paesi per macro-aggregati continentali continua a proporre una prevalenza numerica di quelli europei, che sono pari a undici, seguiti da sette asiatici e tre americani, mentre gli ultimi tre appartengono al resto del mondo. D’altro canto, in Asia si collocano le prime potenze settoriali, con vantaggio ormai irraggiungibile.
Nei volumi del consumo non si è tenuto conto dei materiali correnti per uso strutturale, che possono alimentare taluni flussi importanti, non solo nella produzione, dove hanno rilevanza piuttosto generalizzata, se non altro per l’esigenza di smaltire le seconde scelte sui mercati domestici, ma anche nell’interscambio, i cui riferimenti sono riportati nel testo e nell’Appendice critica.

Ringraziamento

L’Editore sente il dovere di ringraziare tutti i Soggetti che hanno contribuito alla realizzazione di questo XXV Rapporto, sia in campo scientifico che promozionale. Ciò, con particolare riguardo alle Istituzioni da cui proviene la massima parte delle informazioni statistiche di base: da un lato, l’Unione Europea, tramite i propri servizi di Eurostat, e dall’altro, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, attraverso Comtrade. In tal senso, un ringraziamento specifico compete anche ad Abirochas, l’Associazione brasiliana del comparto lapideo, per la fornitura dei dati ufficiali concernenti la produzione estrattiva di competenza, utilizzati nell’annesso dossier.
A livello integrativo, utili informazioni sono state mutuate dal Fondo Monetario Internazionale, per quanto concerne i dati macro-economici, da alcuni Soggetti fieristici, da Confindustria Marmo Macchine, e dalla stampa specializzata di categoria.
Accanto a quelli riservati al momento pubblico ed alle Istituzioni ufficiali, ringraziamenti non meno importanti debbono essere espressi al contesto privato, ed in particolare, alle Aziende che riservano al Rapporto significative attenzioni di partenariato e di sponsorizzazione, attestando la congruità scientifica e funzionale della ricerca e curando la sua diffusione sistematica nel mondo dei rispettivi clienti e fornitori. Si tratta del supporto decisivo ai fini della continuità editoriale di un’iniziativa che si colloca prioritariamente nell’ottica di servizio.
Infine, un ringraziamento non formale si deve all’Autore, che da 25 anni mette a disposizione del mondo lapideo una competenza straordinaria, felicemente coniugata con un lungo apprezzamento per i valori umani e civili, tipici della pietra.

