I dati 2020 del settore lapideo dall’anteprima del XXXII rapporto Marmo e Pietre nel mondo

Le ipotesi circa l’andamento mondiale del settore lapideo che erano state formulate nel Rapporto precedente avevano assunto un carattere necessariamente negativo, come non era mai accaduto, nemmeno negli anni più difficili della congiuntura. In questo clima, i risultati finali conseguiti nel 2020 si possono definire addirittura accettabili, nonostante le flessioni effettivamente registrate che peraltro, come si evidenzia dettagliatamente nella XXXII edizione, si sono ridotte a pochi punti percentuali nel ragguaglio globale, senza dire che alcuni Paesi hanno chiuso il proprio bilancio di settore con un consuntivo di segno favorevole: cosa oggettivamente imprevedibile nei momenti peggiori dell’emergenza sanitaria.

Il Rapporto, che si giova di 174 tavole fuori testo, ha monitorato 130 Paesi di tutti i continenti, raggiungendo un nuovo massimo storico, riferibile a due terzi di quelli rappresentati in sede ONU, e mettendo a disposizione del comparto uno strumento di alta importanza strategica e tattica.

Nel volume esportato, momento portante del comparto, il risultato positivo ha coinvolto alcune realtà di rilevanza prioritaria.  Consolidando il proprio ruolo di leader mondiale, l’India ha incrementato le spedizioni all’estero nella misura complessiva del 6,2 per cento, scomposta in un 10,8 dei silicei grezzi e in un 8,7 del prodotto finito; dal canto suo, il Brasile ha annullato gli effetti del ristagno precedente con un aumento complessivo nell’ordine di un punto e mezzo, e di due punti e mezzo nei lavorati;  la Turchia, infine,  ha fatto registrare un consuntivo ancora migliore nell’export del prodotto finito, con una crescita di quasi tredici punti, senza eguali nell’esercizio.

Effetti considerevoli si sono avuti nel contenimento dei prezzi medi, consentito anche dagli incrementi della produttività. Anche per tale aspetto, il mondo lapideo ha saputo reagire bene all’emergenza, confermando un alto grado di reattività e di coerenza nella democratizzazione degli impieghi, più evidente nei maggiori leader extra-europei, ma con qualche apprezzabile manifestazione anche nel Vecchio Continente, come nel caso del Belgio. Ciò permette di guardare con fiducia all’avvenire, ma nello stesso tempo di confermare la necessità prioritaria di puntare sugli investimenti produttivi, perché la concorrenza è oltremodo attiva: lo dimostra il nuovo successo della pietra artificiale, giunta a controllare oltre un terzo dell’export complessivo espresso dal comparto lapideo aggregato, a suggello di un decennio in costante ascesa.

Se le luci che hanno confermato la vitalità di marmi e pietre, con riguardo soprattutto al granito, la cui incidenza produttiva e distributiva è cresciuta in misura non marginale, non sono mancate le ombre. In primo luogo, l’assunto vale per la Cina, seconda potenza lapidea mondiale, anche se il  regresso dell’export ha trovato una valida motivazione nelle tensioni della domanda interna.

Poi, l’assunto in parola vale per l’Europa, con riferimento prioritario a quella mediterranea, dove il regresso è stato più visibile nei Paesi iberici; e soprattutto vale per l’Italia, che accusa, assieme al ristagno ormai cronico dell’edilizia, un calo delle spedizioni all’estero pari a quasi metà dei vecchi massimi, parzialmente eliso sul piano dei risultati di gestione dal mantenimento del prezzo medio leader nel prodotto finito esportato.

A proposito dell’Italia, conviene aggiungere che il suo tradizionale punto di forza costituito dalle tecnologie, e in particolare dagli impianti di estrazione e lavorazione, continua a primeggiare nel mondo nonostante la concorrenza dei Paesi terzi, non sempre ottimale dal punto di vista delle garanzie nei temi di una giusta redditività e soprattutto della sicurezza. In tale situazione, la permanente leadership italiana è motivo di soddisfazione perché dimostra che le preferenze della clientela internazionale vanno confermando in misura crescente la strategia di acquisti selezionati, idonei a garantire, con la sicurezza, anche la qualità del prodotto finito.

A conti fatti, la flessione mondiale dello scambio lapideo ascritta nel corso del 2020 si è collocata nell’ordine dei quattro milioni di tonnellate, pari a circa sette punti percentuali, senza effetti nella produzione estrattiva rimasta quasi stazionaria, sia per effetto della maggior pressione esercitata dall’offerta sui mercati interni, sia per quello degli stoccaggi a magazzino delle quote eccedentarie. Al momento si tratta di un fenomeno sostanzialmente fisiologico che dovrà essere valutato negli effetti a breve e medio termine: il settore è in grado di assorbirlo, a patto che l’intervento sanitario coinvolga tutto il mondo nella misura necessaria a promuovere l’immunità, e che quello finanziario consenta anche a marmi e pietre di sviluppare strategie degli investimenti produttivi conformi alle potenzialità di una domanda selettiva, ma in grado di ampliare in modo apprezzabile le preferenze della clientela internazionale.

Contestualmente, è necessario che la volontà strategica degli Stati leader si adegui in maniera meno episodica alle raccomandazioni formulate da quasi mezzo secolo a cura dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, volte a promuovere l’impiego del materiale lapideo nella sua qualità di prodotto idoneo ad avviare un effetto moltiplicatore, specialmente nei distretti caratterizzati dalla mancanza di adeguate attività industriali a carattere alternativo o integrativo. In altri termini, idoneo a riconoscere il suo ruolo strategico.

L’impegno del momento imprenditoriale e delle forze sociali all’insegna di una ragionevole fiducia si è palesemente manifestato nel corso del 2020 alla luce di cifre che hanno sconfessato i timori di chi aveva messo in dubbio la sostanziale tenuta del comparto. In tale ottica, il XXXII Rapporto Aldus, oltre a costituire la tradizionale fonte d’informazione e di confronto, conferma il suo ruolo di mezzo a disposizione del momento politico per strategie oculate e per scelte ottimali, nell’auspicio che marmi e pietre, alla luce della consolidata idoneità ad avviare un volano di sano sviluppo, possano essere ancora una volta uno strumento per il rilancio delle attività produttive, e quindi della vita, in un momento aperto alla speranza, e alla fede nel comune progresso civile.

 

 

Gli elementi critici non mancano, anche a prescindere da quelli riferibili all’emergenza del momento, e costituiscono una strozzatura che condiziona maggiori potenzialità di ripresa e di sviluppo, al pari di quanto accade in altri settori, a cominciare da quelli strutturalmente contigui. Nondimeno, il comparto appare in grado di confermare un lungo trend di crescita, con un gradiente tanto più apprezzabile, nella misura in cui possa trovare adeguati supporti nell’intervento di carattere infrastrutturale, finanziario, strategico e promozionale, a conferma della consolidata capacità di contribuire alla cooperazione internazionale, e quindi, all’espansione economica, umana e civile del mondo contemporaneo.

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L’analisi di breve periodo, naturalmente condizionata dall’emergenza tuttora in atto, e tradotta in un regresso degli scambi nella misura di quattro milioni di tonnellate, cui si è fatto riferimento in precedenza, non può prescindere da quella di lungo termine, improntata a risultati ben diversi, in un quadro di consistente sviluppo.

Nel ragguaglio ventennale (2000-2020) caratterizzato da una crescita della produzione e degli scambi mondiali nell’ordine del 160 per cento, con una media di otto punti in ragione annua (per non parlare di un’espansione cinquantennale sostanzialmente decupla) i dieci Paesi leader hanno fatto registrare un tasso di sviluppo medio di quasi dodici punti, dando luogo a movimentazioni internazionali per circa quaranta milioni di tonnellate, contro i 16,7 dell’anno Duemila. C’è di più: i massimi protagonisti, vale a dire India, Turchia e Cina hanno ascritto consuntivi largamente migliori, con un’esportazione che nei primi due casi è aumentata di oltre trenta punti nel ragguaglio annuale. Il solo bilancio chiaramente negativo, in questo panorama di progresso che testimonia, se non altro, il gradimento del mercato mondiale e della committenza qualificata, è quello dell’Italia, che sconta una serie di difficoltà ormai consolidate, soprattutto di tipo strategico.

