Morti bianche alle cave di Carrara

Varata a Carrara (Foto Daniele Canali / Marmonews.it)

La storia continua tristemente a ripetersi. Un altro lavoratore, stavolta addetto alla movimentazione di magazzino, ha perduto la vita in un deposito di Marina di Carrara: le circostanze dell’incidente sono tuttora da approfondire, ma certamente surreali, perché secondo le cronache immediate il blocco di marmo che ha colpito questo nuovo Caduto era già stato posizionato. Come se non bastasse, c’è un particolare allucinante: il lavoratore, un giovane di 37 anni che lascia la moglie ed un figlio piccolo, aveva un contratto settimanale, ed aveva iniziato a prestare la propria opera da due giorni, verosimilmente senza alcuna specifica preparazione professionale.

Cave e cantieri sono entrati immediatamente in sciopero, secondo un rituale che si può comprendere in chiave emozionale, ma che certamente non risolve il problema della sicurezza, nonostante tutti gli sforzi che si sono compiuti a livello normativo ed organizzativo. Senza voler anticipare le conclusioni delle indagini che saranno esperite dalla Magistratura competente e dagli Organi di controllo, sembra di poter dire che esistano tuttora sacche di pressappochismo, se non anche di faciloneria, sempre da condannare: a più forte ragione, in un settore come quello lapideo dove il problema della sicurezza è assolutamente fondamentale, in primo luogo a livello preventivo.

Il Sindacato di maggiore riferimento nazionale e locale ha parlato senza mezzi termini di fallimento, ma tutti sanno che quella di estrazione e lavorazione del marmo e della pietra è un’attività importante, destinata ad andare avanti nonostante gli incidenti, il cui numero colloca il settore fra i più pericolosi, nonostante uno sviluppo tecnico che non è azzardato definire esponenziale. Proprio per questo, occorre che le attenzioni siano effettive, e corrispondano ad un vero e proprio imperativo categorico, quand’anche dovessero condizionare, comunque marginalmente, i livelli della produttività. E’ un assunto di cui bisogna prendere atto con scienza e coscienza, anzi tutto in campo istituzionale, ma nello stesso tempo, da parte delle imprese e di tutte le forze sociali.

Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, scrisse che la vita è cosa grottesca, inutile e senza senso, con una dichiarazione oggettivamente opinabile, ma in qualche caso non del tutto impertinente, come si può dire per certi incidenti sul lavoro dovuti ad incuria ed incompetenza. Un cavatore apuano dei primi anni cinquanta aveva scritto, assai meglio di Freud, che “si lavora perché ciascuno di noi è come una ruota di vita nell’ingranaggio del mondo” e che gli uomini del marmo sono “creditori di anima”. Ecco un alto messaggio di speranza e di fede che nel momento di questo nuovo lutto e della partecipazione al dolore dei familiari e dei lavoratori, è bene affidare alle riflessioni comuni, ma soprattutto all’impegno collettivo che ne deve necessariamente scaturire.