Sintesi del Rapporto

Nel settore lapideo, la congiuntura innescata nel 2009 dalla crisi della grande finanza e dal regresso industriale, dopo lo straordinario superamento che aveva dato luogo ad ulteriori massimi produttivi, ha trovato un ulteriore sbocco positivo nel 2013, nonostante le sacche di ristagno che permangono in alcuni Paesi. Infatti, sia in estrazione e trasformazione, sia nell’interscambio e nei consumi, sono stati conseguiti ulteriori progressi mondiali, consentendo di porre le basi per ulteriori sviluppi conformi ad un trend di crescita ultra-ventennale.
Marmi e pietre, in effetti, si erano già distinti per un’espansione notevolmente superiore a quella dell’economia mondiale, ed avevano sofferto la tendenza al ristagno in misura meno ampia della media. Lo confermano i consuntivi di lungo periodo: nell’ultimo decennio, la produzione netta è aumentata di circa sette punti in ragione annua e l’interscambio globale è cresciuto mediamente di oltre il dieci per cento.
Nel 2013 il volume estratto e quello trasformato sono aumentati di circa cinque punti rispetto all’esercizio precedente, mentre l’esportazione e l’importazione in volume si sono incrementate del 2,8 per cento nei confronti del 2012, evidenziando una maggiore espansione proporzionale dei mercati domestici.
Si deve aggiungere che nel 2013 export ed import hanno bilanciato in oltre 53 milioni di tonnellate: anche alla luce di queste cifre, e della loro evoluzione storica, il consuntivo del lapideo risulta competitivo nei confronti degli altri settori ad esso contigui. Nondimeno, va detto che l’aggregato mondiale ha potuto ascrivere un nuovo risultato di segno positivo grazie ai Paesi asiatici, cui compete oltre il 60 per cento della produzione.
In assoluto, la produzione del 2013 è stata pari a 265 milioni di tonnellate al lordo delle perdite di cava e dei cascami di trasformazione ed ha indotto un consumo pari a 1,420 miliardi di metri quadrati equivalenti, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2. L’impiego pro-capite, dal canto suo, è salito a 226 metri quadrati per mille unità, a fronte dei 215 dell’anno precedente e dei 135 del 2003.
Il ruolo più importante nel quadro della mondializzazione è stato svolto ancora una volta dall’interscambio: tenuto conto degli apporti di grezzo e lavorato, a detta cifra corrispondono oltre 770 milioni di metri quadrati equivalenti. Giova precisare che la quota del grezzo è ulteriormente cresciuta, con il 52,7 per cento del totale, ed evidenziando la continuità di una modificazione strategica che non privilegia il prodotto finito. Dalle cifre indicate emerge un’altra realtà significativa del lapideo: la maggioranza assoluta dei consumi mondiali si riferisce a materiali estratti e spesso trasformati in Paesi diversi da quello di posa in opera.
I primi cinque produttori (nell’ordine: Cina, India, Turchia, Brasile, Italia) hanno espresso oltre due terzi dell’estrazione mondiale, superando di oltre un punto la corrispondente quota complessiva del 2012 e di oltre venti quella del 1996. Ciò conferma la tendenza storica ad una progressiva concentrazione, generalmente estesa alle fasi trasformatrici ed alla distribuzione. In particolare, la Cina, con circa 40 milioni di tonnellate estratte, ha consolidato il primato produttivo, ma non ha incrementato la quota.
I prezzi, nei mercati maggiori, sono stati caratterizzati da una buona resistenza, ed in molti casi da una discreta crescita. La stessa Cina, dove la quotazione media del prodotto finito ha fatto registrare una costante ripresa dal 2003 in poi, per accusare una flessione di qualche rilievo soltanto nel 2009, è pervenuta al nuovo massimo di 32,40 dollari per metro quadrato esportato, contro 27,50 dell’anno precedente, per non dire dei 24,30 del 2011 e 13 del 2003. Il fenomeno, cui non è del tutto estranea la dinamica dei cambi, conferma che l’avvento di una ragionevole strategia di redditività è diventato ricorrente anche nei Paesi terzi, pur dovendosi confrontare, in regime di prezzi competitivi, con mutevoli equilibri di offerta e domanda, ma senza compromettere un differenziale di notevole ampiezza nei confronti delle economie mature, ed in particolare dell’Europa occidentale, dove la quotazione media del lavorato italiano, con circa 70 dollari per metro quadrato, resta più che doppia rispetto a quella cinese.
Sul piano merceologico, il 2013 ha visto un nuovo recupero del prodotto siliceo, sia pure marginale, ferma restando la prevalenza quantitativa del calcareo, la cui incidenza sul consumo mondiale si colloca intorno a tre quinti del totale. La destinazione prevalente è sempre quella dell’edilizia, con quote importanti destinate all’arredo urbano ed alla funeraria.