Detto questo, si deve porre in evidenza che il nuovo primato indiano, confortato da cifre giunte a oltrepassare un quarto dell’export mondiale, è stato conseguito con l’apporto determinante dei silicei grezzi, e più specificamente del granito, ma senza quello di una potente trasformazione locale del grezzo altrui, diversamente da quanto accade in Cina, dove l’incidenza di tali acquisti, anche nel 2020, ha superato di ben diciotto volte quella dell’India, anche alla luce di una domanda interna tuttora trainante.

Sta di fatto che i primi tre esportatori controllano il 55 per cento del traffico lapideo mondiale, contro il 33 per cento dell’anno Duemila. Ciò conferma che il processo di concentrazione, già in atto, è proseguito in maniera impetuosa, consegnando agli altri Paesi un ruolo tuttora importante, ma indubbiamente integrativo, inducendo rinnovati motivi di riflessione e di azione, in primo luogo sul piano politico.

Sintesi del 30° rapporto Marmo e Pietre nel mondo

(Foto Ennevi)

1. Premessa

Il trend di crescita del comparto lapideo mondiale ha trovato conferma nei consuntivi di produzione del 2018, ascrivendo un aumento dello 0,8 per cento e portandosi al nuovo massimo storico, pari a 153 milioni di tonnellate, al netto dei cascami di cava. Non altrettanto può dirsi per quanto concerne l’interscambio, sceso a 56,5 milioni di tonnellate, con una flessione di un milione e mezzo nei confronti dell’anno precedente, quando era stato raggiunto il nuovo massimo, nell’ordine dei 58 milioni. Ne consegue che la pressione dell’offerta ha trovato maggiori opportunità distributive sui mercati domestici, meno condizionati dalle crescenti difficoltà politiche e doganali che hanno influito sulla stasi del traffico lapideo internazionale.

La dinamica dell’interscambio ha tratto conferma dall’andamento dei valori medi, con riguardo prioritario a quelli del prodotto finito, che nell’aggregato riferito ai primi dodici esportatori mondiali ha fatto registrare un decremento di quasi sette punti, portandosi a 34,10 dollari per metro quadrato equivalente, anche se i Paesi leader nella graduatoria del prezzo medio – Italia, Grecia e Brasile – hanno posto in evidenza ulteriori aumenti. E’ logico presumere che il fenomeno sia stato caratterizzato da maggiori accentuazioni sui mercati nazionali, dove hanno trovato utilizzo, a parte le quote destinate a magazzino, sia la maggior produzione, sia la quota riveniente dal regresso quantitativo dell’ex-import: ciò, con una crescita degli impieghi più accentuata nei consumi correnti.

2. Produzione e scambi internazionali

Il volume estratto, al lordo delle perdite di escavazione e lavorazione, ha superato 310 milioni di tonnellate, con un andamento speculare a quello del prodotto finito, che si è ragguagliato a 90 milioni di tonnellate: l’ampiezza del differenziale, nonostante lo sviluppo della tecnologia e dei rendimenti unitari, attesta l’importanza di una questione di fondo come quella di collocazione e valorizzazione dei materiali di risulta, dal perdurante rilievo strategico e tattico in specie nelle economie mature, più sensibili ai problemi dell’ambiente. La produzione di manufatti, dal canto suo, si è ragguagliata a circa 1.670 milioni di metri quadrati equivalenti (riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2) alimentando ulteriormente il consumo mondiale.

Gli scambi internazionali, nonostante la congiuntura non ottimale dell’ultimo esercizio, restano la struttura portante nell’economia lapidea, con un ruolo nettamente superiore a quello dei prodotti concorrenti. In effetti, nel 2018 hanno interessato esportazioni ed importazioni che nell’aggregato complessivo di grezzi e lavorati bilanciano in circa 815 milioni di metri quadrati equivalenti ed in affari per oltre 20 miliardi di dollari: nel primo caso, con una flessione del 2,5 per cento che si deve prevalentemente ai grezzi, mentre quella del prodotto finito è stata pari a circa due punti, con una minusvalenza nel fatturato corrispondente, nell’ordine dei 400 milioni di dollari.

L’export, in fase di ulteriore concentrazione, è stato appannaggio largamente maggioritario dei sette massimi protagonisti: in ordine di valore, Cina, Italia, Turchia, India, Brasile, Spagna, Portogallo. Nel volume spedito, si è notevolmente consolidato il fatto nuovo già registrato nel 2017 con il sorpasso dell’India ai danni della Cina, che peraltro mantiene un forte vantaggio in valuta, collegato al fatto che le sue vendite all’estero sono costituite per una larghissima maggioranza da prodotti finiti. Giova aggiungere che i predetti Paesi, con l’aggiunta della Grecia, sono i soli ad avere collocato sul mercato lapideo mondiale marmi e pietre di loro produzione o trasformazione per oltre un milione di tonnellate cadauno, pari ad oltre il 72 per cento del traffico planetario.

Notevolmente più articolato, invece, risulta il consuntivo mondiale dell’import, con sei Paesi che hanno effettuato approvvigionamenti esteri per almeno un milione di tonnellate: nell’ordine, si tratta di Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Germania, India e Francia, con un aggregato pari al 45,6 per cento di quello mondiale. In proposito, è da rilevare la scomparsa dell’Italia nel ristretto gruppo degli importatori leader.

3. Concorrenza e consumi

Nel confronto con gli altri settori collegati all’edilizia, ed in particolare di quelli contigui, il bilancio del comparto lapideo resta competitivo, con un rapporto marginalmente migliorativo rispetto alla ceramica ed al grés porcellanato, che prevale di circa otto volte nel ragguaglio quantitativo espresso in termini di metri quadrati, ma soltanto di 3,4 in quello riferito al valore corrispondente, senza dire del suo interscambio che supera di poco la quinta parte della quantità prodotta, contro la forte maggioranza dei lapidei.

Al contrario, hanno confermato una crescita decisamente importante i consumi della cosiddetta pietra artificiale, specialmente in alcuni rilevanti mercati extra-europei: al riguardo, è da porre in luce come il valore globale dell’export di riferimento abbia ormai superato il 30 per cento di quello espresso dalla pietra naturale, contro il 21,5 per cento del 2010, e quindi, con un gradiente di sviluppo assai competitivo. D’altro canto, la pietra artificiale è costituita dal materiale di natura per una quota quantitativa quasi totalitaria, confermando il gradimento di parecchia clientela per i valori tecnologici ed estetici, che sono caratteristica essenziale di marmo, granito, travertino e prodotti similari.

L’impiego pro-capite è salito a 266 metri quadrati per mille unità, a fronte dei 264 dell’anno precedente e dei 117 del 2001, con una crescita annua di lungo periodo a doppia cifra, e quote assolute prioritarie in Cina, India e Stati Uniti, che peraltro figurano nelle retrovie della graduatoria unitaria, aperta da Svizzera, Corea del Sud, Arabia Saudita e Belgio, i soli Paesi che continuano ad esprimere un impiego superiore al metro quadrato per abitante, ma in regresso sia pure marginale rispetto agli ultimi consuntivi, diversamente da quanto è accaduto per altri protagonisti nello scacchiere lapideo mondiale, quali Portogallo e Spagna. Questa variabile, il cui trend di ascesa dimostra di essere in grado di prescindere dalle fluttuazioni del mercato internazionale, attesta che la crescita del settore può contare su risultati costanti, e soprattutto, sul probante gradimento degli utilizzatori.