A proposito della Cina, va aggiunto che la sua esportazione in volume, costituita in larghissima prevalenza da prodotti finiti, lasciando ai grezzi quote marginali, è scesa a 12,1 milioni di tonnellate, confermando il primo ridimensionamento del 2012, a fronte di una tendenza storica ampiamente positiva: il regresso è stato di 500 mila tonnellate, pari al quattro per cento. L’export cinese, costituito per quattro quinti da prodotti finiti, ha confermato posizioni prioritarie e sostanzialmente monopolistiche in Corea del Sud ed in Giappone, con importanti presenze anche negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Diversamente dal volume, il fatturato estero delle spedizioni cinesi è pervenuto ad un nuovo primato, con oltre 6,2 miliardi di dollari ed una crescita di quasi venti punti, contro il quattro per cento dell’anno precedente.
Nell’ambito dei maggiori Paesi lapidei il consuntivo dell’Italia è stato sostanzialmente stazionario, con una flessione produttiva marginale ed un recupero dell’export in quantità – netto da sottoprodotti – pari ad un punto e mezzo, contro il 3,9 per cento ascritto nel 2012; resta un calo di oltre dieci punti rispetto al massimo storico del 2000. L’apporto determinante è venuto dal grezzo, il cui export italiano è salito di un ulteriore due per cento, mentre quello dei prodotti finiti ha fatto registrare un aumento marginale, pari allo 0,6 per cento, con una quota sul totale delle spedizioni che è scesa al 51,4 per cento. Ciò conferma l’esistenza di permanenti difficoltà strutturali nel momento di lavorazione ed una crisi del valore aggiunto che si pone in controtendenza rispetto allo sviluppo della domanda mondiale.
Il disaggregato regionale italiano conferma il primato del Veneto, con un fatturato estero di 493 milioni ed il 32,9 per cento dell’export in valore, ma con un recupero più accentuato della Toscana, che è pervenuta al 32,8 per cento. In cifra assoluta, gli aumenti più significativi sono stati conseguiti da Lombardia e Sicilia, mentre un bilancio riflessivo si è registrato in Trentino-Alto Adige, Lazio e Puglie.
Un ruolo settorialmente fondamentale resta quello dell’indotto ed in particolare delle tecnologie di lavorazione (macchine e beni strumentali). Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2013 si è chiuso con una produzione mondiale stimabile in circa tre milioni di quintali, oggetto d’interscambio nella misura di due terzi, e la conferma del primato italiano, forte di un’esportazione in valore che assomma al 68,2 per cento di quella europea e copre la maggioranza assoluta della domanda in diversi Paesi extra-europei di rilevanza lapidea fondamentale, quali Turchia, Brasile ed Arabia Saudita.
L’export italiano di macchine per marmi e pietre ha interessato spedizioni per circa 660 mila quintali con un volume d’affari per oltre 700 milioni di euro, ed aumenti rispettivi del 2,1 e del 10,8 per cento rispetto al 2012. Il valore medio per unità di prodotto, invece, è salito a 1058 euro a quintale contro i 974 dell’anno precedente, ascrivendo una maggiorazione di circa nove punti, dopo i venti dell’anno precedente, ed il nuovo prezzo medio massimo.
Il consuntivo della tecnologia italiana è completato dai beni strumentali, fra cui primeggiano abrasivi e utensili diamantati, le cui esportazioni in valore hanno dato luogo ad un fatturato di 269 milioni di euro, con una crescita di 25 milioni rispetto al 2012, pari al 10,2 per cento, che si aggiunge al 4,3 del 2012 ed al 5,9 per cento del 2011.
La movimentazione internazionale è stata caratterizzata, come in passato, da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali. Si è confermato il recupero dei trasporti ferroviari, sia a breve che a lungo raggio (ad esempio, nei cospicui approvvigionamenti cinesi di grezzi silicei provenienti dall’Europa settentrionale), mentre il numero di quelli su strada, spesso complementari ai primi due, è cresciuto in misura sostanzialmente proporzionale alle produzioni di grezzi e manufatti, con una stima pari a circa 48 milioni di carichi e scarichi.
Quanto ai prodotti concorrenti, guidati dalla ceramica e dal gres porcellanato, la loro disponibilità complessiva in termini quantitativi (9,5 miliardi di metri quadrati) ha superato di circa sette volte quella dei lapidei, senza apprezzabili variazioni ponderali nei confronti degli anni precedenti, ma sottolineando la permanenza di notevoli prospettive di crescita per marmi e pietre, in specie se supportate da un’adeguata politica promozionale capace di ottimizzarne il consumo, tuttora limitato nel riferimento pro-capite nonostante talune iniziative di buon impatto come quelle del Marchio europeo di qualità e dei premi di architettura.
Va aggiunto che, nel periodo lungo, l’impiego mondiale di marmi e pietre è cresciuto in misura superiore a quello della ceramica, incrementandosi dal 12 per cento del 2000 ai circa 15 punti attuali.
L’esame differenziato per Paesi dimostra che lo sviluppo del mondo lapideo è governato da processi assai variabili: se gli aumenti maggiori di estrazione e trasformazione sono stati conseguiti dalla Cina e dagli altri produttori asiatici, con riguardo prioritario all’India, anche in Europa non sono mancati apprezzabili recuperi come quelli nelle attività settoriali, ed in primo luogo nell’interscambio, segnatamente nei Paesi mediterranei, dove il settore lapideo, sia pure con talune sacche vischiose, ha dimostrato una specifica idoneità ad elidere gli effetti di una congiuntura economica che resta comunque difficile.