Bisogna sottolineare che il ruolo più importante nel quadro della mondializzazione è svolto sempre dall’interscambio quantitativo, prima ancora che da quello in valore: l’assunto è da condividere se non altro per la comparabilità delle cifre di consuntivo in volume, anche nel lungo periodo, mentre quelle del giro d’affari sono condizionate dall’andamento del mix, da quello dei costi e dei prezzi, e talvolta da fattori monetari come le differenze di cambio e le eventuali svalutazioni o rivalutazioni. Si deve precisare, a proposito del mix, che la quota del grezzo ha interrotto la propensione alla crescita rilevata negli ultimi esercizi, anche a fronte degli investimenti nelle strutture produttive, in specie di trasformazione, effettuati da alcuni Paesi leader, con riguardo prioritario a quelli del continente asiatico. Ciò ha dato luogo, fra l’altro, ad un effetto secondario non trascurabile, come la riduzione della quota di trasporto del materiale destinato a discarica a fronte dei cascami di segheria e laboratorio.

Fra i caratteri salienti degli scambi che sono andati consolidandosi nel tempo, si deve fare riferimento alla conferma di un’altra realtà significativa di settore, pur nell’ambito delle accennate difficoltà congiunturali: la maggioranza dei consumi mondiali continua a riferirsi a materiali estratti e lavorati in Paesi diversi da quello di posa in opera, alimentando un indotto di grande rilevanza economica anche nel campo dei servizi, ed in primo luogo dei trasporti.

4. Maggiori produzioni mondiali

I primi sei produttori – nell’ordine: Cina, India, Turchia, Iran, Brasile, Italia – hanno espresso oltre sette decimi dell’estrazione mondiale, superando di oltre trenta punti la quota del 1996, ma ascrivendo alcune condizioni di stasi, talvolta più accentuate come nei casi del Brasile e dell’Italia, dove la congiuntura critica ha trovato motivazioni prevalentemente extra-settoriali. Invece, la maggiore propensione alla crescita è stata espressa dalle produzioni indiane, da leggere anche in sinergia con la crescente domanda di granito grezzo da parte cinese. La tendenza alla concentrazione, generalmente estesa alle fasi trasformatrici ed alla distribuzione, ne risulta comunque consolidata nonostante la crescita spesso ragguardevole di qualche realtà lapidea complementare, come in Macedonia od in Vietnam: basti pensare che allo stato delle cose sono soltanto undici i Paesi che sono in grado di mettere a disposizione del mercato una produzione superiore all’uno per cento del volume planetario.

In particolare, con quasi 50 milioni di tonnellate estratte, la Cina ha ribadito il suo primato produttivo con il 31 per cento di marmi e pietre prodotti nel mondo – in calo di circa un punto rispetto all’anno precedente – mentre l’India ha fatto registrare un’espansione quasi speculare, con una quota che è salita al 17 per cento.

I prezzi, alla luce di quanto si è detto, sono stati caratterizzati da un ripensamento talvolta molto significativo delle strategie precedenti, con cedenze anche vistose come è accaduto per le esportazioni dalla Turchia, dal Messico, dalla Francia e dalla stessa India, mentre hanno continuato a salire quelle dalla Grecia, e soprattutto dall’Italia, che per le sue spedizioni di manufatti lapidei, peraltro in ulteriore flessione quantitativa, ha potuto ascrivere il nuovo massimo di circa 78 dollari per metro quadrato equivalente contro i 71,7 dollari dell’anno precedente ed i 67,6 del 2016. L’andamento differenziato delle quotazioni, da interpretare in rapporto al mix distributivo, e per quanto riguarda i lavorati, alla diversa incidenza del valore aggiunto, dimostra che le strategie commerciali possono assumere caratteri alternativi anche nei Paesi leader, dovendosi confrontare con ampie differenze dei costi e con un mercato mondiale molto selettivo, caratterizzato da equilibri piuttosto elastici di offerta e di domanda.

Sul piano merceologico, i rapporti di forza tra materiali calcarei e silicei sono rimasti quasi stazionari, anche se in periodo lungo il gradiente di sviluppo dell’interscambio grezzo mondiale di marmo e travertino è stato notevolmente superiore a quello pur significativo del granito.

La Cina, pur confermandosi quale Paese leader in grado di determinare scelte strategiche anche in altri Paesi, ha visto diminuire la sua esportazione in volume per il quarto anno consecutivo, con una flessione di oltre un milione di tonnellate nei confronti del 2017 e di 3,2 milioni nel ragguaglio al 2014, mentre il decremento in valore è stato pari ad oltre 100 milioni di dollari nel confronto di breve periodo, ed a circa 1.200 milioni in quello di medio termine, con un saldo dell’interscambio nazionale che nel 2018 è sceso al di sotto dei tre miliardi. Il calo determinante è stato quello dei prodotti finiti, con perdite ragguardevoli nei maggiori mercati di sbocco, a cominciare da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, quale effetto di varie concause ivi compresa la sostanziale saturazione dei due mercati contigui, e prima ancora, le rinnovate vischiosità fatte registrare dagli acquisti nordamericani. Invece, le importazioni sono rimaste stazionarie, con ulteriore crescita di quelle del grezzo siliceo, in specie dall’India, a conferma del buon andamento della domanda domestica, e quindi dell’attività di segheria e laboratorio nel trattamento dei materiali importati, e naturalmente, delle produzioni domestiche.

A fronte della congiuntura cinese, improntata al ristagno dell’export, la conferma del primo posto nella graduatoria delle spedizioni quantitative mondiali da parte dell’India risulta sostanzialmente scontata ma ribadisce l’effetto psicologico riveniente dal sorpasso storico del 2017 a danno della Cina, se non altro per la visibile innovazione negli equilibri dell’interscambio mondiale. D’altra parte, è d’uopo sottolineare ancora una volta che tra le ragioni fondamentali del successo acquisito dall’India si deve annoverare l’incremento prioritario delle sue vendite di silicei grezzi proprio sul mercato cinese.

5. Italia: un ristagno annunciato

Nell’ambito dei maggiori Paesi lapidei, il consuntivo dell’Italia, pur contraddistinto dallo straordinario primato nel prezzo medio del manufatto, è stato ancora una volta negativo, con una diminuzione produttiva nell’ordine dei cinque punti ed una flessione del 9,6 per cento nell’export in quantità – netto da sottoprodotti – dovuta prevalentemente ai grezzi, con un regresso di circa 12 punti, e subordinatamente, al prodotto finito, dove la contrazione è stata pari al 7,5 per cento.

In conseguenza, si è nuovamente ampliato il differenziale negativo rispetto al massimo del 2000, nell’ordine del milione di tonnellate spedite e dei 28 punti percentuali, la cui maggioranza risulta concentrata nell’ultimo quinquennio, con un trend discendente interrotto marginalmente nel solo 2017.

L’importazione, dal canto suo, ha fatto registrare un’ulteriore diminuzione del 10,3 per cento che si aggiunge ai 26 punti perduti nel triennio precedente e che deve inquadrarsi nel permanente ristagno delle attività di segheria e laboratorio, oltre che in quello decisamente cronico dell’edilizia nazionale, con corrispondenti ulteriori effetti negativi sui livelli occupazionali: non a caso, negli ultimi dodici anni l’import lapideo italiano è diminuito per ben dieci volte, e risulta crollato del 63,4 per cento rispetto al massimo del 2006.

L’esportazione settoriale dall’Italia, sempre nel 2018, si è riferita a manufatti nella misura del 48,1 per cento del volume complessivo, con il recupero di oltre un punto rispetto all’anno precedente, mentre le spedizioni del grezzo, pur conservando la maggioranza assoluta, si sono ridotte al 51,9 per cento, con il tradizionale punto di forza del marmo, pari al 90,7 per cento dei grezzi venduti all’estero. La struttura dell’export italiano resta improntata ad una vocazione duplice: da un lato, quella di collocare sui mercati esteri il materiale grezzo più appetibile, e dall’altro, quella di una politica del manufatto sostanzialmente subordinata, che sottintende l’esistenza di carenze diffuse nelle strategie di verticalizzazione e di perseguimento del valore aggiunto, che nel settore lapideo – giova ricordarlo – consente di incrementare quello della materia prima, nell’ordine di parecchie volte.

In buona sostanza, il bilancio settoriale dell’Italia rimane assai problematico, sia nel breve termine che nel lungo periodo, e ripropone la necessità di adeguati interventi correttivi con riguardo prioritario al rilancio degli investimenti, pur avendo trovato un parziale antidoto alla flessione di produzione e vendite nell’ulteriore crescita dei prezzi di cui si diceva in precedenza, con particolare riguardo a quelli del materiale lavorato. In questo senso, è sempre lecito parlare di una “decrescita felice” sia pure per pochi, come da definizione utilizzata nel precedente Rapporto annuale.

6.Tecnologie di trasformazione

Un ruolo settorialmente fondamentale resta quello dell’indotto ed in particolare delle tecnologie di lavorazione: macchine e beni strumentali. Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2018 si è chiuso con una produzione mondiale sostanzialmente stazionaria – in linea con quella dei materiali – ed un volume complessivo stimabile in circa tre milioni di quintali, oggetto d’interscambio nella misura di due terzi: ciò, unitamente alla conferma del tradizionale primato italiano forte di un’esportazione che assomma al 57,2 per cento di quella europea in volume, ma in calo di circa 16 punti rispetto al 2017, mentre esprime oltre un quarto dello scambio mondiale interessando la maggioranza assoluta della domanda in parecchi Paesi del Vecchio Continente, senza contare diversi Stati extra-comunitari di notevole rilevanza settoriale, quali Brasile, Australia, Stati Uniti e Nuova Zelanda dove la copertura di mercato risulta di appannaggio italiano in misura superiore ad un terzo dei rispettivi valori di riferimento.

Ciò conferma, anche alla luce di un valore medio per unità di prodotto notevolmente superiore alla media mondiale, che la “leadership” italiana riviene da una qualità riconosciuta in termini di durata, rendimenti e sicurezza, ma nello stesso tempo da una funzionale politica di servizio, ivi compresa la fornitura di “know-how” e di assistenza nelle fasi di avviamento degli impianti e di formazione professionale.

L’export dall’Italia di macchine ed impianti per la trasformazione di marmi e pietre ha interessato spedizioni del 2018 nell’ordine dei 570 mila quintali, mentre il volume d’affari si è ragguagliato a circa 780 milioni di euro, con un valore medio per unità di prodotto che si è ragguagliato a 1371 euro/quintale, contro i 1454 dell’anno precedente (massimo storico) ed i 920 del 2008. Conviene aggiungere che la flessione del 2018 non mette in discussione lo specifico primato italiano nei confronti dei concorrenti più significativi, ed in primo luogo della Cina.

Tale flessione si è ragguagliata al 5,7 per cento, ma confermando la consolidata competitività italiana pur nel contesto di una concorrenza mondiale in crescita costante, soprattutto da parte della medesima Cina (ed in misura minore di Giappone e Germania). Non a caso, il giro d’affari cinese nell’export di macchine ed impianti per il settore lapideo ha raggiunto, sempre nel 2018, un valore pari a 482 milioni di dollari, che corrispondono al 52,7 per cento di quello italiano.

Il consuntivo della tecnologia italiana è completato dai beni strumentali, dove primeggiano tradizionalmente gli abrasivi e gli utensili diamantati, le cui esportazioni in valore hanno dato luogo a consegne per circa 350 mila quintali, con un fatturato per oltre 380 milioni di dollari che nell’ambito europeo risulta superato soltanto dal giro d’affari tedesco, ed in quello mondiale da Cina e Giappone, collocando l’Italia al quarto posto assoluto.

Vale la pena di sottolineare che il prezzo medio italiano dei beni strumentali, pari a 11 dollari/kg., è cresciuto del 18,3 per cento rispetto al 2017, aggiungendosi al precedente 21,4 per cento, con un forte recupero dopo parecchi anni di sostanziale stazionarietà, a conferma del rinnovato apprezzamento per il prodotto italiano, riconosciuto da parte del mercato mondiale anche nell’ambito dei consumabili dopo il “flop” della concorrenza a basso costo. Nella medesima ottica, è congruo rammentare il ruolo significativo assunto dalla cooperazione internazionale, con particolare riguardo alla realizzazione di sinergie fra Case italiane e Soggetti locali, finalizzata a promuovere iniziative di assemblaggio “in loco” ed approvvigionamenti di consumabili idonei a soddisfare le specifiche esigenze di mercato anche in termini di tempestività delle consegne.

7. Sviluppo del mondo lapideo

La movimentazione internazionale, asse portante della crescita mondiale di settore, è stata caratterizzata, come in passato, da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali. Si è confermato, peraltro, il ruolo importante dei trasporti ferroviari, sia a breve che a lungo raggio (ad esempio, negli approvvigionamenti cinesi di grezzi silicei provenienti dall’Europa settentrionale) mentre il numero di quelli su strada, funzionalmente complementari ai primi due, fatta eccezione per i casi di lavorazioni e consumi di mercato locale, è cresciuto in misura sostanzialmente proporzionale alle produzioni, con una stima pari ad oltre 50 milioni di carichi e scarichi.

L’esame differenziato per Paesi dimostra che lo sviluppo del mondo lapideo è governato da processi assai variabili: se gli aumenti maggiori sono stati conseguiti in Asia, dove si concentra la maggioranza assoluta di produzione ed interscambi, non sono mancati apprezzabili spunti reattivi anche in un’area assai matura come quella europea, attestando la permanente idoneità di marmi e pietre ad elidere gli effetti di una congiuntura economica verosimilmente non facile: tra i vari casi di rilevanza significativa basti rammentare quelli del Portogallo, della Grecia e della Macedonia, che hanno consolidato il proprio export, in larga maggioranza di marmo, nonostante le vischiosità di cui si è detto a proposito del contesto internazionale di settore.

Altri protagonisti di prima fascia che hanno dovuto confrontarsi con un rallentamento settoriale di rilevanza considerevole, oltre la media planetaria, sono stati Brasile e Turchia, anche alla luce della loro dipendenza prioritaria da un mercato in specifica difficoltà come quello nordamericano: nel primo caso, con una flessione globale di sette punti nell’export quantitativo del 2018, e nel secondo con una contrazione del 5,9 per cento, cui sono riferite minori spedizioni pari, rispettivamente, a 160 mila ed a 470 mila tonnellate. Ciò, senza contare che, soprattutto nel consuntivo della Turchia, si sono dovuti registrare ulteriori sacrifici notevoli del prezzo medio, con qualche effetto negativo in chiave di investimenti.

A proposito degli Stati Uniti si deve aggiungere che l’import lapideo del 2018 è rimasto quasi invariato in valore, con circa tre miliardi di dollari, mentre ha fatto registrare una forte contrazione in volume, nell’ordine di un quinto, con conseguente elevazione speculare del prezzo medio, giunto al nuovo massimo di oltre 50 dollari per metro quadrato equivalente, ma pressoché uguale a quello del 2013: ciò significa che l’ipotesi di politiche protezioniste a favore delle produzioni locali, di cui alle opzioni formulate ripetutamente dal Governo di Washington, ha indotto effetti diversificati nell’import del 2018, che ha maggiormente penalizzato gli acquisti dei prodotti di minor valore unitario.

Un buon consuntivo – pur nell’ambito di una produzione destinata in larga maggioranza ad un mercato interno forte di ottime tradizioni consolidate – resta quello fatto registrare dall’export iraniano, soprattutto a fronte delle spedizioni di grezzo in Cina, dove si è confermato al terzo posto nella graduatoria degli acquisti di calcarei, e segnatamente di travertini, dietro la Turchia (che continua a soddisfare oltre metà della domanda specifica) e l’Italia: ciò, ai danni principali di Spagna ed Egitto, un Paese – quest’ultimo – che ha cercato di potenziare la politica del valore aggiunto, al pari di quanto è accaduto in misura analoga in altri Paesi asiatici, sia del Vicino che del Medio Oriente.

Situazione sostanzialmente statica, in tendenza non difforme dalla congiuntura mondiale, è quella che riguarda il Sudafrica, con flessioni contenute dell’export in volume, e nello stesso tempo, con un ulteriore miglioramento del prezzo medio nei grezzi ma con una notevole flessione in quello dei lavorati. Al riguardo, si deve confermare che la distribuzione dei materiali sudafricani, con riguardo prioritario alle tipiche esclusive di granito, ha saputo coniugare i caratteri cromatici del materiale domestico, in grado di soddisfare una domanda sempre propensa all’acquisizione di colori forti, con la tradizionale strategia di valorizzazione della qualità e dei volumi estratti, le cui destinazioni prevalenti hanno continuato ad interessare l’Europa, ed in modo particolare l’Italia, ma con ottime posizioni anche in altri Paesi del Vecchio Continente, tra cui si deve citare la Polonia dove l’uso funerario del prodotto scuro può contare su consolidate tradizioni d’impiego.