Consuntivi di segno positivo sono stati registrati anche in Brasile, grazie ad una forte politica di valorizzazione delle pietre locali, con particolare riferimento al granito, ed alla loro incisiva distribuzione sui mercati americani; ed in Turchia, sebbene la sua crescita sia stata indotta soprattutto dalle spedizioni di grezzi calcarei verso il mercato cinese (con notevole prevalenza di lastre a piano di sega nei confronti dei blocchi), mentre la ripresa dell’export di manufatti in quello statunitense è stata relativamente circoscritta, restando lontana dai massimi storici. Al pari di quanto è accaduto in Italia, in Egitto ed in altri Paesi produttori, la domanda del grezzo turco da parte della Cina è aumentata in modo impetuoso condizionando la politica del massimo valore aggiunto, ma permettendo all’export globale del Paese di raggiungere 8,3 milioni di tonnellate contro gli otto dell’anno precedente, per non dire dei 7,2 del 2011 e del milione e mezzo del 2002; e di consolidare il secondo posto nella graduatoria mondiale.
Un caso di politica conservatrice illuminata è quello del Sudafrica, dove i caratteri cromatici del granito domestico e quelli della domanda internazionale propensa all’acquisizione di colori accesi ed a ritrovate attenzioni per marmi e travertini si sono coniugati con la tradizionale strategia di valorizzazione della qualità e dei volumi estratti, le cui destinazioni prevalenti, diversamente da quanto accade altrove, hanno continuato ad interessare l’Europa ed in modo particolare l’Italia, con volumi complessivi dell’export in sensibile regresso, cui ha fatto riscontro un buon incremento del consumo interno.
I prezzi del manufatto continuano ad essere notevolmente diversi da un Paese all’altro, con quotazioni medie dell’export che, in sintesi, vanno dai 52 euro/mq. dell’Italia ai 22 della Cina (previa conversione dal dollaro in base al cambio medio dell’esercizio). La tendenza generale, come si è detto, resta quella improntata al perseguimento di una redditività più competitiva, nei limiti consentiti da una concorrenza sempre più vivace.
Debbono essere esaminate, infine, le prospettive di sviluppo del settore. Al riguardo, le previsioni produttive, pur improntate a criteri opportunamente prudenziali rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche e da uno scontato incremento demografico seguito da quello dell’edilizia, sono favorevoli, tanto che nel 2020 il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a circa 170 milioni di tonnellate lorde, con un impiego nell’ordine di 1,9 miliardi di metri quadrati equivalenti, mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale andrebbe a definirsi in misura proporzionale, e quindi, intorno ad un miliardo di metri.
E’ fondato presumere che il trend del comparto lapideo mondiale, superata la strozzatura indotta dalle residue situazioni di ristagno, possa riprendere con un tasso conforme a quello di lungo periodo; si porranno, tuttavia, maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento impiantistico e di collocazione dei cascami, a tutti i livelli nazionali e regionali, e prima di tutto in un’ottica globale. Sono problemi da affrontare tenendo conto del ruolo decisivo degli investimenti – e quindi del credito – e della necessità di potenziarli sul piano aziendale attraverso adeguati incentivi: ciò, sia per il momento produttivo sia per quello della comunicazione e della promozione, con attenzioni particolari per la questione degli scarti, le cui difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale vanno creando ostacoli alla logica dello sviluppo.
Il settore lapideo possiede contenuti professionali molto alti e la possibilità di creare posti di lavoro con mezzi finanziari limitati, tanto che da oltre un trentennio è stato ritenuto ufficialmente idoneo ad avviare processi di espansione laddove altri comparti non potrebbero esprimere analoghe capacità strategiche e tattiche. Se non altro per questo, ha diritto ad essere oggetto di consapevoli attenzioni, sia nei Paesi terzi, dove costituisce un’occasione importante di incremento del valore aggiunto, sia in quelli maturi, dove si traduce in aggregati di notevole importanza dal punto di vista economico e sociale.

 
SOMMARIO

Prefazione
Quadro macro-economico

Produzione mondiale

Scambi internazionali

Flussi aggregati dell’ex-import

Dinamica dell’interscambio

Analisi merceologica

Italia: una meta lontana

Spagna: ripresa complessa

Altri Paesi europei

Pianeta Cina

Asia protagonista

Stati Uniti: progresso graduale

Globalizzazione lapidea

Andamento dei consumi

Macchine e impianti produttivi

Beni strumentali

Immagine promozione e sviluppo

Volume d’affari
Conclusione
Appendice critica

Schede dei maggiori Paesi lapidei
Ringraziamenti
Sintesi del Rapporto