8. Ipotesi avvenire

Le previsioni produttive di marmi e pietre nel mondo – pur improntate a criteri opportunamente prudenziali – rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche e dall’andamento pur contraddittorio dell’interscambio di breve periodo, ma anche da uno scontato incremento demografico seguito da quello sebbene contenuto dell’edilizia, restano favorevoli, tanto che nel 2025 il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a 190 milioni di tonnellate lorde, con un impiego superiore ai due miliardi di metri quadrati equivalenti, mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale andrebbe a definirsi in misura proporzionale, e quindi oltre il miliardo.

E’ fondato presumere che il trend del comparto lapideo mondiale, nonostante le situazioni di ristagno presenti nel sistema, possa riprendere con un tasso conforme a quello di lungo periodo, e soprattutto, alle attese della domanda mondiale; tuttavia si porranno ancora una volta maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento impiantistico e di collocazione dei cascami, a tutti i livelli nazionali e regionali. Sono problemi da affrontare tenendo conto del ruolo decisivo degli investimenti – e quindi del credito – e della necessità di potenziarli sia sul piano aziendale sia su quello aggregato, attraverso adeguati incentivi: ciò, tanto per il momento produttivo, quanto per quello della comunicazione e della promozione, con attenzioni particolari per la questione degli scarti, le cui difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale costituiscono ormai da tempo una strozzatura di evidenza prioritaria.

La cooperazione internazionale è certamente in grado di esercitare un ruolo propulsivo, se non altro alla luce degli impegni assunti dai Paesi sviluppati sin dal 2002, a cominciare dalle possibili soluzioni dei predetti problemi strategici, con un impatto tanto più concreto, nella misura in cui sia supportata dall’azione congiunta delle Organizzazioni imprenditoriali del comparto lapideo, che a livello sovranazionale non risulta funzionalmente conforme ad oggettive esigenze strategiche, tra cui hanno rilevanza prioritaria le attese del lavoro, le necessità imprenditoriali, e la riconosciuta idoneità del comparto lapideo ad avviare o potenziare opportune strategie di espansione.

Il mondo del marmo e della pietra possiede alti contenuti professionali e la possibilità di creare nuova occupazione con mezzi finanziari relativamente limitati, tanto che da oltre un cinquantennio è stato ritenuto idoneo – da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e delle stesse forze sociali di settore – a promuovere sviluppo anche nelle situazioni in cui ad altri comparti sarebbero precluse analoghe potenzialità strategiche e tattiche.

Quindi, ha diritto ad essere oggetto di consapevoli attenzioni istituzionali sia nei Paesi terzi, dove costituisce una significativa occasione per accrescere il valore aggiunto, sia in quelli maturi, attraverso il consolidamento di risultati socio-economici spesso notevoli: obiettivi tanto più importanti alla luce delle diffuse percezioni di precarietà, tipiche di una congiuntura oggettivamente difficile.

Marmo e pietre nel mondo. Sintesi del ventottesimo Rapporto annuale: consuntivo dell’esercizio 2016

Il trend di crescita del comparto lapideo mondiale avverte gli effetti di una congiuntura complessa in modo più significativo rispetto al passato. La grande crisi del 2009 era stata ampiamente superata nel quinquennio successivo, ma il bilancio del 2015 non era stato altrettanto favorevole, soprattutto nell’interscambio, caratterizzato da un regresso quantitativo del sette per cento. La tendenza si è nuovamente invertita nel 2016, ma il recupero è risultato circoscritto ad un punto, senza dire che ha coinciso con una flessione sia pure contenuta del valore corrispondente, e quindi con un sacrificio della redditività decisamente innovativo nei confronti delle strategie economiche settoriali dell’ultimo biennio.

L’utilizzo di marmi e pietre ha continuato a progredire sui mercati domestici, sia pure con un tasso ridotto: ciò, a fronte di una domanda sempre in tensione soprattutto nei maggiori Paesi protagonisti, a cominciare dalla Cina e dall’India, ma nello stesso tempo, quale conseguenza della maggiore offerta derivante dal contenimento dell’export, nell’ambito di una produzione meno elastica in quanto subordinata all’obbligo di valorizzare la capacità produttiva degli impianti ed il ritorno degli investimenti.

Giova ribadire che l’interscambio, fenomeno certamente decisivo nell’economia del comparto, ha visto una crescita limitata ai soli volumi, e soprattutto, ad alcuni Paesi leader. Al contrario, il giro d’affari ha manifestato rinnovate vischiosità, con un fatturato pari a circa 22 miliardi di dollari, concentrato in buona misura nell’export dei sette massimi esportatori: Cina, Italia, Turchia, India, Brasile, Spagna, Portogallo. In questa ottica, è fondato rilevare come il consuntivo del 2016 sia stato contraddistinto da una revisione della politica distributiva, con un occhio di ritrovate attenzioni per le attese di una committenza sempre interessata al giusto equilibrio fra qualità e prezzo: ciò, con un apprezzabile ritorno alla cosiddetta democratizzazione degli impieghi, che era stata carattere saliente del lungo periodo, dagli anni ottanta in poi, e che poi era stato subordinato alle opzioni prioritarie della gestione.

Nei confronti degli altri settori collegati all’edilizia ed in particolare di quelli contigui, il bilancio del comparto lapideo resta competitivo, con un rapporto sostanzialmente stazionario rispetto alla ceramica ed al grés porcellanato. Risultano in crescita, invece, i consumi della cosiddetta pietra artificiale soprattutto in alcuni importanti mercati extra-europei; d’altro canto, questo prodotto è costituito dal materiale di natura per una quota largamente maggioritaria, quasi a confermare il gradimento di parecchia clientela per i valori tecnologici ed estetici che sono caratteristica essenziale di marmi, graniti e materiali affini.

In assoluto, l’estrazione mondiale del 2015 è stata pari a circa 300 milioni di tonnellate al lordo delle perdite di cava e dei cascami di trasformazione: avuto riguardo ad un consumo complessivo per oltre un miliardo e mezzo di metri quadrati equivalenti, riferiti allo spessore convenzionale di cm. 2, risulta di tutta evidenza come la fondamentale questione degli scarti sia sempre prioritaria, sostanzialmente dovunque, ed in primo luogo nelle economie mature, più sensibili ad una ragionevole politica ambientale.
L’impiego pro-capite, dal canto suo, è salito a 252 metri quadrati per mille unità, a fronte dei 243 dell’anno precedente e dei 117 del 2001, con una crescita annua di lungo periodo nell’ordine dei tredici punti. Questa variabile, il cui trend di ascesa prescinde da ogni fluttuazione congiunturale, attesta in modo precipuo che la crescita di marmi e pietre conta su risultati probanti e sul gradimento degli utilizzatori, autorizzando previsioni di cauto ottimismo.

Emerge da queste cifre che il ruolo più importante nel quadro della mondializzazione è svolto sempre dall’interscambio quantitativo, prima ancora che da quello in valore: tenuto conto degli apporti di grezzo e lavorato, si è tradotto in un flusso pari ad oltre 790 milioni di metri quadrati equivalenti. Si deve precisare che la quota del grezzo è ulteriormente diminuita, scendendo sotto la soglia psicologica del 50 per cento ed evidenziando la ripresa di una modificazione strategica che aveva privilegiato l’economia di trasporto riveniente dalla maggiore movimentazione del prodotto lavorato.

Fra i caratteri salienti dell’interscambio lapideo, che sono andati consolidandosi nel tempo, si deve fare riferimento ad un’altra realtà significativa di settore: la maggioranza assoluta dei consumi mondiali si riferisce a materiali estratti e spesso trasformati in Paesi diversi da quello di posa in opera, alimentando un indotto di grande rilevanza economica, in primo luogo nel campo dei servizi.

I primi sei produttori (nell’ordine: Cina, India, Turchia, Brasile, Iran, Italia) hanno espresso il 71 per cento dell’estrazione mondiale, superando di oltre trenta punti la quota del 1996 e confermando le rispettive posizioni dell’anno precedente. La tendenza storica ad una progressiva concentrazione, generalmente estesa alle fasi trasformatrici ed alla distribuzione, ne risulta vieppiù consolidata. In particolare, la Cina, con circa 46 milioni di tonnellate estratte, ha ribadito il suo primato produttivo, con un terzo del volume di marmi e pietre prodotti nel mondo, mentre l’India ha fatto registrare un’espansione più celere, portandosi al 16 per cento della cifra planetaria.

I prezzi, alla luce delle opzioni gestionali di cui si è detto, comunque diversificate, sono stati caratterizzati da un ripensamento talvolta significativo delle strategie precedenti. Ad esempio, la stessa Cina, dove la quotazione media del finito aveva espresso una costante ripresa dal 2003 in poi, per accusare una flessione di qualche rilievo soltanto nel 2009, ha ceduto circa dieci punti nella quotazione del suo export di lavorati, scendendo dai 41,70 dollari per metro quadrato esportato nel 2015 ai 37,30 del 2016. Il fenomeno, cui non è estranea la dinamica dei cambi, conferma che le strategie distributive sono diventate duttili anche nei Paesi leader, dovendosi confrontare, in un mercato mondiale molto selettivo, con mutevoli equilibri di offerta e domanda, e con un differenziale di notevole ampiezza nei confronti delle economie mature, ed in particolare, di quelle dell’Europa occidentale. Cciò, con particolare riguardo all’Italia, che conserva il primato nella quotazione del manufatto lapideo spedito all’estero, pari a circa 67,60 dollari per metro quadrato, contro i 36,70 dei primi dodici Paesi esportatori, complessivamente considerati.

Sul piano merceologico, il 2016 ha visto un ulteriore recupero marginale del prodotto siliceo, soprattutto grazie agli apporti dell’India e della Cina, ferma restando la prevalenza quantitativa del calcareo, la cui incidenza sul consumo mondiale rimane intorno a tre quinti del totale. La destinazione prevalente è sempre quella degli impieghi nell’edilizia, con quote importanti destinate all’arredo urbano ed alla funeraria, nell’ambito di un ventaglio di consumi sostanzialmente stazionario.

A proposito della Cina, quale Paese leader in grado di determinare talune scelte strategiche anche in altri Paesi, si deve specificare che la sua esportazione in volume è diminuita di oltre un milione di tonnellate, dopo le 600 mila perdute nell’anno precedente, con un regresso del 9,1 per cento che sale al 13,5 per cento nel ragguaglio biennale; tuttavia, il calo dei prodotti finiti è rimasta stazionario, mentre è fortemente sceso il grezzo siliceo. I lavorati ad alto valore aggiunto hanno costituito il 78 per cento dei volumi cinesi spediti all’estero, con una crescita di sei punti, ed il 93 per cento del valore, in flessione di cinque. Sono ulteriormente diminuite le vendite di manufatti in Giappone, senza contare la battuta d’arresto negli Stati Uniti, mentre hanno trovato ottime conferme quelle in Corea del Sud ed in Vietnam, rispettivamente al primo e quarto posto della graduatoria. Il fatturato estero delle spedizioni cinesi, dal canto suo, è sceso del 10,4 per cento, riducendosi a 6,8 miliardi di dollari: talvolta anche i giganti piangono, pur confermando la loro appartenenza ad una dimensione massima.

Nell’ambito dei maggiori Paesi lapidei il consuntivo dell’Italia, contraddistinto dal primato di prezzo medio del manufatto, di cui si è detto, è stato notevolmente riflessivo, con una diminuzione produttiva marginale ed un nuovo calo dell’export in quantità – netto da sottoprodotti – pari al 7,3 per cento, dovuto tanto ai grezzi quanto ai lavorati; si è conseguentemente ampliato il differenziale negativo rispetto al massimo del 2000, salito a quasi 22 punti, la cui maggioranza risulta concentrata nell’ultimo triennio. L’importazione, specularmente, ha fatto registrare una diminuzione dell’ 8,5 per cento, da inquadrarsi in una permanente stasi del mercato interno, condizionato da un ristagno ormai cronico dell’edilizia: non a caso, negli ultimi dieci anni l’import lapideo italiano è diminuito per ben otto volte, e risulta più che dimezzato nei confronti del 2001.

L’esportazione settoriale dall’Italia, sempre nel 2016, si è riferita a manufatti per l’81,7 per cento del suo valore complessivo, con un’incidenza che costituisce il massimo del decennio, quasi a confermare, oltre a quella socio-economica, la sua preminente rilevanza strategica, mentre le spedizioni del grezzo hanno avuto un tradizionale punto di forza nel marmo, con circa nove decimi della rispettiva quota e cifre marginali per graniti ed altre pietre.

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Un ruolo settorialmente fondamentale resta quello dell’indotto ed in particolare delle tecnologie di lavorazione (macchine e beni strumentali). Per quanto riguarda l’impiantistica, il 2016 si è chiuso con una produzione mondiale quasi stazionaria – al pari di quella dei materiali – stimabile in circa tre milioni di quintali, oggetto d’interscambio nella misura di due terzi, e la conferma del primato italiano forte di un’esportazione che assomma al 69,3 per cento di quella europea in volume, ed al 62,3 per cento del valore corrispondente, mentre esprime circa un quarto dello scambio mondiale, interessando la maggioranza assoluta della domanda in diversi Paesi del Vecchio Continente, senza contare taluni extra-europei di forte rilevanza settoriale, con punte molto significative in Brasile, Australia ed Etiopia, dove la maggioranza assoluta della copertura di mercato risulta di appannaggio italiano. Ciò, senza dire di altri progressi ragguardevoli come quelli ascritti dallo quota del “made in Italy” di tecnologia lapidea in Canada, Messico e Cile.

L’export italiano di macchine ed impianti per la trasformazione di marmi e pietre ha interessato spedizioni nell’ordine dei 600 mila quintali, in calo di circa 16 punti nei confronti dell’anno precedente: ma si deve considerare che nel 2015 era stato raggiunto il nuovo massimo storico assoluto. Il volume d’affari del 2016 si è ragguagliato a circa 700 milioni di euro, con un valore medio per unità di prodotto che è pervenuto, a sua volta, al nuovo massimo di 1184 euro/quintale, contro i 1112 dell’anno precedente, i 1058 del 2013 ed i 974 del 2012. Ciò, confermando una competitività consolidata, in primo luogo sul piano della qualità e delle politiche di servizio, pur nel contesto di una concorrenza mondiale in crescita costante.

Il consuntivo della tecnologia italiana è completato dai beni strumentali, dove primeggiano tradizionalmente gli abrasivi e gli utensili diamantati, le cui esportazioni in valore hanno dato luogo a consegne per circa 370 mila quintali, ed un fatturato per oltre 285 milioni di dollari, che nell’ambito europeo risulta superato soltanto da quello tedesco. Nondimeno, in entrambi i Paesi leader nell’Unione si registrano flessioni di rilievo rispetto ai corrispondenti massimi, che sono parzialmente da ascrivere alle operazioni di “joint-ventures” effettuate in Paesi terzi dalle rispettive Case produttrici.

La movimentazione internazionale è stata caratterizzata, come in passato, da una larga e logica prevalenza dei mezzi navali. Si è confermato, peraltro, il ruolo importante dei trasporti ferroviari, sia a breve che a lungo raggio (ad esempio, negli approvvigionamenti cinesi di grezzi silicei provenienti dall’Europa settentrionale, peraltro in flessione pur essendo avvantaggiati dai nuovi tratti di Alta Velocità) mentre il numero di quelli su strada, funzionalmente complementari ai primi due fatta eccezione per i casi di lavorazioni e consumi di mercato locale, è cresciuto in misura sostanzialmente proporzionale alle produzioni, con una stima pari ad oltre 50 milioni di carichi e scarichi..

L’esame differenziato per Paesi dimostra che lo sviluppo del mondo lapideo è governato da processi assai variabili: se gli aumenti maggiori di estrazione e trasformazione sono stati conseguiti in Asia, non sono mancati apprezzabili spunti reattivi anche in un’area matura come quella europea, attestando la permanente idoneità di marmi e pietre ad elidere gli effetti di una congiuntura economica certamente non facile.

Consuntivi di segno negativo sul piano del fatturato estero, in specie di grezzi, ed in controtendenza rispetto ad un lungo trend di crescita, sono stati nuovamente registrati in Brasile, nonostante la significativa politica di valorizzazione delle pietre locali, con particolare riferimento al granito; senza dire della Turchia che continua a scontare la minore propensione all’acquisto di calcarei grezzi da parte cinese, mentre l’export di manufatti verso il tradizionale mercato statunitense non ha fatto registrare uno sviluppo conforme alla potenzialità della domanda, avendo coinciso con un regresso inatteso dell’import nordamericano di lavorati, che è stato pari al 6,1 per cento, interrompendo la tendenza positiva in atto da sei anni.

E’ appena il caso di sottolineare che l’inversione di tendenza registrata negli Stati Uniti suscita perplessità rese più rilevanti dall’annuncio di politiche protezioniste a favore delle produzioni locali, di cui ai nuovi programmi formulati dal Governo di Washington.

In aumento, sia pure circoscritto, risulta l’export dall’Iran, il solo Paese di rilievo ad avere incrementato le spedizioni di grezzo in Cina, dove ha raggiunto il quarto posto nella graduatoria dei rispettivi acquisti, dietro Turchia, Italia ed Egitto: un Paese, quest’ultimo, che sta potenziando la politica del valore aggiunto, al pari di quanto accade, sia pure in misura quantitativamente meno ampia, in Giordania e soprattutto in Palestina, dove l’incidenza del lapideo sul prodotto interno lordo si colloca da tempo ai vertici mondiali.

Una crescita interessante del prodotto finito riguarda anche il Sudafrica, nonostante la concomitanza con una buona ripresa del grezzo, che peraltro resta tuttora lontano dai massimi storici del suo export. Al riguardo, è congruo evidenziare come lo sviluppo distributivo dei manufatti sudafricani abbia saputo coniugare i caratteri cromatici del granito domestico e quelli di una domanda internazionale propensa all’acquisizione di colori forti, con la tradizionale strategia di valorizzazione della qualità e dei volumi estratti, le cui destinazioni prevalenti hanno continuato ad interessare l’Europa ed in modo particolare l’Italia, ma con ottime posizioni anche in Polonia, dove l’uso funerario del prodotto a pigmentazione scura fruisce di tradizioni consolidate.

Le previsioni produttive di marmi e pietre nel mondo, pur improntate a criteri opportunamente prudenziali rivenienti dall’estrapolazione delle serie storiche e dall’andamento pur contraddittorio dell’interscambio di breve periodo ma anche da uno scontato incremento demografico seguito da quello dell’edilizia, restano favorevoli, tanto che nel 2020 il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo dovrebbe salire a circa 170 milioni di tonnellate con un impiego non lontano dai due miliardi di metri quadrati equivalenti mentre il quantitativo oggetto di scambio internazionale andrebbe a definirsi in misura proporzionale, e quindi oltre il miliardo di metri.

E’ fondato presumere che il trend del comparto lapideo mondiale, superato il collo di bottiglia indotto dalle situazioni di ristagno presenti nel sistema, possa riprendere con un tasso conforme a quello di lungo periodo; si porranno, tuttavia, maggiori problemi di creazione delle infrastrutture, di adeguamento impiantistico e di collocazione dei cascami, a tutti i livelli nazionali e regionali. Sono problemi da affrontare tenendo conto del ruolo decisivo degli investimenti – e quindi del credito – e della necessità di potenziarli sul piano aziendale attraverso adeguati incentivi: ciò, sia per il momento produttivo, sia per quello della comunicazione e della promozione, con attenzioni particolari per la questione degli scarti, le cui difficoltà di stoccaggio e di compatibilità ambientale costituiscono una strozzatura di evidenza prioritaria.

La cooperazione internazionale è certamente in grado di esercitare un nuovo ruolo propulsivo, a cominciare dalle possibili soluzioni di questi problemi strategici, con un impatto tanto più concreto nella misura in cui sia supportata dall’azione congiunta delle Organizzazioni imprenditoriali del comparto lapideo, che a livello sovranazionale non è ancora conforme ad esigenze politiche oggettive, ai bisogni delle imprese e del fattore lavoro, ed agli stessi auspici storici.

Il settore possiede contenuti professionali molto alti e la possibilità di creare nuovi posti di lavoro con mezzi finanziari limitati, tanto che da quasi mezzo secolo è stato ritenuto ufficialmente idoneo – anche da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – ad avviare processi di espansione laddove altri comparti non potrebbero esprimere analoghe capacità strategiche e tattiche. Quindi, ha diritto ad essere oggetto di consapevoli attenzioni sia nei Paesi terzi, dove costituisce un’occasione importante di incremento del valore aggiunto, sia in quelli maturi, dove si traduce in aggregati di notevole importanza dal punto di vista economico, tanto più importanti in permanenza di una congiuntura economica ed occupazionale obiettivamente complessa.

presentazione del XXVII Rapporto lapideo mondiale: spunti di riflessione ed auspici di sviluppo

presentazione rapportoIl comparto lapideo mondiale, pur nell’ambito di un trend in costante ascesa, ha fatto registrare nel 2015 una significativa contrazione dell’interscambio quantitativo, cui ha fatto riscontro la buona tenuta dei mercati domestici, che ha consentito un ulteriore incremento dei volumi produttivi, sia pure marginale. Nondimeno, il fatto saliente ascritto dalla congiuntura internazionale è stato un forte aumento della redditività, in specie nei Paesi extra-europei protagonisti, ed in particolare in Cina, che ormai esprime un terzo della produzione mondiale ed un quarto dell’export.

 

Tali valutazioni costituiscono una componente significativa del nuovo Rapporto lapideo mondiale, giunto alla ventisettesima edizione, e presentato alla Fiera di Verona  ad iniziativa dell’Autore Carlo Montani e della Casa di Edizioni Aldus, nell’ambito di una tradizione ormai consolidata.

 

A conferma dell’interesse suscitato da uno strumento di grande importanza professionale come il Rapporto, anche quest’anno la conferenza scaligera si è distinta per un buon concorso di pubblico e per il livello del dibattito, alla presenza di operatori, giornalisti ed “opinion makers” provenienti da vari Paesi di significativa rilevanza lapidea (Brasile, Germania, Grecia, India, Polonia, Russia, Taiwan).

 

Nella prolusione del Dr. Valsecchi (Direttore Commerciale di Veronafiere), che ha portato il saluto del Presidente Danese ed illustrato i  nuovi primati della manifestazione, sia a livello di espositori (oltre 1650, con un aumento di dieci punti rispetto all’edizione precedente), sia nell’ambito dei Paesi presenti (con alcune “new entries” di notevole valenza settoriale come l’Angola ed i rientri altrettanto ragguardevoli di Afghanistan e Indonesia), si è dato atto del ruolo formativo ed informativo del Rapporto, la cui presentazione, ormai da tanti anni, figura nel programma ufficiale di Marmomacc.

 

Il Prof. Vikram (Stone Technology Center, Jaipur) ha posto in evidenza i problemi per gli operatori indiani, rivenienti da una soverchia liberalizzazione dell’import di materiale grezzo, pur nell’ambito di una politica internazionale rivolta alla promozione degli scambi, ed ha insistito sulle conseguenze negative di talune strategie imprenditoriali fondate ancor oggi sul prezzo contenuto, anziché su una ragionevole crescita della produttività, in specie per i semilavorati ed i prodotti finiti. Infine, ha illustrato motivate preoccupazioni circa la concorrenza “ingannevole” della ceramica e della cosiddetta pietra artificiale.

 

Da parte del Dr. Lo Balbo (Fillea – Cgil, Roma), è giunta la conferma che il nuovo contratto nazionale di lavoro è una realtà: il documento ufficiale verrà firmato a Milano il 5 ottobre, e sarà valido sino al 2019.  La trattativa è stata lunga e difficile, ma corretta, con innovazioni importanti non solo nella componente salariale, ma anche in quella normativa, con particolare riguardo alla sicurezza, il cui adeguamento è diventato un’esigenza stringente, alla luce di un tasso infortunistico inaccettabile: non si può pensare che le norme vigenti siano sostanzialmente sfornite di sanzioni, e che il settore non sia governato da una legge quadro moderna e funzionale, idonea a superare i limiti naturali di quella del 1927, tuttora in essere.

 

Il collasso edilizio italiano, le pregiudiziali di un fondamentalismo ecologista assai pervicace, le carenze culturali di taluni imprenditori, e la permanente classificazione dei lapidei come materiali di seconda categoria, si collocano (a giudizio del geologo Dr. Mancini, Seravezza) fra i motivi salienti della crisi italiana, elisa solo parzialmente da una vocazione esportatrice in ulteriore aumento. Di qui, la necessità di  aggiornamenti normativi ormai indispensabili.

 

 

 

 

In sintonia con gli interventi di cui sopra, il prof. Careddu (Università degli Studi, Dipartimento di Arte Mineraria, Cagliari), dopo avere rammentato la situazione critica in cui versa il comparto lapideo sardo, ma anche la considerevole espansione di quello calcareo, con specifico riguardo al distretto produttivo di Orosei, ha confermato la necessità di una volontà politica capace di comprendere il ruolo strategico del settore, conforme a quanto accade in diversi altri Paesi, anche si seconda fascia. In assenza di questa volontà, il futuro dell’Italia non sembra capace di recuperare un ruolo protagonista.

 

Non si debbono dimenticare, nell’ottica di una valorizzazione del settore a tutto campo, i valori culturali del marmo e della pietra, che gli assicurano la continuità di tradizioni storiche millenarie, indisponibili in altri comparti contigui. Ecco un assunto su cui ha insistito l’Arch. Camaiora (Carrara), non senza sottolineare l’importanza determinante del valore aggiunto nell’economia lapidea, oltre a quella di una compatibilità ambientale competitiva e di una certificazione tecnologica che esalta l’idoneità all’impiego, naturalmente differenziato, di ogni pietra.

 

Adesioni di rilievo sono state formulate dalla Dr.ssa Judy Wen (Taiwan), dal Dr. Becker (Stone Ideas, Berlino) e dalla Dr.ssa Magda Konstantinidou (Stone Group International, Thessaloniki): quest’ultima, anche in riferimento alle specifiche attenzioni che nel Rapporto sono state attirate sull’idoneità del marmo ad esercitare una buona azione anticiclica nei Paesi condizionati da una congiuntura economica sfavorevole.

 

Il Dr. Canali (Aldus, Carrara), quale Editore del Rapporto a far tempo dal 2010, quando la crisi della finanza internazionale parve indurre prospettive di segno negativo anche nel campo della carta stampata, ed in particolare dell’editoria tecnica, ha sottolineato che il problema non è esistito e non esiste, quando la qualità del prodotto sia conforme alle attese del mercato, come nel caso di specie. Non a caso, il Rapporto è ulteriormente cresciuto, con 110 Paesi monitorati (pari ad oltre nove decimi della produzione lapidea mondiale), e nell’ultimo triennio, con un allegato di grande rilievo monografico e specialistico come il “Dossier Brasile” trilingue, dovuto alla fattiva collaborazione di Abirochas.

 

Nelle conclusioni, l’Autore, dopo avere espresso un rinnovato ringraziamento alla Fiera di Verona, massima protagonista della promozione mondiale di settore, ha posto in ulteriore evidenza come la congiuntura del 2015 si sia  distinta, molto più delle precedenti, per la notevole crescita della redditività, cosa che presume un’ipotesi di conseguente impulso agli investimenti, e quindi, ad un rinnovato sviluppo conforme alle grandi opportunità proposte dai mercati, ed ai valori tecnici, estetici e culturali, tipiche esclusive del marmo e della pietra; ciò, senza trascurare la disponibilità di una tecnologia d’eccellenza come quella italiana, leader mondiale per produzione ed export, che assicura ad ogni committente parametri sempre più avanzati di rendimento, qualità e sicurezza.

Il XXVI° Rapporto Marmo e Pietre nel mondo presentato alla stampa di settore coreana

koreamontaniLa funzione di un libro è quella di essere letto. La soddisfazione di produrre, ogni anno, uno strumento indispensabile alla cultura di settore e alle valutazioni macroeconomiche sull’industria lapidea a livello mondiale ha riscontri oggettivi e vastissimi.
Il nostro lavoro, discusso e analizzato in tutti i continenti, è stato oggetto di una interessante presentazione presso gli addetti del lapideo coreano. Ne siamo orgogliosi.

Il 26° Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo: nel 2014 raggiunti i 23 miliardi di dollari di interscambio

(Foto Marmonews)

(Foto Marmonews)

Il settore marmo-lapideo mondiale ha continuato anche nel 2014 il trend di crescita(+3,8% sull’anno precedente), registrando il quinto incremento consecutivo dalla crisi del 2009, grazie ad una produzione globale di materiali che ha superato i 100 milioni di metri cubi lordi, pari a 80 milioni di tonnellate (al netto degli scarti di cava) e ad 1,5 miliardi di metri quadrati di manufatti, equivalenti allo spessore convenzionale di una lastra di marmo di 2 centimetri.

È questa la situazione del comparto internazionale, fotografata dal 26° Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo, curato da Carlo Montani per la casa editrice Aldus, e presentato in anteprima, nel corso della 50ª edizione di Marmomacc, la manifestazione di riferimento per il business e la cultura legati alla pietra naturale, in programma fino a sabato 3 ottobre alla Fiera di Verona.  

La destinazione d’impiego prevalente di marmi e graniti è sempre quella dei pavimenti e dell’arredo d’interni. La quantità di prodotti lavorati sul mercato è aumentata di oltre tre volte negli ultimi venti anni: oggi il “consumopro-capite di marmo a livello mondiale è pari a 237 metri quadrati ogni mille abitanti; solamente Svizzera, Belgio, Arabia Saudita e Taiwan possono vantare un rapporto di un metro quadrato a persona.

«Nonostante ci sia una esplosione significativa dell’industria lapidea anche in paesi come Giordania, Oman, Mongolia e Vietnam spiega Montani –, in futuro si assisterà sempre più ad una concentrazione produttiva in pochi nazioni che già oggi, vede la Cina al primo posto, seguita da India, Turchia, Brasile, Italia e Spagna che insieme totalizzano più del 70% dei traffici».

Negli scambi internazionali, i volumi complessivi di export hanno toccato 56,9 milioni di tonnellate (+6,7%), di cui 29,5 tonnellate di materiali grezzi (+5%) e 27,4 tonnellate relative ai lavorati (+8,7%). Nell’ultimo ventennio, il flusso di esportazioni mondiali è quasi quadruplicato.

Il giro d’affari dell’interscambio lapideo globale, nel 2014, ha raggiunto i 23 miliardi di dollari, dei quali il 75% derivati dall’apporto del prodotto lavorato. A livello di fatturato derivante dall’export, i primi quattro paesi sono, nell’ordine: Cina, Italia, Turchia e India, seguiti da Brasile, Spagna e Portogallo. 

Per quanto riguarda l’import, la Cina resta sempre al primo posto per acquisti di materiale grezzo, seguita da Taiwan, mentre il prodotto finito prende la destinazione soprattutto dei mercati di Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Belgio, Corea del Sud e Arabia Saudita.

Il Rapporto Marmo e Pietre nel Mondo rappresenta da 26 anni una vero e proprio punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori: quest’anno ha raggiunto il record storico di 110 nazioni monitorate, con oltre 24mila vocieconomiche e statistiche, basate su fonti Eurostat, ComTrade e Abi Rochas.

Vedi anche Le dinamiche storiche e congiunturali del lapideo in Italia